Al momento in
cui scrivo queste righe non so ancora se il governo cosiddetto
“giallo-rosso” vedrà la luce, o meno, ma so per certo che la
prospettiva, già non particolarmente esaltante, si avvicina alla sua
possibile concretizzazione sotto auspici ancora peggiori del previsto.
Cominciamo dall’argomento di più
basso livello: Luigi Di Maio. Dopo aver detto nel gennaio dello scorso
anno che «Il PD è un partito di miserabili che vogliono soltanto la
poltrone», sta tenendo in bilico una trattativa determinante non perché
abbia dei dubbi sulla sostanza di un possibile accordo con il partito
dei «miserabili», ma in quanto il problema delle «poltrone» ora è
diventato suo. Al secondo mandato, protagonista del dimezzamento dei
voti dei 5stelle, sa benissimo che, se non riesce a darsi ulteriore
visibilità e teorico potere, rischia davvero di dover tornare allo
stadio San Paolo di Napoli; e non certamente in tribuna vip.
Secondo punto, ben più importante,
quello che riguarda le più recenti azioni di alcuni ministri grillini.
Due giorni fa l’ENAC, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile che è
sottoposta al controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, ancora occupato da Danilo Toninelli, ha bloccato le missioni
degli aerei leggeri che avvistano dall’alto i migranti in difficoltà nel
Mediterraneo con l’incredibile motivazione che «le norme nazionali
impongono che quei velivoli possano essere usati solo per attività
ricreative e non professionali». Come se un volontariato fosse attività
professionale e come se uno che fa un giro turistico fosse obbligato a
far finta di non vedere un gommone che sta affondando con i suoi
occupanti.
A colmare la misura ieri il
famigerato, anche se spesso non consapevole, Toninelli e la ministra
della Difesa, Elisabetta Trenta, hanno controfirmato la più recente
nefandezza di Salvini al Viminale: chiudere ancora una volta i porti
italiani alle navi che hanno salvato e accolto coloro che stavano
annegando.
Mi piacerebbe che anche i
rappresentanti del PD impegnati nelle trattative avessero ben presente
che i problemi economici sono importantissimi, ma che perdere la propria
anima e la propria umanità è ancora molto peggio.
Terzo e ultimo punto: la pretesa di
Di Maio di sottoporre l’eventuale accordo raggiunto tra 5stelle e PD e
approvato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella al voto
della Piattaforma Rousseau, cioè alla valutazione – tra l’altro non
trasparente e non controllabile – di alcune decine di migliaia di
persone che dovrebbero avere l’ultima parola su una scelta, per quanto
fortemente sofferta e controversa, che riguarda tutta la nazione.
Ma
ancora più grave è il fatto che questi signori agiscono in totale
spregio di quella democrazia rappresentativa prevista dalla
Costituzione, rendendo ridicola non soltanto la più vera sostanza della
democrazia stessa, e cioè il confronto per arrivare a una soluzione
accettabile da tutti, ma anche il suo aspetto più appariscente e da loro
sempre sbandierato: quella di un voto nazionale che viene sottoposto
comunque a all’arbitrio di un gruppo che potrà essere simpatico o
antipatico, ma resta pur sempre una minoranza che prevarica la
maggioranza che dal Parlamento si fa rappresentare.
Un cenno di ammirazione per la
saldezza di stomaco di coloro che stanno trattando con i 5stelle. Un
dubbio che non riesce a dissolversi sul fatto che questa trattativa
possa portare a salvamento l’Italia e non, invece, farla scivolare
ancora di più in un ginepraio di pericoli ben più spaventevoli di quelli
economici.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
mercoledì 28 agosto 2019
domenica 25 agosto 2019
Le due strade
È da molti mesi
che sostengo che in questa Italia c’è bisogno della rinascita di un
Comitato di Liberazione Nazionale, di un CLN che liberi nuovamente
questo Paese da pulsioni egemoniche e sovraniste (anche se sarebbe più
giusto chiamarle con il loro vero nome, cioè autoritarie e fasciste) e
che lo faccia in maniera tale che le ambizioni di usare un aspetto della
democrazia (il voto) per distruggerne l’essenza (il confronto
ragionato) vengano nuovamente accantonate definitivamente, per quanto la
parola “definitivo” possa avere senso nella storia umana.
Non l’ho mai ricordato perché lo ritenevo scontato, e quindi inutile, che nel CLN fondato il 9 settembre 1943 sono entrati rappresentanti di tutti i partiti, dai monarchici ai comunisti, ma certamente e ovviamente non i repubblichini e neppure quelli che il 25 luglio di quell’anno avevano decretato la caduta di Mussolini dopo averne, però, sostenuto l’operato e le nefandezze per due decenni.
Oggi, mentre il mondo politico italiano si trova davanti a un bivio da cui si dipartono due strade molto diverse, mi sembra necessario ricordare anche questa ovvietà perché, pur facendo le debite proporzioni, in una parte dei grillini vedo distintamente coloro che vorrebbero continuare a seguire la strada dell’odio, dell’intolleranza e dello spregio della democrazia seguita da Salvini, mentre in un’altra parte non trascurabile sono facilmente distinguibili coloro che oggi vorrebbero dare tutta la colpa all’ex alleato cercando di far dimenticare a tutti che il ministro degli Inferni senza il volonteroso aiuto dei 5stelle non sarebbe riuscito a fare alcuna delle nefandezze di cui si è reso responsabile.
In più – e non è cosa da poco – il credo di Casaleggio, associati e obbedienti servitori continua a essere quello del populismo da perseguire a ogni costo: non per il bene dell’Italia, ma nella speranza che il popolo italiano continui a lasciarsi abbindolare da parole che nascondono il nulla. Se qualcuno, tanto per dare un esempio, è davvero convinto che la riduzione dei parlamentari sia il primo problema da risolvere per il bene dell’Italia e non uno slogan per abbindolare arrabbiati e invidiosi facendo ancora una volta leva sull’antipolitica, si faccia pure avanti.
