martedì 14 aprile 2020

Le parole del virus: Memoria

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Strana cosa la memoria. Quanti, per esempio, quando hanno sentito pronunciare, per il Covid-19, la parola “pandemia”, non hanno pensato a un neologismo coniato per l’occasione? Eppure è un termine già usato per infiniti flagelli che hanno colpito l’umanità. Ma, poiché è un ricordo scomodo, molti lo hanno relegato in un angolo nascosto.

Eppure, al di là della citatissima peste nera, riapparsa a varie riprese in Europa, soltanto dagli inizi del Novecento a oggi la lista non è breve e comincia con la Spagnola che tra il 1918 e il ’20, su una popolazione mondiale di due miliardi di persone ne contagia circa 500 milioni e ne uccide una cifra imprecisata che spazia tra i 30 e i 100 milioni con un’approssimazione enorme, causata probabilmente dal fatto che nessuno pensava che fissare i termini della strage avrebbe potuto essere utile per i posteri.

Poi, oltre alle varie recrudescenze del colera manifestatesi nell’Unione Sovietica del 1923 e ’66, nell’Indonesia del ’60, nel Bangladesh del ’63 e nell’India del ’64, nel 1957 è scoppiata l’Asiatica, seguita dalla Hong Kong nel ’68, dall’HIV-AIDS dall‘81, dall’Aviaria nel ’97 e dalla Suina nel 2009. Senza contare altri tipi di malattie terribilmente infettive che non raggiungevano l’intero mondo, ma che erano terribili nei loro focolai. Chi non è più giovane, per esempio, non può dimenticare la poliomielite che, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, ha ucciso, storpiato, o comunque messo in grave pericolo migliaia di persone, per la maggior parte bambini, fino a quando non sono arrivati i vaccini Koprowski nel 1950, il Salk nel ’52 e il Sabin nel ’62. Se, poi, ricordiamo che a tutt’oggi non esiste ancora alcuna cura per la poliomielite, risulta molto difficile comprendere come qualcuno possa essere e dichiararsi no vax.

Il fatto è che in tutti i campi tendiamo a dimenticare le cose scomode, o, almeno, a riporle in secondo piano. Non altrimenti si potrebbero spiegare altri fenomeni raccapriccianti come il negazionismo della Shoah e di altri genocidi che continua a prosperare pur essendo incontrovertibilmente sbugiardato da documenti, racconti, testimonianze dirette, confessioni, fotografie e filmati. E per lo stesso motivo continuano a esistere i tanti razzismi che sono tutti, scientificamente oltre che eticamente, insostenibili.

Fortunatamente esiste una categoria, quella degli studiosi e degli scienziati seri, che tengono una memoria delle cose importanti in centri di ricerca che in parte assomigliano ai monasteri del medioevo e che, cioè, sono deputati a conservare la memoria di quello che è accaduto per poterla riutilizzare in caso di necessità. E sta di fatto che, se anche la maggior parte della gente avesse presente questa realtà, molto probabilmente oggi non si sarebbe alcuna difficoltà a far seguire da tutti certe istruzioni che, con la conoscenza, appaiono non soltanto giustificate, ma inevitabili.

La “damnatio memoriae”, insomma, non è stata applicata soltanto alle persone, ma anche e soprattutto agli avvenimenti. Se volete un esempio vicino, pensate alla drammatica sorpresa che moltissimi in Friuli hanno provato il 6 maggio del 1976. Eppure bastava retrocedere nel tempo di pochi anni per trovare i terremoti di Verzegnis e di Sacile; e, se si andava ancora più indietro, appariva chiaramente che il Friuli è stato da sempre una zona sismica.

Sembra quasi che esista un virus che agisce scavando buchi nella memoria dell’umanità e condannandola, cancellando l’arma dell’esperienza acquisita, a non difendersi in anticipo da tutte le possibili catastrofi, almeno per limitarle. E questo virus è talmente potente che cancella in molti uomini, che forse s’illudono di essere più forti della natura, anche l’istinto di trasmettere la propria conoscenza, e, quindi capacità di sopravvivenza, ai propri cuccioli. Tzvetan Todorov ha scritto: «Se in seguito al morbo di Alzheimer un individuo è privato della memoria, cessa di essere se stesso. Allo stesso modo un popolo non può esistere senza una memoria comune».

Da tutto questo appare evidente che la memoria non è soltanto preziosa per conoscere il passato, ma è fondamentale per prefigurare il futuro. Con l’esperienza fatta con il coronavirus, per esempio, se si pensa al bene comune, chi potrebbe ancora proclamare la superiorità della sanità privata rispetto a quella pubblica che deve fare il bene dei cittadini prima di produrre utili e, quindi, può anche prevedere le costosissime attrezzature e la varietà di specializzazioni richieste dai reparti di terapia intensiva?

E chi potrebbe onestamente accettare che oltre che sulla sanità, i tagli continuassero a essere fatti nei campi dell’istruzione e della ricerca che sono sempre più in sofferenza e che vedono i nostri migliori cervelli parlarci da altre nazioni – Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e altri ancora – dove sono stati accettati, o meglio cercati, e dove hanno trovato condizioni e mezzi per lavorare al meglio? E, ancora, se ci si ricorderà di quello che è successo, sarà possibile affidare all’unico criterio della redditività dettata dal mercato la decisione se tenere in piedi, o meno, almeno alcune fabbriche di mascherine? Se, poi, lo Stato avesse deciso di continuare a gestire in proprio qualche azienda farmaceutica e chimica, oggi non sarebbe necessario attendere che il laboratorio farmaceutico dell’Esercito si riconverta per produrre la quantità di disinfettanti necessari che devono essere fatti di corsa per salvare le persone ben prima che per incrementare gli utili di qualcuno.

La memoria, insomma, ci dovrebbe impedire di continuare sulla strada seguita fino a oggi.

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Infodemia, Libertà, Natura, Quarantena, Scelta, Sogno, Solidarietà, Tempo, Vulnerabilità.


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