venerdì 28 agosto 2020

Almeno la dignità


Un partito nasce se ha qualcosa da dire, qualche valore da difendere, qualche sogno sociale da realizzare. Poi quel partito prosegue a vivere se sogni e progetti continuano a esistere e se la spinta per realizzarli non si esaurisce, o, almeno, se non viene tacitata e sepolta da un cumulo di tatticismi che vengono definiti “utili per impedire che a vincere siano gli altri”, ma che, in realtà, spesso sono soltanto espedienti piccini per mantenere la propria fettina di presunto potere e che comunque sempre diventano vere e proprie macerie che con il loro peso finiscono per schiacciare non soltanto quel partito, ma mettono in pericolo anche la stessa democrazia.

Già nel 1839 il francese Louis Blanc, nel suo “Organizzazione del lavoro”, scriveva: «Quel che più spaventa nei partiti non è quello che dicono, è quello che trascurano, o si rifiutano di dire». E, in base a questo enunciato, combinato con quello che sta accadendo nella fase di avvicinamento al referendum confermativo del 20 e 21 settembre per ridurre il numero dei deputati da 630 a 400 e quello dei senatori elettivi da 315 a 200, devo dire che l’attuale PD non mi spaventa: mi terrorizza.

Lascio anche momentaneamente da parte le mie convinzioni che, in caso di vittoria del “sì”, ne uscirebbe massacrato il concetto costituzionale di rappresentanza, con il risultato che certe regioni sarebbero rappresentate quasi soltanto nominalmente, che molte minoranze, non soltanto linguistiche, resterebbero fuori dal Parlamento e che certi meccanismi ipermaggioritari applicati al Senato cancellerebbero in alcune regioni fino a quasi metà degli elettori. Ma, con grande tristezza, non riesco a lasciar perdere il fatto che un partito che dovrebbe essere l’erede degli ideali che mi hanno sempre riscaldato e per i quali ho sempre votato non sappia esprimere una presa di posizione che non sia infarcita di “se” e resa ancor più sfocata e incomprensibile da un numero elevatissimo di condizionali e di giri di parole criptici. E ancor meno riesco a digerire l’idea che quello stesso partito prenda in giro non tanto coloro che, come me, non hanno dubbi sul votare “No”, ma coloro che hanno ancora perplessità sulla scelta da fare.

Come si fa, infatti, a legare la posizione definitiva di un partito a cose poco credibili, o labili, come quelle che il PD ha posto come condizione ai 5stelle per dare indicazioni di votare “sì”? Il PD, infatti chiede ai grillini che entro il 20 settembre sia approvata una legge elettorale di tipo proporzionale che vada a mitigare gli effetti negativi della possibile nuova legge costituzionale.

Per prima cosa, se qualcuno chiede qualcosa che mitighi gli effetti negativi di una legge già approvata, non ci si può non chiedere perché quel qualcuno ha votato favorevolmente per una legge i cui effetti negativi dovevano, già in partenza, essere mitigati.

Poi, essendo del tutto evidente che una nuova legge elettorale al massimo potrebbe essere approvata in tempo da un solo ramo del Parlamento, quale garanzia si ha che, in seconda lettura quella stessa legge non sarebbe bocciata, o profondamente cambiata? Magari con la complicità dei possibili sconquassi politici derivati dai risultati elettorali delle regioni dove proprio i 5stelle rifiutano ogni alleanza. E poi, una legge elettorale non deve sottostare ai quattro passaggi delle leggi costituzionali e, quindi, anche se approvata, può essere cambiata con relativa facilità da qualunque maggioranza.

Terza cosa che non può non balzare agli occhi: il garante della promessa grillina che sarà fatta una nuova legge elettorale proporzionale si chiama Vito Crimi: è possibile che nel PD nessuno ricordi, o che tutti facciano finta di non ricordare, quante parole Crimi abbia dato e poi il movimento – con o senza Piattaforma Rousseau di mezzo – si sia rimangiato? E che non incida minimamente nel decidere se dare un peso alla parola di Crimi l’indecente comportamento tenuto da quel signore, accompagnato da Roberta Lombardi, nella famigerata diretta streaming del 2013 con Pier Luigi Bersani accompagnato da Enrico Letta.