Se nel CLN del 1943 fossero entrati anche repubblichini, ex gerarchi e menefreghisti, a questo punto non staremmo parlando della Resistenza che ha dato una mano importante agli eserciti alleati per liberare l’Italia dagli invasori di terre e di diritti. Se nell’opposizione a Salvini oggi entreranno quelli che ancora lo rimpiangono, o gli fanno l’occhiolino, o che pensano che un’alleanza con il centrosinistra possa soprattutto resuscitare alcune delle promesse che sono state fatte durante la scorsa campagna elettorale per la Camera e il Senato, allora il nuovo governo non sarebbe, nemmeno alla lontana, un Comitato di Liberazione Nazionale; e per tutta una serie di motivi.
Intanto perché non ci libererebbe assolutamente di colui che vuole «i pieni poteri», ma, anzi, gli darebbe una comoda rampa di ripartenza basata sul fatto che i sacrifici imposti dalla prossima finanziaria, appesantita ulteriormente e in maniera terribile dalle scelte elettorali e non sociali di Lega e 5stelle, sarebbero facilmente attribuibili a PD, alla sinistra e ai 5 stelle stessi. Poi in quanto la democrazia rappresentativa correrebbe ulteriori terribili rischi con una riduzione dei parlamentari che comporterebbe non tanto la scomparsa di alcuni piccoli partiti, ma soprattutto la scomparsa delle preziose idee che queste piccole realtà portano con sé. Infine – e mi fermo anche se l’elenco sarebbe ancora molto lungo – un’alleanza basata su questi presupposti e sulle divisioni interne che già spiccano nei teorici futuri alleati porterebbero inevitabilmente a una nuova rottura entro pochi mesi.
Perché un CLN abbia ragione di esistere nel 2019 sarebbe assolutamente necessario che, come nel 1943, tutte le parti avessero intenzioni oneste, fossero sicuramente democratiche e antifasciste, mettessero almeno temporaneamente da parte le ambizioni personali, o di gruppo, e sapessero privilegiare le azioni necessarie rispetto a quelle di facciata.
Sicuramente 76 anni fa effettuare questa scelta, mentre infuriava la guerra e mentre territori e diritti erano invasi dai nazisti e dai fascisti, poteva essere più naturale e facile. Ma ancora oggi è di fondamentale importanza perché se non si capirà velocemente il rischio che la democrazia e la vita di questo Paese stanno correndo, il disastro definitivo sarà inevitabile; o, quantomeno sarà molto più difficile, faticoso e non sicuro riuscire a ritornare a galla.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Non l’ho mai ricordato perché lo ritenevo scontato, e quindi inutile, che nel CLN fondato il 9 settembre 1943 sono entrati rappresentanti di tutti i partiti, dai monarchici ai comunisti, ma certamente e ovviamente non i repubblichini e neppure quelli che il 25 luglio di quell’anno avevano decretato la caduta di Mussolini dopo averne, però, sostenuto l’operato e le nefandezze per due decenni.
Oggi, mentre il mondo politico italiano si trova davanti a un bivio da cui si dipartono due strade molto diverse, mi sembra necessario ricordare anche questa ovvietà perché, pur facendo le debite proporzioni, in una parte dei grillini vedo distintamente coloro che vorrebbero continuare a seguire la strada dell’odio, dell’intolleranza e dello spregio della democrazia seguita da Salvini, mentre in un’altra parte non trascurabile sono facilmente distinguibili coloro che oggi vorrebbero dare tutta la colpa all’ex alleato cercando di far dimenticare a tutti che il ministro degli Inferni senza il volonteroso aiuto dei 5stelle non sarebbe riuscito a fare alcuna delle nefandezze di cui si è reso responsabile.
In più – e non è cosa da poco – il credo di Casaleggio, associati e obbedienti servitori continua a essere quello del populismo da perseguire a ogni costo: non per il bene dell’Italia, ma nella speranza che il popolo italiano continui a lasciarsi abbindolare da parole che nascondono il nulla. Se qualcuno, tanto per dare un esempio, è davvero convinto che la riduzione dei parlamentari sia il primo problema da risolvere per il bene dell’Italia e non uno slogan per abbindolare arrabbiati e invidiosi facendo ancora una volta leva sull’antipolitica, si faccia pure avanti.
Se nel CLN del 1943 fossero entrati anche repubblichini, ex gerarchi e menefreghisti, a questo punto non staremmo parlando della Resistenza che ha dato una mano importante agli eserciti alleati per liberare l’Italia dagli invasori di terre e di diritti. Se nell’opposizione a Salvini oggi entreranno quelli che ancora lo rimpiangono, o gli fanno l’occhiolino, o che pensano che un’alleanza con il centrosinistra possa soprattutto resuscitare alcune delle promesse che sono state fatte durante la scorsa campagna elettorale per la Camera e il Senato, allora il nuovo governo non sarebbe, nemmeno alla lontana, un Comitato di Liberazione Nazionale; e per tutta una serie di motivi.
Intanto perché non ci libererebbe assolutamente di colui che vuole «i pieni poteri», ma, anzi, gli darebbe una comoda rampa di ripartenza basata sul fatto che i sacrifici imposti dalla prossima finanziaria, appesantita ulteriormente e in maniera terribile dalle scelte elettorali e non sociali di Lega e 5stelle, sarebbero facilmente attribuibili a PD, alla sinistra e ai 5 stelle stessi. Poi in quanto la democrazia rappresentativa correrebbe ulteriori terribili rischi con una riduzione dei parlamentari che comporterebbe non tanto la scomparsa di alcuni piccoli partiti, ma soprattutto la scomparsa delle preziose idee che queste piccole realtà portano con sé. Infine – e mi fermo anche se l’elenco sarebbe ancora molto lungo – un’alleanza basata su questi presupposti e sulle divisioni interne che già spiccano nei teorici futuri alleati porterebbero inevitabilmente a una nuova rottura entro pochi mesi.
Perché un CLN abbia ragione di esistere nel 2019 sarebbe assolutamente necessario che, come nel 1943, tutte le parti avessero intenzioni oneste, fossero sicuramente democratiche e antifasciste, mettessero almeno temporaneamente da parte le ambizioni personali, o di gruppo, e sapessero privilegiare le azioni necessarie rispetto a quelle di facciata.
