sabato 21 gennaio 2012

Ovunque sempre vergogna resta

I sindaci di Cividale, Stefano Balloch, e di Tolmezzo, Dario Zearo, hanno scritto una lettera-appello a tutte le giunte a guida Pdl, al governatore Tondo, al presidente della Provincia di Udine, Fontanini e al senatore Mario Toros: «Per la Liberazione faremo una cerimonia alternativa nella città ducale». Nella lettera viene chiesto il coinvolgimento delle amministrazioni di Codroipo, Latisana, Lignano, San Daniele, San Giovanni al Natisone, Talmassons e Tarvisio.
Vogliono, insomma togliere a Udine la manifestazione unitaria per la celebrazione del 25 aprile, ma soprattutto togliere al sindaco Honsell di ricordare loro e alla gente da che parte stanno, o, almeno, da che parte stanno alcuni dei loro alleati.
La domanda è semplice: ma davvero non vi vergognate? O forse pensate che questa mossa vi convenga politicamente? O, ancora, che la vergogna di organizzare un contromanifestazione alla Resistenza sia inferiore a quella che avete provato ogni anno in piazza Libertà, quando vi è stato ricordato quello che è successo in Italia con il fascismo e con la lotta di Liberazione sulla quale sono nate la nostra Repubblica e la nostra Costituzione?
Il fatto è che potreste anche andare in capo al mondo e proibire pure che qualsiasi passante arrivi per caso davanti a voi e contesti la vostra impudenza, ma non riuscirete mai a cancellare il fatto che tentate di mescolare le carte puntando a mettere sullo stesso piano coloro che al fascismo si sono opposti e quelli che il fascismo hanno sostenuto. Un’operazione inammissibile e non perché i primi abbiano vinto la guerra e i secondi l’abbiano perduta, ma perché il fascismo è stato le leggi razziali, le spedizioni di aggressione coloniale, l’ingresso in guerra a fianco dell’orrore nazista, l’uccisione di Matteotti, dei fratelli Rosselli, di Amendola e di tanti dissidenti, l’invio al confino di molti che si opponevano perché si rifiutavano di smettere di pensare; è stato la soppressione della libertà di stampa, l’eliminazione della maggior parte dei diritti civili, la dissuasione violenta nei confronti del libero pensiero. Perché il fascismo è stata la negazione dell’umanità mentre la Resistenza, di quella stessa umanità, è stata la più alta affermazione laica.
E non vale neppure ricordare a piena voce che tutti i morti meritano identica compassione, se ci si dimentica ingiustificabilmente di dire che le cause per le quali sono morti sono diverse, che hanno ben differente motivazione e dignità e che importante è come si è vissuti e non come si è morti.

venerdì 13 gennaio 2012

La forma e la sostanza

Tutte le sentenze devono essere accettare e, quindi, devono essere rispettate. Ma non obbligatoriamente condivise. E quella della Corte Costituzionale sul referendum contro l'attuale legge elettorale non mi sembra per niente condivisibile.
A prima vista si potrebbe pensare che si tratti soltanto di una bizantina discussione leguleia sulla possibilità che, cassata per via referendaria una legge, resti un vuoto legislativo, oppure torni alla ribalta la legge precedente; ma in realtà le implicazioni sono molto più pesanti perché non di forma si tratta, bensì di sostanza.
Per prima cosa la Consulta ha vanificato preventivamente la volontà di oltre un milione e 200 mila cittadini che hanno firmato e di molti di più che non accettano il "porcellum". Per seconda cosa, ha rimesso il tesoro della democrazia nelle mani di quegli stessi che lo hanno rubato. Fuor di metafora, si incarica di apportare cambiamenti quello stesso Parlamento che ha realizzato scientemente la "legge porcata" che impedisce ai coittadini di scegliere i propri rappresentanti. Perché - lo si sapeva benissimo - la maggioranza parlamentare resta sempre la stessa, quella ricostruita pagandoda Berlusconi che ora continua a dire che l'attuale legge elettorale è una buona legge. Una maggioranza che non è più nemmeno lontanamente quella davvero esistente nel Paese: lo ammettono addirittura i sondaggi di marca berlusconiana.
Poi Napolitano ha un bel dire: «E adesso subito una nuova legge». Ma dal Parlamento che ha proibito l'arresto di Cosentino ci si può davvero aspettare qualcosa di buono? O questo sarà soltanto il primo mattone per portarci alle urne in tempi troppo brevi per promulgare una nuova legge. È quello che vogliono Berlusconi e Bossi. È quello che teme Monti. È quello che non ha la forza di impedire il PD se non saprà di nuovo saldarsi con tutti gli arrabbiati che ci sono in Italia e che ormai sempre più spesso scendono in piazza perché mal sopportano di delegare qualcosa a qualcuno. E per una democrazia rappresentativa è un vero fallimento.