D’accordo, Bersani ha poi creato un altro partito e Letta è uscito dalla politica attiva dopo essere stato serenamente accoltellato alle spalle da Matteo Renzi, anch’egli poi creatore di un nuovo partito. Ma al PD, ancor prima che far rispettare i nomi dei due uomini sbertucciati da Crimi, dovrebbe interessare di tentar di salvare almeno la propria dignità.

Poi di idee e valori si potrà anche parlare, ammesso che ci siano. Ma senza dignità è inutile nemmeno cominciare.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

mercoledì 26 agosto 2020

Multitasking veri e falsi


Multitasking – o, in italiano, multiprocessualità – è il nome dato alla capacità dei computer di compiere contemporaneamente più operazioni diverse. È stata sviluppata a imitazione delle funzioni della mente umana che da sempre riesce a operare contemporaneamente su più fronti. Oggi sembra, però, che questa caratteristica non attenga più a tutta la specie umana: ne appaiono esclusi non pochi elementi e soprattutto, almeno in parte, una categoria di grande importanza: quella dei politici che, nella stragrande maggioranza, si occupano di una sola cosa alla volta.

Si potrebbe dire che questa situazione sia derivata dalla necessità di una maggiore specializzazione. Può essere, ma è difficile crederlo visto che la pochezza di conoscenze, ragionamenti e progettualità a lungo raggio è drammaticamente evidente per tutti. Comunque, soprattutto a livello politico, c’è qualcosa che non va perché chiunque sa che in una società complessa come la nostra è impossibile pensare che possano essere compiute delle azioni in un punto senza che se ne risentano le conseguenze in tutta la società.

Un esempio clamoroso è proprio di questi giorni e riguarda Flavio Briatore – al quale auguro, come a tutti, una pronta e completa guarigione – che non è riuscito a guardare contemporaneamente la casella che è riempita con i numeri delle entrate nel suo conto in banca e quella, interessante per molta più gente, che giornalmente ci informa sul numero dei contagiati dal Covid-19. Il risultato è stato che, nell’ansia di non disturbare minimamente chi voleva divertirsi con i suoi servizi, e quindi di perdere incassi, ha creato le condizioni per il contagio di oltre sessanta suoi dipendenti, di se stesso e non si sa ancora di quanti degli oltre tremila clienti che si stima siano entrati nella sua discoteca Billionaire nei giorni in cui il virus si divertiva a saltabeccare tra addetti alla sala, alla cucina e altri ancora.

Un altro apparente esempio riguarda il referendum confermativo con il quale, il 20 e 21 settembre, saremo chiamati alle urne per bocciare – almeno spero con tutte le mie forze che sarà così – la legge costituzionale voluta dai 5stelle che, a dire il vero anche sul “monotasking” in campo legislativo non appaiono molto a loro agio. Loro hanno pensato a portare più gente possibile alle urne abbinando il referendum alle amministrative di varie regioni e comuni. Dicevo che questo esempio di mancato multitasking è apparente più che reale perché mi è difficile pensare che non sappiano che il risultato – qualunque possa essere – sarà parziale e falsato dal fatto che le affluenze saranno molto diverse tra dove i voti saranno abbinati e dove l’unica scheda riguarderà il referendum. E altrettanto evidente che nessuno si è opposto a questa coincidenza di voto – che di democratico ha proprio nulla, esattamente come la riduzione dei parlamentari – soltanto per motivi di possibile convenienza politica.

Ed è difficile pensare a un mancato multitasking anche nell’ideazione della legge voluta da Grillo e dalla Casaleggio Associati: molto più probabile un calcolo elaborato sulle condizioni politiche di quel lontano momento con la convinzione di approfittarne per rafforzare il proprio potere. Del resto è la stessa cosa che aveva fatto Renzi con la legge costituzionale poi cancellata dagli italiani nel 2016.