Sicuramente 76 anni fa effettuare questa scelta, mentre infuriava la guerra e mentre territori e diritti erano invasi dai nazisti e dai fascisti, poteva essere più naturale e facile. Ma ancora oggi è di fondamentale importanza perché se non si capirà velocemente il rischio che la democrazia e la vita di questo Paese stanno correndo, il disastro definitivo sarà inevitabile; o, quantomeno sarà molto più difficile, faticoso e non sicuro riuscire a ritornare a galla.
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giovedì 15 agosto 2019
Finti e veri analfabeti
Molte volte
abbiamo definito Matteo Salvini “analfabeta istituzionale”. Abbiamo
sbagliato. Il ministro degli Inferni non è un analfabeta istituzionale,
ma fa soltanto finta di esserlo per riuscire a truffare gli analfabeti
istituzionali veri.
È del tutto inipotizzabile che non sappia, infatti, che, come gli ha fatto notare immediatamente il Quirinale, non è possibile approvare una legge costituzionale che cambia la sostanza del Parlamento e poi andare al voto «il giorno dopo» in quanto si lederebbe il diritto dei cittadini italiani di andare a un referendum per confermare, o cassare questo cambiamento. Al limite potrebbe anche non aver letto quel fastidioso libretto chiamato “Costituzione”, ma il rumore che ha fatto la caduta di Renzi, meno di tre anni fa, proprio in seguito a un referendum di tale tipo non può non averlo sentito.
Così, quando chiede al pubblico dei suoi comizi perché mai il TAR del Lazio si occupi delle sue proibizioni di entrare nelle acque territoriali italiane per le navi delle associazioni umanitarie con naufraghi migranti a bordo, e le cancelli, non è ipotizzabile che non sappia che il TAR del Lazio è competente per le controversie relative ad atti provenienti da una amministrazione statale che ha competenza sopraregionale. In realtà lo sanno anche gli ultras delle curve del calcio, visto che quel tribunale si occupa da anni di promozioni, retrocessioni, ripescaggi e altre baruffe del mondo del calcio stesso.
E allora perché lo fa? Semplice: perché ben coscio delle lezioni che hanno portato in tutto il mondo alla fine sostanziale di molte democrazie sostituite da regimi, il primo passo è quello di spargere teorici liquami. Poi, in realtà questi liquami non esistono, ma una buona parte di chi coglie il messaggio diffamante, non si rende conto che sono totalmente e deliberatamente falsi e continua a pensare quello che Salvini vuole; come tanti altri, in altri posti e in altri anni, hanno voluto.
Per rendersene conto basta esplorare alcuni social più vicini alla destra, se non appartenenti alla destra stessa e leggere un po’ di reazioni dei loro frequentatori che, al di là di quelli che sono sicuramente cloni degli stessi organizzatori, se la prendono con Mattarella che, per suoi irriferibili motivi, impedisce a Salvini di ridurre il numero di parlamentari e di mandare «il giorno dopo» il popolo di nuovo a votare, e con il TAR del Lazio che, sempre per gli stessi irriferibili motivi, vuole aprire le porta a un’invasione di ben un centinaio di stranieri.
Sembra impossibile, ma non sono pochi quelli che ci cascano, come non sono pochi neppure quelli che danno numero di conto e password a coloro che, via internet, promettono di regalare qualche decina di migliaia di euro.
A vederla così, può sembrare una partita persa. E, se si continua ad adoperare le stesse armi, una simile prospettiva non è lontana. Ma ci sono altre strade da seguire; e non soltanto seguendo quelle legate al mondo dei social e di internet in generale.
Sarò vecchio, ma continuo a credere nel valore della parole pronunciate e udita, e a quello del contraddittorio nel quale chi ha ragione riesce sempre a smascherare, carte alla mano, il truffatore. Il problema è che molti di coloro che vedono in Salvini un pericolo terribile continuano a mantenere un atteggiamento sussiegoso, a non voler abbassarsi a fare propaganda; al massimo – ma proprio al massimo – si sforzano di discutere quando sentono ripetere da altri le deliberate e premeditate bugie di Salvini e dei suoi.
Adesso è il caso che siano coloro che non vogliono rischiare di veder morire la democrazia a mettersi in testa di dover parlare e comunicare con tutti, anche di propria iniziativa. Per far sì che tutta quella fetta di popolazione che assorbe senza la minima funzione critica le bugie del ministro degli Inferni, possa almeno ascoltare delle voci contrarie e argomentate.
Bloccare qualcosa che avanza è una grande fatica, ma far tornare indietro qualcosa che è già arrivato e si è consolidato sarebbe uno sforzo molto maggiore e protratto per molto più tempo.
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È del tutto inipotizzabile che non sappia, infatti, che, come gli ha fatto notare immediatamente il Quirinale, non è possibile approvare una legge costituzionale che cambia la sostanza del Parlamento e poi andare al voto «il giorno dopo» in quanto si lederebbe il diritto dei cittadini italiani di andare a un referendum per confermare, o cassare questo cambiamento. Al limite potrebbe anche non aver letto quel fastidioso libretto chiamato “Costituzione”, ma il rumore che ha fatto la caduta di Renzi, meno di tre anni fa, proprio in seguito a un referendum di tale tipo non può non averlo sentito.
Così, quando chiede al pubblico dei suoi comizi perché mai il TAR del Lazio si occupi delle sue proibizioni di entrare nelle acque territoriali italiane per le navi delle associazioni umanitarie con naufraghi migranti a bordo, e le cancelli, non è ipotizzabile che non sappia che il TAR del Lazio è competente per le controversie relative ad atti provenienti da una amministrazione statale che ha competenza sopraregionale. In realtà lo sanno anche gli ultras delle curve del calcio, visto che quel tribunale si occupa da anni di promozioni, retrocessioni, ripescaggi e altre baruffe del mondo del calcio stesso.
E allora perché lo fa? Semplice: perché ben coscio delle lezioni che hanno portato in tutto il mondo alla fine sostanziale di molte democrazie sostituite da regimi, il primo passo è quello di spargere teorici liquami. Poi, in realtà questi liquami non esistono, ma una buona parte di chi coglie il messaggio diffamante, non si rende conto che sono totalmente e deliberatamente falsi e continua a pensare quello che Salvini vuole; come tanti altri, in altri posti e in altri anni, hanno voluto.
