giovedì 21 novembre 2019

Da Biella a Udine

La vicenda di Biella segna un punto importante perché dimostra che Salvini ormai si rende conto che la Lega ha praticamente concluso la sua spinta propulsiva e ora si trova in forte imbarazzo. Se continua a scavare a caccia di voti negli abissi della destra estrema, non riuscirà mai ad arrivare al tanto desiderato “potere assoluto” perché una buona parte di quelli che una volta amavano farsi chiamare “di destra moderata” preferiscono lasciarlo e passare con chi alla destra moderata è davvero molto vicino, come Renzi. Se, invece, tenta di fare l’uomo serio per recuperare voti al centro, altro non fa che perdere tutta quella fetta di razzisti e fascisti che preferiscono tornare a casa sotto le insegne della Meloni.

La storia di Biella è presto detta. In consiglio comunale viene portata la proposta di conferire la cittadinanza onoraria a Liliana Segre. Il sindaco Claudio Corradino, leghista, sceglie, come il suo partito al Senato, di non alzarsi in piedi come segno di rispetto per la senatrice a vita e decide, come tanti altri sindaci leghisti, di negare l’onorificenza, ma, preso dalla voglia di strafare, propone e ottiene di dare invece la cittadinanza onoraria a Ezio Greggio, un comico che ha sempre lavorato per la berlusconiana Mediaset. Mal gliene incoglie perché Ezio Greggio rifiuta la cittadinanza dicendo: «Lo faccio per coerenza con i miei valori. Anche mio padre è stato in campo di concentramento nazista». Il sindaco dapprima risponde secondo sua natura: «È una strumentalizzazione, politicamente costruita ad arte e di proposito», dimenticando che tutto era nato da scelte sue. Poche ore dopo, evidentemente consigliato caldamente da chi sente il terreno diventargli scivoloso sotto i piedi, anche perché c’è molta gente che comincia a reagire esplicitamente alle sue quotidiane angherie, in una trasmissione, anch’essa rigorosamente Mediaset, compie un’inversione a U: «Io sono stato un cretino, lo ammetto, e chiedo scusa alla Segre e a Greggio». Un’autodefinizione ineccepibile, se non forse per la scelta del passato come tempo verbale.

La domanda che ne discende appare inevitabile: chissà come si sente Fontanini, sindaco di Udine, dopo aver dapprima concesso e poi negato l’uso di Sala Ajace per un convegno pubblico da organizzare il 7 dicembre, dalle 15.30 alle 19.30, sul tema del fine vita «con – specifica la richiesta – particolari distinguo tra le dichiarazioni anticipate di trattamento (regolate da legge in Italia) e altre forme (non legali in Italia) quali il suicidio assistito e l’eutanasia»? Soprattutto, dopo aver motivato per iscritto il cambio di decisione perché «per alcuni argomenti trattati si ipotizzano forme non legali in Italia» e aver spiegato così la sua decisione: «Chiaramente come sindaco non posso permettere che spazi comunali ospitino eventi di propaganda di cose illegali». Propaganda? Quando esplicitamente di parla di «distinguo» tra pratiche legali e altre non legali? Infatti Beppino Englaro definisce la sua risposta «parole incomprensibili». E, a voler essere precisi, il professor Fontanini (scusate, ma chiamarlo sindaco è ineccepibile, ma farlo più volte nel medesimo scritto mi riesce difficile), pensa forse che mai nessuna legge attuale potrà essere cambiata perché non è possibile discutere su realtà che in quel momento legge non sono?

Ieri sono nate le sardine Friuli Venezia Giulia e in una giornata hanno raccolto circa novemila adesioni. Sono già cominciate – ecco la prova che sono davvero di sinistra – le discussioni su dove fissare la prima manifestazione tra Trieste e Udine con proposte di mediazione tra Gorizia, Monfalcone e Palmanova e su quale spirito dare a questa iniziativa perché – dicono alcuni – non si può manifestare “contro”, ma si deve “farlo a favore”.

A me non interessa la simbologia del posto, mentre mi appare importante il collegamento con la cronaca e l’attualità, per cui, a prescindere da tutto quello che potrà e dovrà accadere prima in qualsiasi parte della regione, Pordenone, Tolmezzo e altre località comprese, propongo che il 7 dicembre, dalle 15.30 alle 19.30, ci si riunisca sotto la loggia del Lionello, o, a voler essere rigorosi, in piazza della Libertà (anche il nome è importante) a Udine per parlare degli argomenti che Fontanini vorrebbe far tacere per evitare, come ha assurdamente detto lui in campagna elettorale, che Udine passi come «la città in cui si viene a morire». Ma, se non per discutere per quattro ore all’aperto nel freddo di dicembre, sicuramente per dimostrare che non sarà né un leghista, né la Lega, né tutta la destra unita, a poter togliere ai cittadini italiani il diritto di pensare, di parlare e di ascoltare.

