Il
trucco è vecchio come il mondo: se si vuole far digerire qualcosa di
sgradevole a qualcuno, basta convincerlo che l’alternativa sarebbe
ancora peggiore. L’unico problema è quello di trovare uno specchietto
per le allodole talmente potente da distrarre il malcapitato e non
fargli vedere la trappola in cui si sta cacciando.
Posso anche sbagliare, ma vorrei
attirare l’attenzione sul fatto che l’autocandidatura di Berlusconi alla
Presidenza della Repubblica è stata talmente assurda, incredibile e
irricevibile che quasi tutti, all’inizio, hanno pensato a uno scherzo, o
a uno stravagante parto dell’accoppiamento di un ego straripante con
una senilità non sempre lucida.
A stupire, ma non troppo, sono
stati poi i pur tiepidi appoggi iniziali di Meloni, Salvini e compagnia.
D’altro canto – si pensava – è soltanto lui quello disposto a mettere
in campo quantità colossali di denaro utili anche e soprattutto ad
accattivarsi i favori di chi doveva essere convinto a votare per un
personaggio già condannato per reati gravi e comunque esempio preclaro
di divisività per un posto per il quale si richiedono etica, onestà e
capacità di rappresentare tutti.
A preoccupare un po’ sono state le
successive, e pur sempre tiepide, conferme di appoggio. Ma a
impensierire davvero stanno arrivando le proposte di alternative che non
credo possano essere interpretate in maniera diversa da un: «Noi non
insistiamo su Berlusconi, ma è ovvio che il centrodestra, a questo
punto, merita una compensazione». E poi, via con i nomi di possibili
alternative. Senza mai abbandonare, comunque, il trucchetto iniziale.
Ragioniamoci sopra. Perché
dovrebbe esserci una compensazione, al di là del fatto che con chi ha lo
stomaco di pensare a Berlusconi come Presidente della Repubblica è già
difficile confrontarsi? Non certo perché la doverosa rinuncia a
Berlusconi possa diventare un titolo di merito. Forse perché hanno i
voti per eleggere uno dei loro? Certamente no, in quanto una maggioranza
virtuale (già smentita alle ultime elezioni amministrative) la possono
vantare soltanto nei sondaggi, mentre tra i grandi elettori sono ancora
in minoranza.
Forse per un’alternanza di cui non
si trova giustificazione né giuridica, né logica? Certamente no, anche
perché lasciare la difesa della Costituzione per sette anni in mano a
coloro che hanno sempre dichiarato il loro desiderio di cambiarla
profondamente appare come una specie di suicidio per chi ricorda che
questa Costituzione è nata dalla Resistenza e che ha come primo
fondamento l’impegno a difendere una democrazia che è sempre più in
pericolo anche per il diffuso disinteresse dei cittadini; un
disinteresse che ricorda da vicino quello degli Anni Venti del secolo
scorso.
E, allora, praticando il vecchio
trucco, ecco che cominciano i nomi alternativi. Si comincia con Letizia
Moratti: è sicuramente una donna, ma si può dimenticare che è stata
indubbiamente il peggior ministro dell’Istruzione che la storia
repubblicana ricordi e che recentemente ha dato ampia prova della sua
inadeguatezza anche come assessore regionale al Welfare della Lombardia.
Non va la Moratti, i cui errori
sono troppo recenti per poter essere dimenticati? Nessun problema: si
manda avanti Giulio Tremonti che i suoi misfatti li ha compiuti un po’
di anni prima. Ma si può perdonare che è stato lui a dire che «con la
cultura non si mangia»? E si può forse dimenticare che nel 2003, a
Lorenzago, con Andrea Pastore (Fi), Francesco D’Onofrio (Udc), Roberto
Calderoli (Lega), Domenico Nania (An) ha operato per «scrivere un testo –
aveva detto – che sia la sostituzione integrale della seconda parte
della Costituzione, dall’articolo 55 al 138».
Poi vanno ancora più nelle nebbie
fino a Marcello Pera che, però, difficilmente può sperare che ci si
dimentichi di come ha preso per i fondelli gli italiani inventando
l’assurda e utilitaristica locuzione di «atei devoti». E ancora più
lontano si potrebbe arrivare, alla fine, con la riesumazione di
Pierferdinando Casini, l’inventore della “politica dei due forni” che
servivano soltanto per cucinare il pane solo per lui, sempre stato di
destra, che, con questa scusa, poteva donare alcune trascurabili
briciole per farsi accettare anche dal centrosinistra.
Siamo sicuri che siano scelte
alternative a Berlusconi? Siamo certi che un centrodestra che non è
riuscito neppure a candidare un sindaco decente, sia in grado di
indicare un presidente della Repubblica eticamente valido e capace di
diventare super partes? Io davvero non ci credo.
Dicono: ma se il centrosinistra
possiede qualche nome con queste caratteristiche, perché non lo indica?
Bella domanda. Perché qualche nome, da Rosi Bindi in giù, il
centrosinistra potrebbe farlo benissimo, ma forse ha paura di far
impallinare il possibile candidato dall’infido Renzi e da qualche altro
che, insieme, sette anni fa si sono imperdonabilmente allenati con
successo abbattendo la candidatura di Prodi.
Personalmente sono convinto che
almeno un nome andrebbe fatto, sia perché altrimenti si è
psicologicamente succubi degli altri, sia in quanto di strategie e
tattiche si può morire, anche se si è bravi a progettarle. Figuriamoci
con il centrosinistra di oggi.
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