Per rendersene conto basta esplorare alcuni social più vicini alla destra, se non appartenenti alla destra stessa e leggere un po’ di reazioni dei loro frequentatori che, al di là di quelli che sono sicuramente cloni degli stessi organizzatori, se la prendono con Mattarella che, per suoi irriferibili motivi, impedisce a Salvini di ridurre il numero di parlamentari e di mandare «il giorno dopo» il popolo di nuovo a votare, e con il TAR del Lazio che, sempre per gli stessi irriferibili motivi, vuole aprire le porta a un’invasione di ben un centinaio di stranieri.
Sembra impossibile, ma non sono pochi quelli che ci cascano, come non sono pochi neppure quelli che danno numero di conto e password a coloro che, via internet, promettono di regalare qualche decina di migliaia di euro.
A vederla così, può sembrare una partita persa. E, se si continua ad adoperare le stesse armi, una simile prospettiva non è lontana. Ma ci sono altre strade da seguire; e non soltanto seguendo quelle legate al mondo dei social e di internet in generale.
Sarò vecchio, ma continuo a credere nel valore della parole pronunciate e udita, e a quello del contraddittorio nel quale chi ha ragione riesce sempre a smascherare, carte alla mano, il truffatore. Il problema è che molti di coloro che vedono in Salvini un pericolo terribile continuano a mantenere un atteggiamento sussiegoso, a non voler abbassarsi a fare propaganda; al massimo – ma proprio al massimo – si sforzano di discutere quando sentono ripetere da altri le deliberate e premeditate bugie di Salvini e dei suoi.
Adesso è il caso che siano coloro che non vogliono rischiare di veder morire la democrazia a mettersi in testa di dover parlare e comunicare con tutti, anche di propria iniziativa. Per far sì che tutta quella fetta di popolazione che assorbe senza la minima funzione critica le bugie del ministro degli Inferni, possa almeno ascoltare delle voci contrarie e argomentate.
Bloccare qualcosa che avanza è una grande fatica, ma far tornare indietro qualcosa che è già arrivato e si è consolidato sarebbe uno sforzo molto maggiore e protratto per molto più tempo.
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domenica 11 agosto 2019
Certezze e non
Io, come credo
tutti, sono un impasto di certezze e di dubbi. In campo sociale e
politico, per esempio, sono assolutamente certo del valore della
solidarietà, della fratellanza, della giustizia, della progressività
della tassazione, dell’importanza del lavoro non soltanto come fonte di
sostentamento, ma soprattutto come base della dignità umana. E potrei
andare avanti nell’elencazione, ma è molto meglio rimandare a quanto è
fissato nella Costituzione e quello che di umano è sollecitato dai
Vangeli, due testi che per larga parte si sovrappongono.
Non ho alcuna certezza, invece, quando, a livello politico più che sociale, mi trovo a fare i conti con ipotesi di strategie, o, ancor peggio e molto più frequentemente di tattiche legate alle contingenze a breve termine. Prendiamo, per esempio, la crisi che Salvini vorrebbe proclamare da solo, con una specie di anticipazione di “pieni poteri”, ma la cui realizzazione, in realtà, spetta soltanto al Parlamento e al Presidente della Repubblica.
Ebbene, da una parte c’è Salvini che vuole andare al voto subito per evidenti motivi di sfruttamento di sondaggi che dicono di essergli favorevoli. E, accanto a lui, ci sono la Meloni che si sente molto vicina all’ancora ministro degli Inferni; Berlusconi che si illude di trascinare tuttora i conservatori verso una destra moderata che non c’è più, visto che ha scelto come bandiere il razzismo e il rifiuto di molte delle regole democratiche e della solidarietà; il PD di Zingaretti che vede queste elezioni come un passaggio fondamentale per tentare di far riapparire quel partito come punto gravitazionale capace di attrarre, almeno temporaneamente, tutti coloro che hanno scelto di fare Resistenza alle bramosie da “pieni poteri” di quel Salvini che fa finta di sapere poco o nulla di storia, ma che con le citazioni di Mussolini ha un’estrema familiarità.
Dall’altra parte ci sono Grillo e Renzi. Ebbene, fate pure la tara su quello che sto per scrivere perché è noto a tutti che non provo la minima simpatia per nessuno dei due. E, ovviamente, non nutro alcuna fiducia in loro. Però alcune considerazioni mi sembrano incontrovertibili.
È casuale che entrambi, che fino a pochi giorni fa definivano l’altro come la feccia dell’umanità, tutt’a un tratto possano pensare di allearsi, sia pure a termine? Ed è casuale che entrambi si trovino repentinamente di fronte a grossi problemi di numeri in Parlamento?
Grillo rischia di vedere più che dimezzata la sua pattuglia di deputati e senatori, non tanto per l’(in)flessibile regola del doppio mandato (che però appare, già, come tante altre, cestinata), quanto perché la maggior parte di coloro che hanno riposto la propria fiducia nei 5stelle, oggi se ne sono pentiti amaramente.
Renzi, invece, sa benissimo che, visto che la scelta delle candidature è fatta dalla segreteria politica e che lui segretario non lo è più, sicuramente non continuerebbe ad avere in mano la maggioranza nei gruppi parlamentari del PD, circostanza che oggi gli permette, pur essendo minoranza nel partito, di imporne, o proibirne, molte scelte.
È casuale che a entrambi sfugga il non trascurabile particolare che, se un governo patchwork dovesse uscire da questa crisi per salvare la situazione economica, si assumerebbe l’intera responsabilità di una finanziaria davvero fatta di lacrime e sangue, rendendo facilissima la campagna elettorale di un Salvini che non farebbe la minima fatica a sollecitare le insoddisfazioni e i rancori degli italiani più tartassati, tanto da puntare davvero a ottenere qui i “pieni poteri” che ricordano tanto gli anni Venti?
