lunedì 23 maggio 2022

La dannazione della memoria

FontaRiccardi La scelta è limitata: o si tratta di scarsa conoscenza dell’argomento di cui vuole parlare, o di incapacità di coordinare dati e fatti di cui tutti sono a conoscenza, oppure di malafede. Per una persona che ha nel suo curriculum può vantare cariche di sindaco, di presidente della provincia e di presidente della regione, di deputato e di senatore, le prime due ipotesi appaiono francamente improbabili.

Eppure Pietro Fontanini riesce a dirlo con consumata abilità nel mantenere una faccia imperturbabile mentre afferma che la crisi della sanità, non più negabile nemmeno da parte di chi finora ha fatto finta di non vederla, dipende dalla miopia politica e dagli errori dei rettori dell’Università di Udine Furio Honsell, Cristiana Compagno e Alberto Felice De Toni.

Al di là del fatto che circoscrivere la crisi generale della sanità italiana alla sola realtà di Udine puzza di interesse privato lontano un miglio, è impossibile pensare che Fontanini non sappia che la carenza di personale medico e infermieristico non è causata da decisioni dell’ateneo, ma dai numeri imposti, sia nella definizione dei numeri chiusi per le facoltà, sia nella quantità di personale da assumere nei vari ospedali da decisioni che derivano dal governo e dalle giunte regionali.

E, allora, è possibile non domandarsi come mai il sindaco di Udine, che finalmente esce allo scoperto denunciando i guasti di una sanità impoverita dalla politica, sia rimasto finora assolutamente zitto, mentre i partiti a cui egli stesso fa riferimento, sia a livello regionale, sia a livello nazionale, continuano a sfornare ipotesi di lavoro politico che privilegiano la sanità privata rispetto a quella pubblica? E come si fa a non chiedersi come la sua intemerata caccia a coloro che hanno ridotto così la sanità, non sia partita quando si è cominciato a parlare di “aziende” sanitarie, lasciando chiaramente intendere che, come ogni altra azienda che si rispetti, anche gli ospedali devono produrre utili? E chissà quale impedimento non ci ha permesso di sentire le sue obiezioni quando si è deciso che i direttori sanitari sarebbero stato premiati non in base a qualche parametro di efficacia delle cure, ma soltanto in base alle colonne dei numeri del dare e avere dei bilanci ospedalieri?

Il fatto è che il prossimo anno a Udine si vota per il consiglio comunale ed è buona norma cominciare la propria campagna elettorale con buon anticipo. Ma ha senso cominciare in una maniera tanto sgangherata?

Teoricamente non lo si dovrebbe fare, ma ormai due delle basi sulle quali si poggia una propaganda elettorale sono la distrazione e la scarsa memoria degli elettori.

Per quanto riguarda la distrazione, si può leggere soltanto il titolo di giornale con le accuse senza poi leggere l’articolo che segue e che contiene le risposte degli accusati.

La scarsa memoria, poi, può giocare su due campi: per primo, il fatto che molti non si ricordano quello che è stato detto, o è stato fatto – e da chi – nei mesi e negli anni precedenti; per secondo, la realtà che delle inconsistenti sparate odierne di Fontanini tra una decina di mesi non si ricorderà più nessuno, anche se resterà viva, in chi segue gli avvenimenti con un po’ di distrazione, la sensazione che quel sindaco che si ricandida un giorno aveva attaccato qualcuno su qualcosa che riguardava la salute dei cittadini. Era un attacco giusto? Gli accusati hanno saputo difendersi? Chi se lo ricorda. E sicuramente sarà stata una pura combinazione il fatto che lui attacchi tre rettori, per due dei quali a sinistra in questi tempi si sta discutendo se proporre loro una candidatura a sindaco.

Non c’è niente da fare: continuiamo a dare la colpa delle nostre disgrazie a chi ci governa o ci amministra e non indichiamo mai i veri colpevoli che siamo noi, troppo spesso incapaci di ricordare e, quindi, di scegliere.

