giovedì 16 aprile 2020

Le parole del virus: Lavoro

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Le previsioni sono disastrose e si prolungano ben oltre la data in cui, dopo la scoperta, la produzione e l’applicazione del vaccino, sarà decretata la sconfitta del Govid-19. Il Fondo monetario internazionale, infatti, ha decretato che si attende per quest’anno un calo del Pil europeo del 7,1 per cento con un rimbalzo del 4,8 nel 2021, con l’Italia ancora una volta fanalino di coda con un decremento del 9,1 quest’anno e una ricrescita sempre del 4,8 il prossimo. Ancora più traumatiche le previsioni per la disoccupazione da parte dell’Organizzazione mondiale del lavoro che parla di una perdita di 25 milioni di posti che si aggiungerebbero ai 188 milioni di disoccupati già esistenti. Per l’Italia non vengono date cifre assolute, ma si parla di una crescita dei senza lavoro fino al 17 per cento.

Dato per assodato che la prima preoccupazione in questo momento rimane quella di salvare vite e di assicurare un futuro abbastanza prossimo nel quale si potrà agire senza avere sulla testa la spada di Damocle del coronavirus, resta il fatto che anche alla crisi del lavoro è necessario dare grande attenzione, tenendo ben presente che è cominciata molto prima dell’arrivo di una pandemia che, da parte sua, la sta soltanto aggravando ulteriormente.

Nel trattare la parola “lavoro” non è possibile dimenticare che l’articolo 1 della nostra Costituzione lo pone come fondamento della Repubblica, sottintendendo che la sua funzione non è soltanto quella di produrre beni e di creare le condizioni economiche perché possano essere distribuiti, ma soprattutto di dare dignità e autonomia ai cittadini. Quindi, se il reddito di cittadinanza, o di catastrofe, è oggi assolutamente necessario per venire incontro alle più elementari necessità di sopravvivenza per tantissime persone, è altrettanto incontrovertibile che sarà necessario tentare di cambiare l’intero mondo del lavoro perché altrimenti la platea di coloro che potranno davvero sentirsi autonomi nei pensieri e nelle scelte calerà vertiginosamente dando sempre più spazio a coloro che sono dipendenti non dello Stato, ma dallo Stato; con tutte le conseguenze che questo può comportare.

È un argomento di una complessità enorme che non può essere risolto con ricette miracolistiche che agiscano come una bacchetta magica che possa rimettere tutto a posto in un baleno. Non è successo con la rivoluzione industriale, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, in cui le macchine hanno permesso di cancellare un numero infinito di mestieri e per uscire dalla quale sono stati necessari decenni e decenni di cambiamenti e di progressi. Non può succedere neppure con la rivoluzione informatica che ha reso obsoleto un altro grandissimo numero di occupazioni, ponendo tutta una serie di interrogativi ai quali non siamo ancora in grado di dare risposte certe.

Pensiamo, per esempio, al telelavoro, o all’ancor meno rigido smart working in cui non sono fissati stabilmente neppure la sede o l’orario di lavoro, ma soltanto l’obbiettivo che il lavoratore deve raggiungere. Detto così, e senza ulteriori approfondimenti, da molti, che dimenticano che l'uomo è stato fin dalla preistoria un animale sociale, questa nuova condizione lavorativa è indicato come una parte della soluzione. Ma al di là della necessità di praticarlo il più possibile nei tempi del coronavirus, proprio per impedire il contagio, fa venire moltissimi dubbi tra i quali il primo è costituito dal fatto che sposta i posti di lavoro, ma, di per sé, non ne crea neppure uno nuovo.

Poi l’azienda, pur se indubbiamente risparmia sulle spese per la sede che può diventare più piccola e meno attrezzata, corre alcuni rischi. Intanto diventano inevitabilmente più rare, difficili e meno comunicative le riunioni nelle quali molto spesso si trovano direzioni, o soluzioni, che sono fondamentali per il benessere dell’azienda stessa. E viene necessariamente anche a mancare quella vicinanza continua che può anche essere fastidiosa, ma spesso è elemento fondamentale per creare quello “spirito di squadra” che talvolta fa oltrepassare difficoltà altrimenti non superabili.

E, dal punto di vista del lavoratore – che nelle pubblicità che decantano il telelavoro appaiono sempre sorridenti e felici – la drastica diminuzione di spostamenti e il possibile calo di stress, riescono a controbilanciare il piacere di sentirsi, appunto, parte di una squadra che mira verso un medesimo obbiettivo? Ma, soprattutto, proprio in un momento in cui i più recenti contratti di lavoro sembrano servire a tutto meno che a difendere i lavoratori, la polverizzazione e la dispersione del corpo aziendale inevitabilmente finirà per rendere ancora più difficile non soltanto l’attività sindacale, ma addirittura il sorgere di una coscienza che metta in luce le necessità comuni di tutti coloro che lavorano e sottolinei l’opportunità di collaborare per soddisfarle. E non soltanto a livello economico, ma principalmente di tutele e di sicurezze.

Insomma, uscire da questa contingenza negativa sarà molto faticoso, non soltanto perché oltre alla parte produttiva è in crisi anche quella distributiva, ma anche in quanto non basterà riaprire fabbriche e negozi, ma bisognerà escogitare nuovi sistemi che interpretino nella maniera migliore le nuove situazioni che inevitabilmente si creano con innovazioni alle quali troppo spesso non si fa troppo caso, sperando che l’inerzia di certe situazioni ormai stabilizzate riesca a superare indenne i nuovi ostacoli.

Ma non succede mai. Anche perché quasi sempre si punta a far adattare le esigenze degli uomini a quelle delle tecnologie, mentre dovrebbe succedere esattamente il contrario.

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Infodemia, Libertà, Memoria, Natura, Paesaggio, Quarantena, Scelta, Sogno, Solidarietà, Tempo, Vulnerabilità.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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