mercoledì 4 gennaio 2012

Credibilità e democrazia

Ci risiamo: l’articolo 18 torna alla ribalta e come sempre chi lo ripropone lo fa dicendo “È l’Europa che ce lo chiede”. Se non ricordo male, l’Europa ha anche chiesto più equità, suggerendo quella patrimoniale che nella maggior parte degli Stati europei è già vigente; ma di questa richiesta europea questo governo, come quello precedeente, sembra bellamente dimenticarsi.
Il rendere sempre più difficile la vita di chi lavora come dipendente è una richiesta che parte sempre da Confindustria e dalla destra. E come Berlusconi tentava di portare avanti l’attacco al lavoro di propria iniziativa, così Monti lo fa dicendo che “Siamo stati chiamati per fare queste cose e dobbiamo farle anche senza l’accordo di tutti”. E aggiunge: “Dobbiamo farle per combattere il nostro deficit di credibilità”.
Il fatto è che Monti parla soltanto di credibilità da parte dei mercati e non si preoccupa minimamente della credibilità da parte degli italiani in un governo non eletto, ma chiamato per non far affondare la barca. Una credibilità interna che, a parte la materia del contendere, viene fortemente minata anche dalla forma, con la riesumazione della formula dei dialoghi separati con le varie sigle sindacali, una formula particolarmente cara al fortunatamente ex ministro del Lavoro Sacconi, probabilmente il peggiore della storia d’Italia, che ha portato alle stelle la tensione sociale massacrando i lavoratori e continuando a lasciare sull’orlo del baratro economico quelle aziende che già non vi erano cadute dentro.
Se si tratta di scegliere tra credibilità e democrazia, io non ho dubbi nello scegliere la seconda. Per ricostruire un benessere economico di quei pochi che ancora lo hanno e di quelli che non ce l’hanno più potrebbero volerci alcuni decenni di altri sacrifici; per ricostruire una democrazia svilita e dileggiata, oltre che sospesa, potrebbe volerci ancora molto più tempo. E in entrambi i la risalita sarebbe dubbia: nel primo perché i fantomatici mercati sembrano del tutto impermeabili alle dimostrazioni di buona volontà, nel secondo perché nei periodi di scarsa democrazia acquistano nsempre maggiore potere proprio quelli che la democrazia vogliono affossare. Quello che sta succedendo in Ungheria dovrebbe far pensare tutti.

lunedì 2 gennaio 2012

Il male minore

Che lo facciano i politici lo si può capire. Del resto il galleggiamento è nel loro DNA e, pur di sopravvivere, non badano minimamente a minuzie come la contraddizione di sé stessi, o l'abbandono di ideali fino a ieri urlati come irrinunciabili, per abbracciarne altri diametralmente opposti. Ma che questo accada anche ai sindacalisti mi sembra francamente inaccettabile.
Mi riferisco, ovviamente, ai signori Bonanni e Angeletti che oggi, davanti al governo Monti, sbraitano del rischio di tensioni sociali dopo aver fatto finta di non vedere alcunché mentre Berlusconi e i suoi complici stavano distruggendo proprio il tessuto lavorativo italiano ben al di là di quello che poteva fare la crisi: la legge Biagi e le sue prime applicazioni, infatti, sono arrivate ben prima dello scoppio della bolla edilizia americana.
Non desidero assolutamente dire che Monti abbia già fatto qualcosa di positivo nei confronti dei lavoratori (per ora lo ha soltanto promesso), ma voglio mettere in luce l'incoerenza dei segretari generali di Cisl e Uil. Susanna Camusso, della Cgil, dice le medesime cose, ma le diceva già prima, mentre i primi due davano una poderosa mano all'ex presidente del Consiglio e a gente come Marchionne, massacrando i propri iscritti e accontentandosi di un benevolo sorriso dei potenti.
Bonanni e Angeletti dicono che nell'epoca del berlusconismo loro hanno scelto il male minore. A parte il fatto che quel concetto di "minore", visti anche i risultati, è una solenne fesseria, mi sembra opportuno citare Eyal Weizmann che suggerisce l’ipotesi che «il male minore costituisca il nuovo nome della nostra barbarie».
Chi dovrà rieleggere i vertici di Cisl e Uil ci pensi. Perché in Italia le scelte di un sindacato finisce inevitabilmente per coinvolgere tutti i lavoratori e non soltanto i suoi iscritti.