Per quanto riguarda il secondo dubbio, vorrei ricordare che non si manifesta mai soltanto “contro”, ma sempre si scende in piazza soltanto se si ha un sogno, se si è “a favore” di qualcosa. Perché, per capirci, chi è contro la stupidità è sicuramente a favore del pensiero; chi manifesta contro il fascismo è a favore della libertà, della democrazia, della solidarietà e dell’umanità. E già questo mi appare come un programma a lunga scadenza e tanto luminoso da cancellare le ombre che sono immancabilmente gettate da stupidi distinguo campanilistici, o settari che sono stati sempre una delle migliori armi che sono state regalate alle destre.

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sabato 2 novembre 2019

L’arco anticostituzionale

I meno giovani ricordano sicuramente la definizione “arco costituzionale” che una volta serviva a identificare quel gruppo di partiti che, con il loro nome o con quello che poi avevano modernizzato, avevano partecipato alla stesura del Costituzione; da sinistra a destra: PCI, PSI, PSDI, PRI, DC, PLI. Gli unici esclusi erano, per ovvie ragioni, i post(?)fascisti del MSI e i monarchici del PNM.

Oggi questa definizione ha perduto ogni significato, visto che il più vecchio dei partiti italiani in attività è quella Lega che fino a tutti gli anni Settanta non esisteva neppure nei peggiori incubi della stragrande maggioranza degli italiani.

Ma se la dizione “arco costituzionale” non ha alcun senso, la stessa cosa non si può dire per la una definizione mai finora usata, ma assolutamente complementare: quella di “arco anticostituzionale”. Se, infatti, nessun partito italiano può ancora vantare radici che affondino nel ricchissimo e fertilissimo humus democratico dal quale sono germogliate la nostra Costituzione e la nostra Repubblica, almeno tre ne sono indubbiamente lontanissimi: la Lega e Fratelli d’Italia, impegnati in una vigorosa battaglia per far vedere chi è più a destra, e Forza Italia nel quale non pochi forti malumori interni fanno capire che la posizione berlusconiana è di comodo politico, ma non per questo è meno schifosa.

Questi tre partiti, infatti, si sono astenuti nel voto al Senato sulla proposta di Liliana Segre per l’istituzione di una “Commissione straordinaria per il contrasto ai fenomeni dell’intolleranza, dell’antisemitismo e dell’istigazione all’odio e alla violenza”. E, quando i senatori si sono alzati in piedi per omaggiare con un applauso la senatrice a vita, quelli del centrodestra sono rimasti seduti, senza applaudire. Poi hanno detto: «Non abbiamo mica votato contro: semplicemente non abbiamo appoggiato una mozione che aveva soprattutto lo scopo di criminalizzare la destra».

E, allora, due considerazioni. La prima: se temono di essere criminalizzati per intolleranza, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza, non sarà forse perché sanno di essere bellamente esposti a questo rischio in quanto per una parte non trascurabile negano la realtà, o sono perfino intolleranti, antisemiti e istigano all’odio e alla violenza se non addirittura li praticano?

Seconda considerazione: visto il regolamento del Senato, i seguaci di Salvini, Meloni e Berlusconi non si sono affatto astenuti, ma – come sempre si è ripetuto, ma questa volta si è tralasciato – hanno effettivamente votato contro perché al Senato l’astensione equivale a un voto negativo. Se alla Camera, infatti, gli astenuti riducono il quorum, al Senato, invece, il quorum, anche se alcuni senatori decidono di partecipare al voto con una astensione, resta invariato. Con il risultato che la battaglia alla Camera è un confronto tra i sì e i no; mentre al Senato la maggioranza si raggiunge superando di almeno un voto la metà di coloro che sono presenti in Aula al momento della votazione.

Ancora dubbi sull’effettiva volontà di riabilitare intolleranza, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza, in una parola, fascismo? Allora, per maggiore chiarezza, tenete presente anche quello che è avvenuto durante la trasmissione di La7 “L’aria che tira”. Il disegnatore Vauro ha chiesto al parlamentare della Lega Alessandro Morelli di alzarsi in onore della senatrice Liliana Segre. L’ex direttore di Radio Padania si è rifiutato affermando che «Il rispetto è doveroso nei confronti di tutti gli italiani e quello che sta avvenendo non lo è». Secondo il verde-bruno Morelli, insomma, meritano rispetto anche i fascisti, proprio coloro che, per la Costituzione, sono del tutto fuori legge.

Forse sarebbe davvero il caso di finirla di fare i gentleman e di non usare il termine “fascista” nel timore di offendere qualcuno, o di farsi vedere poco aperti a tute le altrui idee. Non tutte le idee (proprie o altrui) sono accettabili e comunque i fascisti sono sempre fascisti in qualunque spazio e in qualunque tempo.

E chi li accetta è proprio come loro.
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