Comunque, se non è stata malafede, è stata certamente gravissima mancanza di memoria. Tra i 9 punti del “Piano di rinascita democratica” sequestrato nel 1985 a Licio Gelli, quello che ha finanziato gli esecutori della strage di Bologna, c’era anche la «riduzione del numero dei parlamentari», che arrivava dopo il punto «riduzione dei partiti di massa a reti di club orbitanti attorno a un’oligarchia autolegittimata e a un leader carismatico» e assieme ad altri che più che una rinascita democratica, presupponevano una distruzione della democrazia stessa.

Secondo alcuni sondaggi – nonostante se ne sia parlato poco perché molti partiti, il PD in testa, temono di non cavalcare fino in fondo il populismo – comunque la maggioranza degli italiani sarebbe orientativamente portata a ritenere questa riforma un pericolo concreto per la nostra democrazia rappresentativa, in quanto non potrebbe più rappresentare – appunto – larghe fette della popolazione.

Voglio credere che i sondaggi questa volta rispecchino la realtà, ma vorrei anche ricordare a tutti che la storia insegna che le “maggioranze silenziose” diventano davvero maggioranze quando silenziose non sono più.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

lunedì 24 agosto 2020

Rivolte e rivoluzioni

Il quadrato bianco è la dimensione del Pil italiano, il rettangolo viola è la spesa per la "quota 100", quello giallo è la spesa per il salvataggio di Alitalia, mentre il puntino verde è il risparmio ipotizzato dai 5stelle per il Parlamento e ancora tutto da dimostrare.
L’ignoranza, per mantenersi al potere, richiede l’uso di massicce dosi di approssimazione che possano tentare di dissimularla, anche se in realtà finiscono per metterla in evidenza. Negli ultimi decenni abbiamo visto dilagare queste approssimazioni fino a raggiungere, soprattutto a livello politico, vette che un tempo sarebbero state impensabili, fino a essere la causa di veri e propri disastri.

Tra le vittime di questa situazione c’è certamente anche la lingua italiana che rischia di perdere buona parte di quelle sfumature che ne hanno fatto la ricchezza e che le hanno permesso di contribuire a elaborare pensieri ben lontani da quelle reazioni rudimentali alle quali siamo purtroppo abituati ad assistere. Infatti la povertà della lingua usata non può non corrispondere a una confusione sugli obbiettivi e, quindi, a una scarsità di risultati.
 
Un esempio palmare è dato dal fatto che da tempo troppo spesso si sentono usare i termini “rivolta” e “rivoluzione” indifferentemente, anche se, in realtà, sono cose profondamente diverse. Se la rivolta, infatti, è localizzata, quasi istintiva, solitamente esplosiva e limitata al raggiungimento di alcuni risultati pratici, la rivoluzione non ha necessariamente bisogno della violenza perché porta con sé grandi obbiettivi ideali e punta a cambiare profondamente la società in cui si sviluppa, soprattutto dal punto di vista sociale e, quindi, etico. E, proprio per questa sua capacità di puntare a grandi mutamenti, finisce per coinvolgere persone di svariati ceti sociali e si allunga su vaste estensioni di territorio. Non per niente la conquista scientifica che tolse dal centro dell’universo la Terra e la sostituì con il Sole, riducendone anche la supremazia gravitazionale al solo sistema solare è definita Rivoluzione, e non rivolta, copernicana.

Se vogliamo capire meglio la differenza, portando esempi di oggi e guardando a tutti coloro che protestano perché non sembra che le azioni di governo riescano a raddrizzare un’economia massacrata anche dal Covid-19, potremmo dividerli in due parti. I rivoltosi sono quelli che si lamentano perché i bonus che dovrebbero compensare le perdite non arrivano, o sono troppo scarsi; i rivoluzionari sono invece coloro che vorrebbero che la classe politica fosse in grado di creare le condizioni perché non ci sia più bisogno di bonus, se non in casi del tutto eccezionali.