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lunedì 16 maggio 2022

Ricordando don Pierluigi

Di Piazza Anche nel suo ultimo atto don Pierluigi Di Piazza è rimasto coerente con il modo in cui ha sempre vissuto: restio ad apparire, fino a quando la sua presenza non appariva necessaria per la comunità di cui faceva parte, o fino al momento in cui diventava, invece, una testimonianza utile per sostenere i suoi principi, le realtà in cui credeva, per dare concretezza a quelle parole che erano sempre inestricabilmente connesse a quelle che amava definire le sue bussole etiche: i Vangeli, nel campo della fede, e la Costituzione italiana, in quello laico. Senza mai separarle troppo, perché, in definitiva, indicano lo stesso punto cardinale.
Se n’è andato così: tenendo nascosta la malattia che lo ha aggredito inaspettatamente e decidendosi a farla vedere agli altri soltanto quando, il 23 aprile, in occasione dei trent’anni della morte di padre Ernesto Balducci, cui è intitolato il Centro di accoglienza e promozione culturale di Zugliano, non se l’è sentita di essere assente al convegno che da tempo aveva organizzato con la presenza di Vito Mancuso. E poi, a quel punto, pur provatissimo, ha voluto celebrare le due successive messe domenicali a Zugliano.

Del resto i nomi di Pierluigi Di Piazza e del Centro Balducci sono inestricabilmente uniti dal febbraio 1989, da quando, cioè, il parroco da poco arrivato a Zugliano aveva deciso di aprire una parte della sua abitazione agli esuli che avevano bisogno di un tetto, ragionando su questa decisione con i suoi parrocchiani e trovando in loro sostegno e partecipazione decisivi per lo sviluppo del centro stesso che poi è sempre più cresciuto fino ad arrivare alle dimensioni odierne, capaci di accogliere una cinquantina di persone.

Una svolta di estrema importanza si è verificata quando don Pierluigi ha percepito e sostenuto con forza l’idea che la solidarietà senza crescita culturale del tessuto sociale in cui è praticata è destinata ad appassire in breve. Da quel momento ha cominciato a offrire in chiesa, dapprima ai parrocchiani e poi a tantissimi che arrivavano anche da lontano, una serie di interventi culturali, dibattiti, presentazioni di libri con il dichiarato intento di far discutere e ragionare e con la convinzione che la laicità di cui erano intrisi i suoi appuntamenti, pur se non sempre vista con piacere dalla religione, non era assolutamente di intralcio alla fede; anzi.

Ed è su questa strada che le iniziative sono cresciute e si sono moltiplicate fino a ottenere l’ospitalità dell’auditorium di Pozzuolo e, infine, trovare sede fissa nella nuova struttura del Centro Balducci, ma anche arrivando ogni anno a riempire il teatro Giovanni da Udine nella serata inaugurale del convegno di settembre che ha fatto arrivare in Friuli un’infinita serie di personalità di primo piano nel campo del pensiero, dando vita a giornate di straordinaria intensità spirituale, culturale e sociale, che hanno attratto tantissime persone, anche se non erano abituali frequentatori delle chiese, ma che sentivano comunque che in quei luoghi, in quelle occasioni, si stava cercando il bene nel senso più vero del termine. E che la ricerca del bene – che arrivi da Dio, ma sempre con il tramite dagli uomini – non può non essere la più alta missione di ogni essere umano su questa terra.

Questa sensazione di impegno e di utilità e la sua umanità sono state talmente forti che praticamente tutti coloro che sono arrivati una volta a contatto con don Pierluigi poi sono tornati; e non certamente per guadagno, tanto che molti di loro hanno rifiutato anche il rimborso spese per il viaggio. E questa tensione etica è stata trasfusa da don Pierluigi pure in altre iniziative, come la “Lettera di Natale” che ogni anno un gruppo di sacerdoti scrive e rende pubblica per affrontare con fede e apertura i maggiori problemi e dilemmi che l’anno appena trascorso porta in primo piano e che quello che sta per cominciare riceve in pesante eredità. Ma la stessa tensione appariva anche nei profondi commenti ai Vangeli che ormai da circa vent’anni appaiono settimanalmente sulle pagine di questo giornale.

Ora don Pierluigi non c’è più e dire che per il Centro Balducci nulla sarà come prima non è una frase fatta, ma una incontrovertibile verità, anche se lui ha fatto tutto il possibile per fare in modo che quella sua creatura riesca ad andare avanti con le proprie gambe e con l’impegno dei volontari, delle suore, dei tanti amici. Ma nulla sarà come prima nemmeno per i suoi parrocchiani e tantissimi che nelle sue parole trovavano conforto e spunti per ragionare, per discutere, per crescere, seguendo comunque una strada maestra costituita dai Vangeli, che non necessariamente deve essere religiosa, ma comunque non può non essere aperta ai confronti sulle nuove realtà che il passare del tempo ci mette davanti e sulle quali non ci è consentito di esimerci dal ragionare puntando al bene dell’umanità e soprattutto degli ultimi, dei più deboli, di coloro che sono cacciati da altri.

Don Pierluigi se n’è andato, ma il suo insegnamento resta ancora qui, assolutamente legato a tutti noi.

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