O, forse, è soltanto la speranza che un po’ di tempo guadagnato potrebbe dare spazio a Di Maio per tentare di non dover andare a cercarsi un lavoro, magari sbandierando ancora quel vessillo della riduzione dei parlamentari che, a mio parere, corrisponde a una riduzione di democrazia. E che a Renzi lascerebbe campo per cambiare gli equilibri interni di un partito che è in una continua ebollizione che scotta soltanto iscritti e simpatizzanti; mai gli avversari.
Del resto, se si dovesse andare alla urne a ottobre, magari finalmente la sinistra sarebbe obbligata a parlare di nuovo da sinistra (la destra già da anni parla da destra) e a fare discorsi chiari, privi di bizantinismi e di frasi aperte a qualsiasi interpretazione. E forse riuscirebbe a far comprendere anche a coloro che non vogliono più andare a votare, che questa maledetta notte è ancora assolutamente oscura e che la situazione è diventata talmente grave per la democrazia, che c’è bisogno di tutti e che per tutti è diventato un dovere tornare a scegliere, a prendere parte, a diventare partigiani, appunto.
Forse riuscirebbe a porre le basi per ricostituire quel Comitato di Liberazione Nazionale che è stato fondamentale dal 1943 alla nascita della Repubblica e che sarebbe altrettanto fondamentale adesso, da oggi a un’auspicabile rinascita della Repubblica.
A ripensarsi, le non certezze esistono, ma non sono mica tante.
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Non ho alcuna certezza, invece, quando, a livello politico più che sociale, mi trovo a fare i conti con ipotesi di strategie, o, ancor peggio e molto più frequentemente di tattiche legate alle contingenze a breve termine. Prendiamo, per esempio, la crisi che Salvini vorrebbe proclamare da solo, con una specie di anticipazione di “pieni poteri”, ma la cui realizzazione, in realtà, spetta soltanto al Parlamento e al Presidente della Repubblica.
Ebbene, da una parte c’è Salvini che vuole andare al voto subito per evidenti motivi di sfruttamento di sondaggi che dicono di essergli favorevoli. E, accanto a lui, ci sono la Meloni che si sente molto vicina all’ancora ministro degli Inferni; Berlusconi che si illude di trascinare tuttora i conservatori verso una destra moderata che non c’è più, visto che ha scelto come bandiere il razzismo e il rifiuto di molte delle regole democratiche e della solidarietà; il PD di Zingaretti che vede queste elezioni come un passaggio fondamentale per tentare di far riapparire quel partito come punto gravitazionale capace di attrarre, almeno temporaneamente, tutti coloro che hanno scelto di fare Resistenza alle bramosie da “pieni poteri” di quel Salvini che fa finta di sapere poco o nulla di storia, ma che con le citazioni di Mussolini ha un’estrema familiarità.
Dall’altra parte ci sono Grillo e Renzi. Ebbene, fate pure la tara su quello che sto per scrivere perché è noto a tutti che non provo la minima simpatia per nessuno dei due. E, ovviamente, non nutro alcuna fiducia in loro. Però alcune considerazioni mi sembrano incontrovertibili.
È casuale che entrambi, che fino a pochi giorni fa definivano l’altro come la feccia dell’umanità, tutt’a un tratto possano pensare di allearsi, sia pure a termine? Ed è casuale che entrambi si trovino repentinamente di fronte a grossi problemi di numeri in Parlamento?
Grillo rischia di vedere più che dimezzata la sua pattuglia di deputati e senatori, non tanto per l’(in)flessibile regola del doppio mandato (che però appare, già, come tante altre, cestinata), quanto perché la maggior parte di coloro che hanno riposto la propria fiducia nei 5stelle, oggi se ne sono pentiti amaramente.
Renzi, invece, sa benissimo che, visto che la scelta delle candidature è fatta dalla segreteria politica e che lui segretario non lo è più, sicuramente non continuerebbe ad avere in mano la maggioranza nei gruppi parlamentari del PD, circostanza che oggi gli permette, pur essendo minoranza nel partito, di imporne, o proibirne, molte scelte.
È casuale che a entrambi sfugga il non trascurabile particolare che, se un governo patchwork dovesse uscire da questa crisi per salvare la situazione economica, si assumerebbe l’intera responsabilità di una finanziaria davvero fatta di lacrime e sangue, rendendo facilissima la campagna elettorale di un Salvini che non farebbe la minima fatica a sollecitare le insoddisfazioni e i rancori degli italiani più tartassati, tanto da puntare davvero a ottenere qui i “pieni poteri” che ricordano tanto gli anni Venti?
O, forse, è soltanto la speranza che un po’ di tempo guadagnato potrebbe dare spazio a Di Maio per tentare di non dover andare a cercarsi un lavoro, magari sbandierando ancora quel vessillo della riduzione dei parlamentari che, a mio parere, corrisponde a una riduzione di democrazia. E che a Renzi lascerebbe campo per cambiare gli equilibri interni di un partito che è in una continua ebollizione che scotta soltanto iscritti e simpatizzanti; mai gli avversari.
Del resto, se si dovesse andare alla urne a ottobre, magari finalmente la sinistra sarebbe obbligata a parlare di nuovo da sinistra (la destra già da anni parla da destra) e a fare discorsi chiari, privi di bizantinismi e di frasi aperte a qualsiasi interpretazione. E forse riuscirebbe a far comprendere anche a coloro che non vogliono più andare a votare, che questa maledetta notte è ancora assolutamente oscura e che la situazione è diventata talmente grave per la democrazia, che c’è bisogno di tutti e che per tutti è diventato un dovere tornare a scegliere, a prendere parte, a diventare partigiani, appunto.
Forse riuscirebbe a porre le basi per ricostituire quel Comitato di Liberazione Nazionale che è stato fondamentale dal 1943 alla nascita della Repubblica e che sarebbe altrettanto fondamentale adesso, da oggi a un’auspicabile rinascita della Repubblica.
A ripensarsi, le non certezze esistono, ma non sono mica tante.