È sicuramente naturale che ogni categoria cerchi di recuperare in qualche maniera quanto ha perduto a causa del coronavirus. Del tutto illecito è che la stessa categoria denunci perdite che in due mesi superano di quattro volte abbondanti le dichiarazioni dei redditi dell’intero anno precedente. È sicuramente normale che il mondo politico si concentri sul modo di aiutare chi ha subito delle reali perdite economiche. Del tutto inaccettabile è che ancora una volta maggioranza e opposizione si impegnino e battaglino esclusivamente sui vari tipi di bonus da dare oggi e che si disinteressino del tutto del domani: di come progettare una scuola che possa sopravvivere alle varie calamità, naturali o meno, che ne mettono in dubbio la sopravvivenza; di come ridare forza e finanziamenti a una sanità pubblica che è la sola ad aver impedito che la pandemia avesse conseguenze ancora più catastrofiche; di come impostare una finalmente seria e determinata lotta all’evasione fiscale che è la causa principale del fatto che il nostro Paese è impantanato in un’immensa palude di debiti; di come impostare una seria tutela di un territorio e di un patrimonio architettonico e culturale che fa dell’Italia il Paese più ricco del mondo dal punto di vista paesaggistico e artistico, ma incredibilmente non il più visitato.

E ancora più inaccettabile è che stia passando quasi sotto silenzio il fatto che il 20 e 21 settembre si andrà a votare per decidere se la nostra democrazia continuerà a restare tale, oppure se ci dirigeremo ancora di più verso il pericolo di cadere nel baratro di un autoritarismo sempre non etico, ma diventato legale. Se non si voterà “NO” al referendum sul taglio del 36 per cento di deputati e senatori, infatti, non soltanto si ridurrà, senza alcunreale vantaggio – neppure quello di un sostanziale risparmio – in contropartita, la democrazia rappresentativa perché di reale rappresentanza sarà molto più difficile parlare, ma ci si butterà in un baratro senza sapere se sul fondo ci saranno, o meno, dei materassi disposti per attenuare le conseguenze della caduta.

Senza una nuova legge elettorale che attenui i disastri che potrebbero essere provocati dalla legge costituzionale voluta dalla boriosa ignoranza dei 5stelle e consentita dalla tremebonda acquiescenza degli altri partiti, infatti, il nuovo Parlamento ben difficilmente potrebbe funzionare in maniera decente. I grillini promettono che una nuova legge sarà fatta velocemente, ma, intanto, avevano già promesso che sarebbe stata fatta prima del referendum confermativo e poi c’è davvero qualcuno che crede che una legge che possa andar bene a Di Maio e compagnia abbia caratteristiche di finezza politica tali da cancellare i disastri creati in precedenza da loro stessi?

Ancora una volta toccherà al popolo opporsi alle pericolose velleità di alcuni politici. Nel 2016 c’è riuscito. Perché il miracolo si ripeta non basterà che ognuno di noi voti “NO”, ma servirà che si impegni a convincere tutti quelli che gli sono vicini a fare lo stesso.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

domenica 16 agosto 2020

Tra genio e follia

Ormai appare del tutto evidente che, per essere italiani capaci di adattarsi all’attuale realtà del nostro Paese, bisogna essere visionariamente geniali, o disperatamente pazzi. 
Gli esempi si sprecano, ma due degli ultimi sono magnificamente esemplificativi. 

Cominciamo con quello più spiccatamente politico. Circa 50 mila italiani (un po’ meno dell’uno per mille della popolazione) si esprimono sulla piattaforma Rousseau, di proprietà e controllo della Casaleggio Associati, e danno due pareri a causa dei quali la politica italiana – almeno così qualcuno ritiene – dovrebbe cambiare significativamente.

Il primo responso, con un 80% abbondante di sì, istituzionalizza la furbata del “mandato zero”, miserevole trucchetto escogitato per scavallare il limite del secondo mandato elettivo che era uno dei caposaldi etico-politici dei grillini. Ma questo riguarda esclusivamente i 5stelle e, quindi, contenti loro...

