venerdì 20 dicembre 2019

Ritorno al futuro

Una frattura può impedire di scrivere, ma non di vedere, pensare, parlare. E vedere quello che sta risalendo a galla in Italia impone di pensare e parlare.
 
In questo periodo sono accadute tantissime cose, alcune di una gravità che è riuscita a essere un gradino più in alto rispetto a quella gravità che pensavamo già essere un record. Ma questa volta, almeno per una volta, si deve guardare a quello che è successo di buono e mi riferisco al fenomeno delle cosiddette Sardine, tanto vituperate e tanto temute dalla destra, tanto lodate e tanto temute da certa sinistra.

Era da così tanto tempo che non vedevamo più una realtà che una volta respiravamo quotidianamente in maniera praticamente automatica, che non ci stiamo quasi rendendo conto che stiamo vedendo rinascere quello che è sempre stata la base, il DNA della democrazia rappresentativa: il sentire comune di gruppi di persone; il desiderio di far arrivare il proprio pensiero là dove si può decidere e operare senza necessariamente doverci andare di persona; l’avere una serie di valori irrinunciabili ed essere convinti che quei valori non possono in nessun caso essere messi in ombra, scavalcati, conculcati da un leader, capo politico, capitano, dittatore, comandante, uomo carismatico (altri sinonimi metteteceli pure voi) che sia. E dai suoi interessi, confusioni, o umori del momento.

Accusano le Sardine di essere contro e di non fare proposte politiche. Ma chiediamocelo: l’essere contro qualcosa, il non volerlo, non sarebbe una scelta? Altro che se lo è. Se gli antifascisti avessero urlato quotidianamente e a voce altissima il loro no, il fascismo non sarebbe mai cresciuto. E la stessa cosa, pur se la satrapia portava nomi diversi, è accaduta in moltissimi Paesi del mondo.

Perché il maggiore nemico della democrazia è sempre il silenzio. E il silenzio non va inteso soltanto come assenza di parole: deve essere anche assenza di rumore. E nelle circa cento piazze d’Italia riempite da queste riunioni improvvise e improvvisate, ma coscienti e determinate, il rumore è stato assicurato da impianti di amplificazione inadeguati, da canti che hanno fatto uscire dalla bocca anche migliaia di voci stonate. Il rumore è stato assicurato dalle parole che si è scambiati gli uni con gli altri, dallo stupore e dal piacere di trovarsi vicini a qualcuno che si conosceva già, ma che non si sapeva che la pensasse più o meno come noi.

Accusano le Sardine di essere contro e di non fare proposte politiche. Ma vi sembra davvero politicamente poco trovarsi e stare insieme perché si è tutti contro quello che si è convinti essere il male. E se si è contro quello che si è convinti essere il male, si è inevitabilmente a favore di quello che si è convinti essere il bene. Quel bene che poi, comunque, continuerà ad avere le sue mille sfumature.

In quelle piazze, guardando il vicino ci si rende conto di non sapere per quale partito, o per quale candidato egli voterà, ma si è già certi che esprimerà il suo suffragio in maniera tale da far allontanare il populismo, il sovranismo, il razzismo. E anche il protagonismo di chi, soprattutto a destra, ma anche in altre parti politiche, crede di poter essere l’unico uomo al comando, l’unico capace di pensare, l’unico a possedere la verità. Mentre la democrazia investe tutto il popolo della responsabilità e del potere di portare il proprio mattone per la costruzione del bene comune. E questo vi sembra poco? E questo non dovrebbe già essere una gran cosa?

Le Sardine non possono, né devono diventare un partito, ma sono già la promessa di qualcosa di ancora più importante: sono il concepimento di quella che speriamo sia la rinascita dei cosiddetti “corpi intermedi”, di quelle libere associazioni di cittadini che non avevano come scopo quello di indirizzare i voti degli aderenti verso un unico partito politico ben determinato, ma si impegnavano a indirizzarlo verso aree politiche, quelle sì, socialmente ben determinate.

La nascita delle Sardine mi appare come il primo vagito di un neonato che, a guardarlo bene, assomiglia molto alla reincarnazione della prima democrazia rappresentativa, quella che era davvero rappresentativa e che, soprattutto era davvero politica.

A vedere le piazze così piene, nel freddo, sotto la pioggia, sembra di assistere a un benedetto ritorno al futuro nel quale ci si volge indietro per recuperare tutto quello di buono che abbiamo perduto, o distrutto, per strada e ci si spinge in avanti per riportare a galla quella democrazia solidale che è l’unica che può far schiarire l’orizzonte per far finire questa maledetta notte che è durata davvero troppo.

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