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venerdì 9 agosto 2019
I due forni
Diciamocelo
francamente: se fosse dipeso dal centrosinistra e dalla sinistra
propriamente detta, staremmo ancora ad assistere al teatrino gialloverde
con Salvini che comanda e Di Maio ubbidisce, disposto a qualsiasi
nefandezza pur di non mollare la poltrona, con l’accordo si mettere in
scena ogni giorno un teatrino con baruffe assortite con l’unico scopo di
tentare di non deludere il proprio elettorato.
Dall’altra parte, nulla, se non baruffe vere e crudeli tra renziani, ex renziani e mai stati renziani in un panorama che ha visto i primi sconfitti in congresso, ma ancora saldamente in larghissima maggioranza nei gruppi parlamentari formati con elezioni nelle quali le candidature erano state decise dall’uomo forte del tempo: Renzi, appunto.
Poi è successo che Salvini abbia tirato troppo la corda soprattutto su argomenti umani e sociali, che Di Maio abbia accettato troppo spesso la parte del servo deferente più che obbediente e che una buona percentuale di coloro che avevano sperato che i 5stelle fossero davvero quello che promettevano di essere si siano accorti che accanto a una diffusa incompetenza, se non ignoranza, si stagliava anche una gigantesca attitudine ad accettare qualsiasi cosa pur di non veder finire anzitempo la legislatura, con le loro avventure parlamentari e/o governative. E la crisi è diventata inevitabile.
Comunque, adesso che il teatrino sembra aver calato definitivamente il sipario, si potrebbe finalmente distrarre per un attimo lo sguardo dalle grottesche vicende dei grillini e da quelle trucide dei leghisti e della destra, per rivolgerlo alle condizioni di quella parte politica che dovrebbe essere la vera alternativa al razzismo e anche all’insofferenza per la democrazia che si estrinseca – e non per la prima volta, purtroppo – in una lunga serie di decreti, di voti di fiducia e di leggi nelle quali le Camere sono chiamate soltanto a dire sì o no, tanto che si potrebbe cambiare il loro nome cumulativo da Parlamento in Votamento.
In vista delle prossime elezioni a coloro, a tutti coloro che fanno, o facevano parte della sinistra e del centrosinistra si può e si deve chiedere una cosa soltanto: formulare un programma umano (per affermare che i valori repubblicani della nostra Costituzione esistono ancora), credibile (per riattrarre quei tanti che non credono più a nessuno) e non eccessivamente complicato (in quanto deve essere comune) per far finire questa maledetta notte. E devono smetterla, almeno per un po’, di battagliare soltanto per lotte interne e ambizioni personali o di gruppo. L’unico bene di cui oggi si deve tener conto è quello del nostro Paese e di chi vi vive.
E per raggiungere questo scopo sarà anche il caso di capire che i tempi sono cambiati e che molte delle cose alle quali eravamo abituati non esistono più. In primis quei bizantinismi che avevano dato sostanza a formule ormai passate alla storia, come i grandi dubbi tattici se votare contro, astenersi o uscire dall’aula, o come le “convergenze parallele”, la “non opposizione”, la “politica dei due forni”. Per capirci, quest’ultima espressione una volta aveva senso perché alcuni equilibristi della politica erano talmente bravi nelle loro prestidigitazioni da passare da una parte all’altra senza conseguenze. I politici di oggi, tra i due forni riuscirebbero soltanto a incenerirsi.
Ognuno deve riprendere ad assumere con responsabilità posizioni chiare, nelle quali si possa davvero credere. Tenendo sempre presente che dalla situazione economica attuale non si potrà mai uscire senza accettare dei sacrifici. E che i sacrifici non saranno mai accettabili se non saranno assimilati e condivisi alcuni valori umani e sociali: proprio quelli che sono stati alla base della rinascita democratica, sociale ed economica di quell’Italia povera, battuta e disprezzata che era uscita dalla tragedia del fascismo e della guerra nella quale dal fascismo era stata trascinata.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Dall’altra parte, nulla, se non baruffe vere e crudeli tra renziani, ex renziani e mai stati renziani in un panorama che ha visto i primi sconfitti in congresso, ma ancora saldamente in larghissima maggioranza nei gruppi parlamentari formati con elezioni nelle quali le candidature erano state decise dall’uomo forte del tempo: Renzi, appunto.
Poi è successo che Salvini abbia tirato troppo la corda soprattutto su argomenti umani e sociali, che Di Maio abbia accettato troppo spesso la parte del servo deferente più che obbediente e che una buona percentuale di coloro che avevano sperato che i 5stelle fossero davvero quello che promettevano di essere si siano accorti che accanto a una diffusa incompetenza, se non ignoranza, si stagliava anche una gigantesca attitudine ad accettare qualsiasi cosa pur di non veder finire anzitempo la legislatura, con le loro avventure parlamentari e/o governative. E la crisi è diventata inevitabile.
Comunque, adesso che il teatrino sembra aver calato definitivamente il sipario, si potrebbe finalmente distrarre per un attimo lo sguardo dalle grottesche vicende dei grillini e da quelle trucide dei leghisti e della destra, per rivolgerlo alle condizioni di quella parte politica che dovrebbe essere la vera alternativa al razzismo e anche all’insofferenza per la democrazia che si estrinseca – e non per la prima volta, purtroppo – in una lunga serie di decreti, di voti di fiducia e di leggi nelle quali le Camere sono chiamate soltanto a dire sì o no, tanto che si potrebbe cambiare il loro nome cumulativo da Parlamento in Votamento.
In vista delle prossime elezioni a coloro, a tutti coloro che fanno, o facevano parte della sinistra e del centrosinistra si può e si deve chiedere una cosa soltanto: formulare un programma umano (per affermare che i valori repubblicani della nostra Costituzione esistono ancora), credibile (per riattrarre quei tanti che non credono più a nessuno) e non eccessivamente complicato (in quanto deve essere comune) per far finire questa maledetta notte. E devono smetterla, almeno per un po’, di battagliare soltanto per lotte interne e ambizioni personali o di gruppo. L’unico bene di cui oggi si deve tener conto è quello del nostro Paese e di chi vi vive.
