Io, come credo
tutti, sono un impasto di certezze e di dubbi. In campo sociale e
politico, per esempio, sono assolutamente certo del valore della
solidarietà, della fratellanza, della giustizia, della progressività
della tassazione, dell’importanza del lavoro non soltanto come fonte di
sostentamento, ma soprattutto come base della dignità umana. E potrei
andare avanti nell’elencazione, ma è molto meglio rimandare a quanto è
fissato nella Costituzione e quello che di umano è sollecitato dai
Vangeli, due testi che per larga parte si sovrappongono.
Non ho alcuna certezza, invece,
quando, a livello politico più che sociale, mi trovo a fare i conti con
ipotesi di strategie, o, ancor peggio e molto più frequentemente di
tattiche legate alle contingenze a breve termine. Prendiamo, per
esempio, la crisi che Salvini vorrebbe proclamare da solo, con una
specie di anticipazione di “pieni poteri”, ma la cui realizzazione, in
realtà, spetta soltanto al Parlamento e al Presidente della Repubblica.
Ebbene, da una parte c’è Salvini che
vuole andare al voto subito per evidenti motivi di sfruttamento di
sondaggi che dicono di essergli favorevoli. E, accanto a lui, ci sono la
Meloni che si sente molto vicina all’ancora ministro degli Inferni;
Berlusconi che si illude di trascinare tuttora i conservatori verso una
destra moderata che non c’è più, visto che ha scelto come bandiere il
razzismo e il rifiuto di molte delle regole democratiche e della
solidarietà; il PD di Zingaretti che vede queste elezioni come un
passaggio fondamentale per tentare di far riapparire quel partito come
punto gravitazionale capace di attrarre, almeno temporaneamente, tutti
coloro che hanno scelto di fare Resistenza alle bramosie da “pieni
poteri” di quel Salvini che fa finta di sapere poco o nulla di storia,
ma che con le citazioni di Mussolini ha un’estrema familiarità.
Dall’altra parte ci sono Grillo e
Renzi. Ebbene, fate pure la tara su quello che sto per scrivere perché è
noto a tutti che non provo la minima simpatia per nessuno dei due. E,
ovviamente, non nutro alcuna fiducia in loro. Però alcune considerazioni
mi sembrano incontrovertibili.
È casuale che entrambi, che fino a
pochi giorni fa definivano l’altro come la feccia dell’umanità, tutt’a
un tratto possano pensare di allearsi, sia pure a termine? Ed è casuale
che entrambi si trovino repentinamente di fronte a grossi problemi di
numeri in Parlamento?
Grillo rischia di vedere più che
dimezzata la sua pattuglia di deputati e senatori, non tanto per
l’(in)flessibile regola del doppio mandato (che però appare, già, come
tante altre, cestinata), quanto perché la maggior parte di coloro che
hanno riposto la propria fiducia nei 5stelle, oggi se ne sono pentiti
amaramente.
Renzi, invece, sa benissimo che,
visto che la scelta delle candidature è fatta dalla segreteria politica e
che lui segretario non lo è più, sicuramente non continuerebbe ad avere
in mano la maggioranza nei gruppi parlamentari del PD, circostanza che
oggi gli permette, pur essendo minoranza nel partito, di imporne, o
proibirne, molte scelte.
È casuale che a entrambi sfugga il
non trascurabile particolare che, se un governo patchwork dovesse uscire
da questa crisi per salvare la situazione economica, si assumerebbe
l’intera responsabilità di una finanziaria davvero fatta di lacrime e
sangue, rendendo facilissima la campagna elettorale di un Salvini che
non farebbe la minima fatica a sollecitare le insoddisfazioni e i
rancori degli italiani più tartassati, tanto da puntare davvero a
ottenere qui i “pieni poteri” che ricordano tanto gli anni Venti?
O, forse, è soltanto la speranza che
un po’ di tempo guadagnato potrebbe dare spazio a Di Maio per tentare
di non dover andare a cercarsi un lavoro, magari sbandierando ancora
quel vessillo della riduzione dei parlamentari che, a mio parere,
corrisponde a una riduzione di democrazia. E che a Renzi lascerebbe
campo per cambiare gli equilibri interni di un partito che è in una
continua ebollizione che scotta soltanto iscritti e simpatizzanti; mai
gli avversari.
Del resto, se si dovesse andare alla
urne a ottobre, magari finalmente la sinistra sarebbe obbligata a
parlare di nuovo da sinistra (la destra già da anni parla da destra) e a
fare discorsi chiari, privi di bizantinismi e di frasi aperte a
qualsiasi interpretazione. E forse riuscirebbe a far comprendere anche a
coloro che non vogliono più andare a votare, che questa maledetta notte
è ancora assolutamente oscura e che la situazione è diventata talmente
grave per la democrazia, che c’è bisogno di tutti e che per tutti è
diventato un dovere tornare a scegliere, a prendere parte, a diventare
partigiani, appunto.
Forse riuscirebbe a porre le basi
per ricostituire quel Comitato di Liberazione Nazionale che è stato
fondamentale dal 1943 alla nascita della Repubblica e che sarebbe
altrettanto fondamentale adesso, da oggi a un’auspicabile rinascita
della Repubblica.
A ripensarsi, le non certezze esistono, ma non sono mica tante.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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