Il secondo, invece, che tra l’altro ha raccolto soltanto meno del 60 per cento dei voti, rischia di coinvolgere anche gli altri 999 italiani abbondanti su 1000, perché va a demolire un altro dei caposaldi “etici” imposti da Grillo e poi da lui stesso cancellato, a dimostrazione che “uno vale uno” soltanto se quell’uno risponde al nome di Grillo, appunto, o di Casaleggio. Il caposaldo demolito è quello della “non alleanza” con altre forze politiche.

La reazione normalmente potrebbe essere identica a quella precedente: «Fatti loro: che tentino di allearsi pure con chi ci casca». Purtroppo, però, la situazione è diversa perché Zingaretti, segretario del PD, ha affermato con grande (sua) soddisfazione: «È una buona notizia. Si apre finalmente una stagione diversa, unitaria e di riforme». E francamente, oltre a non capire che tipo di sogni di riforme possano essere condivisi con Grillo e compagnia, questa reazione fa crescere a dismisura i già notevoli dubbi sugli ideali e gli obbiettivi del PD.

Come può un partito, che dice di avere coscienza e ideali di sinistra, allearsi organicamente con un autodefinito movimento in cui la democrazia è praticamente inesistente se non nella forma illusoria e truffaldina della cosiddetta “democrazia diretta”? Con un partito che del populismo ha fatto la sua bandiera abbracciando, a seconda delle convenienze del momento, la xenofobia, il razzismo, l’odio per chiunque – tranne se stessi, ovviamente – si muova nella vituperata politica; che ama l’idea del reddito di cittadinanza, ma aborrisce qualunque desiderio di equità sociale; che a suo tempo ha accettato qualsiasi disumanità salviniana pur di non perdere l’ufficialmente tanto disprezzata poltrona? Con un partito che assomma nella maggior parte della sua classe dirigente ignoranza e presupponenza? Che pur di poter sbandierare qualche briciola di risparmio a livello parlamentare, non si crea nessun problema a demolire una parte della Costituzione distruggendo il caposaldo della rappresentanza che in una democrazia rappresentativa non dovrebbe mai essere nemmeno messo in dubbio?

Se Zingaretti dice che, come nel 1943 a Salerno, ci si deve alleare senza troppa schizzinosità anche con forze idealmente non molto vicine, pur di non far prendere il potere alle destre, sono assolutamente d’accordo, anche se, fossi romano e mi chiedessero di votare Raggi, avrei enormi problemi. Se, invece, mi parla di una stagione di riforme, mi sento ancora una volta imperdonabilmente preso in giro.

Il secondo esempio apparentemente c’entra poco con il primo, ma, invece, gli è strettamente legato. Dopo aver dibattuto per settimane su che tipo di banchi adottare per permettere di osservare il distanziamento fisico anche nelle aule scolastiche e dopo aver parlato, se non ricordo male, di ordinazioni di 4 milioni di banchi nuovi di zecca, visto che la ministra Azzolini – grillina anch’essa – non riusciva a trovare una soluzione praticabile, si è deciso che, se usano la mascherina, bambini e ragazzi possono stare anche gomito a gomito.

Che poi la scienza testimoni che, mentre già il numero dei contagiati cresce di giorno in giorno, tra i giovani il contagio è più efficace e, quindi più pericoloso per la diffusione anche nelle famiglie, è evidentemente meno importante del fatto che il ministero non sappia come giustificare il ritardo accumulato. Ne deriveranno nuovi focolai di Covid-19? Quasi sicuramente sì, ma questo succederà tra un paio di mesi, mentre l’ammissione di incapacità e l’adozione di scelte drastiche e poco gradite, invece, dovrebbe essere fatta oggi. Cosa inaccettabile per i cosiddetti politici attuali che per buona parte vivono esclusivamente di apparenza e che confidano che, magari, qualche miracolo possa arrivare.

All’inizio dicevo che per vivere serenamente nel nostro Paese occorre genio, o follia. A pensarci bene, francamente tenderei a escludere il primo.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/