E per raggiungere questo scopo sarà anche il caso di capire che i tempi sono cambiati e che molte delle cose alle quali eravamo abituati non esistono più. In primis quei bizantinismi che avevano dato sostanza a formule ormai passate alla storia, come i grandi dubbi tattici se votare contro, astenersi o uscire dall’aula, o come le “convergenze parallele”, la “non opposizione”, la “politica dei due forni”. Per capirci, quest’ultima espressione una volta aveva senso perché alcuni equilibristi della politica erano talmente bravi nelle loro prestidigitazioni da passare da una parte all’altra senza conseguenze. I politici di oggi, tra i due forni riuscirebbero soltanto a incenerirsi.
Ognuno deve riprendere ad assumere con responsabilità posizioni chiare, nelle quali si possa davvero credere. Tenendo sempre presente che dalla situazione economica attuale non si potrà mai uscire senza accettare dei sacrifici. E che i sacrifici non saranno mai accettabili se non saranno assimilati e condivisi alcuni valori umani e sociali: proprio quelli che sono stati alla base della rinascita democratica, sociale ed economica di quell’Italia povera, battuta e disprezzata che era uscita dalla tragedia del fascismo e della guerra nella quale dal fascismo era stata trascinata.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
mercoledì 7 agosto 2019
Elogio del pessimismo
È quasi come
veder crescere un bambino standogli accanto ogni giorno, o quasi:
nessuno ne annota quotidianamente la crescita in altezza di una frazione
di millimetro, o l’aumento di peso di un paio di grammi. Però, a un
certo punto, ci si rende conto che qualcosa è profondamente cambiato e
non soltanto nelle dimensioni del piccolo, ma anche nelle sue capacità:
comincia a distinguere i numeri e le lettere e a compitare le prime
sillabe. E allora ci si accorge che la sommatoria di piccoli mutamenti
inevitabilmente porta a cambiamenti profondi.
La stessa cosa sta accadendo con la situazione sociale, politica ed economica in Italia. Solo che se si guarda ai cambiamenti di mese in mese, l’osservazione non porta gioia, bensì sgomento.
Chi, soltanto qualche mese fa, per esempio, avrebbe potuto pensare che la sindaca di Monfalcone, la leghista Anna Maria Cisint, sia pure dopo aver fissato un tetto di presenze di bambini stranieri per classe nella scuola materna e dopo avere eliminato dalla biblioteca comunale i quotidiani “Il Manifesto” e “Avvenire”, potesse arrivare al punto di istituire un «punto di ascolto riservato» – in pratica una buca per delazioni anonime, con tutto quel che ne consegue – per denunciare gli insegnanti di sinistra che «con le loro ideologie, avvelenano i giovani, osteggiando apertamente le scelte democratiche che gli italiani stanno manifestando verso gli amministratori della Lega»?
Chi avrebbe potuto immaginare che una sezione della Lega, in un comunicato, attribuisse la strage di Bologna alle Brigate Rosse, mentre c’è una sentenza definitiva che ne ascrive la responsabilità alla destra eversiva e segnatamente a Mambro e Fioravanti? E che poi, davanti alle proteste per l’ennesima delle fake-news, si limitasse a dire che si può sbagliare, ma guardandosi bene dal ricordare che la responsabilità di tutti quei morti va attribuita, appunto, alla destra e non a quella sinistra terrorista che di morti ne ha tanti altri – ma altri – sulla coscienza.
Chi avrebbe ipotizzato che la parte leghista del governo, con il solito timoroso assenso di Di Maio e dei suoi più privi di autonomia di pensiero, fosse tanto desiderosa di mettere le mani sul mondo dello sport italiano e sui soldi del CONI da ignorare gli avvertimenti del CIO che da sempre pretende l’autonomia dello sport dalla politica e che adesso minaccia esplicitamente l’esclusione dell’Italia dalle Olimpiadi di Tokyo e l’annullamento della scelta di Milano e Cortina come sede per i futuri Giochi invernali?
Chi, soprattutto tra coloro che hanno avuto l’idea di votare 5stelle, avrebbe mai pensato di vedere il proprio partito preferito praticamente comandato da Salvini, quel ministro degli Inferni che travalica largamente gli ambiti istituzionalmente assegnatigli e che ottiene quello che vuole semplicemente ricordando a Di Maio e ai suoi senatori e deputati che quando questo governo cadrà e si tornerà alle urne, saranno in molti, e in primis il cosiddetto “capo politico” della Casaleggio Associati, a restare fuori dalle Camere e a dover cercare un nuovo sistema di sostentamento perché resteranno esclusi per il limite del doppio mandato, ma soprattutto per il crollo verticale del loro gradimento nei tanti che si erano illusi e che ora sono schifati e incattiviti?
Chi avrebbe mai immaginato che il ministro degli Inferni non avesse neppure preso in considerazione quello che è scritto in diversi articoli della nostra Costituzione prima di stilare quello che beffardamente è chiamato “Decreto Sicurezza bis” che è stato approvato chiedendo la fiducia a tanti grillini e darà tanto lavoro alla Consulta?
Chi poteva pensare che a tutt’oggi la teorica sinistra italiana potesse essere ancora più preoccupata delle lotte di potere intestine piuttosto che della necessità di formare nuovamente uno o più partiti che possano ridare fiducia agli elettori, magari preparando programmi seri e non vuoti slogan di velleitaria propaganda?
Potrei andare avanti a lungo con altre domande su questo tono, ma queste mi appaiono già sufficienti per mettere in luce il punto fondamentale: distrarsi, o rassegnarsi, è vietato anche per un solo giorno. È sbagliato starsene in silenzio, o senza scrivere, perché – si pensa – tanto si finisce per dire sempre le stesse cose, o in quanto si ritiene che comunque non si potrà influire sulla possibilità di accelerare almeno un po’ la fine di questa maledetta notte che stiamo attraversando. Saranno vere entrambe le motivazioni, ma il silenzio è comunque sbagliato, sia perché non si pungola gli altri, sia in quanto si perde la propria dignità. Me ne scuso.
Non è accettabile il rassegnarsi al fatto che ormai il bordo del burrone sia talmente vicino che la caduta appare quasi inevitabile, solo perché non si è ritenuto di opporsi ogni giorno, ma solo una volta ogni tanto. E non è neanche più lecito nascondere la realtà dietro le parole. È vero: in Italia non c’è il nazismo, ma, come allora in quel partito, oggi ci sono tantissimi italiani disumani. È vero: in Italia non c’è il fascismo, ma, come allora in quel partito, oggi ci sono tantissimi italiani che sentono la democrazia come un fastidio da limitare, se non da eliminare. È vero: in Italia non c’è nessuno che vada in giro con il cappuccio del Ku Klux Klan, ma oggi ci sono tantissimi italiani che neppure più si sognano di nascondere il loro razzismo.
E a questo punto l’unica possibile ancora di salvezza è il pessimismo, quel sentimento che ci fa temere sempre quel peggio che poi quasi sempre avviene e che ci sprona a fare qualcosa per resistere e per sovvertire quello che non è un destino ineluttabile. Ogni giorno e non solo di tanto in tanto.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
La stessa cosa sta accadendo con la situazione sociale, politica ed economica in Italia. Solo che se si guarda ai cambiamenti di mese in mese, l’osservazione non porta gioia, bensì sgomento.
Chi, soltanto qualche mese fa, per esempio, avrebbe potuto pensare che la sindaca di Monfalcone, la leghista Anna Maria Cisint, sia pure dopo aver fissato un tetto di presenze di bambini stranieri per classe nella scuola materna e dopo avere eliminato dalla biblioteca comunale i quotidiani “Il Manifesto” e “Avvenire”, potesse arrivare al punto di istituire un «punto di ascolto riservato» – in pratica una buca per delazioni anonime, con tutto quel che ne consegue – per denunciare gli insegnanti di sinistra che «con le loro ideologie, avvelenano i giovani, osteggiando apertamente le scelte democratiche che gli italiani stanno manifestando verso gli amministratori della Lega»?
Chi avrebbe potuto immaginare che una sezione della Lega, in un comunicato, attribuisse la strage di Bologna alle Brigate Rosse, mentre c’è una sentenza definitiva che ne ascrive la responsabilità alla destra eversiva e segnatamente a Mambro e Fioravanti? E che poi, davanti alle proteste per l’ennesima delle fake-news, si limitasse a dire che si può sbagliare, ma guardandosi bene dal ricordare che la responsabilità di tutti quei morti va attribuita, appunto, alla destra e non a quella sinistra terrorista che di morti ne ha tanti altri – ma altri – sulla coscienza.
Chi avrebbe ipotizzato che la parte leghista del governo, con il solito timoroso assenso di Di Maio e dei suoi più privi di autonomia di pensiero, fosse tanto desiderosa di mettere le mani sul mondo dello sport italiano e sui soldi del CONI da ignorare gli avvertimenti del CIO che da sempre pretende l’autonomia dello sport dalla politica e che adesso minaccia esplicitamente l’esclusione dell’Italia dalle Olimpiadi di Tokyo e l’annullamento della scelta di Milano e Cortina come sede per i futuri Giochi invernali?
Chi, soprattutto tra coloro che hanno avuto l’idea di votare 5stelle, avrebbe mai pensato di vedere il proprio partito preferito praticamente comandato da Salvini, quel ministro degli Inferni che travalica largamente gli ambiti istituzionalmente assegnatigli e che ottiene quello che vuole semplicemente ricordando a Di Maio e ai suoi senatori e deputati che quando questo governo cadrà e si tornerà alle urne, saranno in molti, e in primis il cosiddetto “capo politico” della Casaleggio Associati, a restare fuori dalle Camere e a dover cercare un nuovo sistema di sostentamento perché resteranno esclusi per il limite del doppio mandato, ma soprattutto per il crollo verticale del loro gradimento nei tanti che si erano illusi e che ora sono schifati e incattiviti?
Chi avrebbe mai immaginato che il ministro degli Inferni non avesse neppure preso in considerazione quello che è scritto in diversi articoli della nostra Costituzione prima di stilare quello che beffardamente è chiamato “Decreto Sicurezza bis” che è stato approvato chiedendo la fiducia a tanti grillini e darà tanto lavoro alla Consulta?
Chi poteva pensare che a tutt’oggi la teorica sinistra italiana potesse essere ancora più preoccupata delle lotte di potere intestine piuttosto che della necessità di formare nuovamente uno o più partiti che possano ridare fiducia agli elettori, magari preparando programmi seri e non vuoti slogan di velleitaria propaganda?
Potrei andare avanti a lungo con altre domande su questo tono, ma queste mi appaiono già sufficienti per mettere in luce il punto fondamentale: distrarsi, o rassegnarsi, è vietato anche per un solo giorno. È sbagliato starsene in silenzio, o senza scrivere, perché – si pensa – tanto si finisce per dire sempre le stesse cose, o in quanto si ritiene che comunque non si potrà influire sulla possibilità di accelerare almeno un po’ la fine di questa maledetta notte che stiamo attraversando. Saranno vere entrambe le motivazioni, ma il silenzio è comunque sbagliato, sia perché non si pungola gli altri, sia in quanto si perde la propria dignità. Me ne scuso.
Non è accettabile il rassegnarsi al fatto che ormai il bordo del burrone sia talmente vicino che la caduta appare quasi inevitabile, solo perché non si è ritenuto di opporsi ogni giorno, ma solo una volta ogni tanto. E non è neanche più lecito nascondere la realtà dietro le parole. È vero: in Italia non c’è il nazismo, ma, come allora in quel partito, oggi ci sono tantissimi italiani disumani. È vero: in Italia non c’è il fascismo, ma, come allora in quel partito, oggi ci sono tantissimi italiani che sentono la democrazia come un fastidio da limitare, se non da eliminare. È vero: in Italia non c’è nessuno che vada in giro con il cappuccio del Ku Klux Klan, ma oggi ci sono tantissimi italiani che neppure più si sognano di nascondere il loro razzismo.
E a questo punto l’unica possibile ancora di salvezza è il pessimismo, quel sentimento che ci fa temere sempre quel peggio che poi quasi sempre avviene e che ci sprona a fare qualcosa per resistere e per sovvertire quello che non è un destino ineluttabile. Ogni giorno e non solo di tanto in tanto.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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