sabato 23 aprile 2022

Invasioni e Resistenza

ucresistQuesto non sarà certamente il primo 25 aprile che mi vedrà andare in piazza con il timore di dover sentire discorsi che tentano di negare la realtà, i valori e i meriti della Resistenza. Magari da parte di sindaci i quali sembrano essere convinti che questa giornata, come il 27 gennaio, Giorno della Memoria per ricordare le vittime della Shoah, sia stata create soltanto per poter dire che «D’accordo: i fascisti e i nazisti non si sono comportati molto bene; ma pensate all’orrore delle foibe». Come se due orrori potessero elidersi a vicenda, mentre, in realtà, si assommano nel dimostrare che sono troppi gli umani a essere tali soltanto di nome non di fatto.

Questa volta, però, andrò in piazza con la paura – che spero non diventi realtà – non di udire frasi inaccettabili da persone che politicamente e socialmente mi sono lontanissime, ma anche da una parte dalla quale mai me lo sarei aspettato, cioè da chi rappresenterà l’Anpi il cui presidente nazionale, Gianfranco Pagliarulo, ha detto, tra l’altro, che «Noi pensiamo sia giusto definire la lotta armata degli ucraini contro l’esercito russo come una lotta di resistenza: formalmente è statuito in base alle Nazioni Unite. Detto questo sarebbe sbagliato identificare la resistenza italiana con quella ucraina». In definitiva Pagliarulo accetta di definire “resistenza” quella ucraina perché è l’Onu a stabilirlo, ma non le dà lo stesso valore di quella che ha permesso all’Italia di liberarsi dai nazifascisti e di riscattarsi.

È una presa di posizione inaccettabile non soltanto perché ci si trova davanti a un’invasione che eccede i già inaccettabili obbiettivi di quella che è stata definita una “operazione speciale” per difendere i russofoni di due regioni di confine, ma anche in quanto le parole di Pagliarulo lasciano trasparire il pensiero che possano esserci resistenze “buone” e resistenze “cattive”, considerazione che porterebbe inevitabilmente a ragionare su invasioni “giustificabili” e invasioni “ingiustificabili”, mentre nessuna invasione militare di un altro Stato sovrano può mai trovare un appoggio eticamente sostenibile. Neanche se lo Stato invaso non è neppure lontanamente democratico.

La resistenza, invece, deve essere sempre considerata legittima anche quando non ci si trova davanti a invasioni di territori, ma invasioni di diritti che vengono cancellati: quelli di vita, di libertà, di autodeterminazione. Un esempio palmare è costituito dall’Afghanistan che nei secoli è stato invaso da inglesi, sovietici e statunitensi, ma anche, dal di dentro, dai talebani. E sempre vi si è sviluppata una resistenza interna degna di ogni rispetto.

Del resto, se esistessero davvero resistenze “buone” e “cattive” e invasioni “giustificabili” e “ingiustificabili”, si finirebbe per accettare che il diritto alla libertà e all’autodeterminazione possa esistere fino a quando a qualcuno, almeno teoricamente più forte, questa realtà non dia fastidio.

Nel timore di sentire parole inappropriate, magari tirate fuori controvoglia per difendere posizioni altrui, ancora una volta ci si sente in dovere di ringraziare il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha pronunciato parole di una chiarezza esemplare e inattaccabile, affermando che l’Ucraina è come l’Italia durante la Resistenza e che volere la pace non significa arrendersi alla prepotenza. Mattarella sottolinea che quella della Liberazione «rappresenta la data fondativa della nostra democrazia, oltre che della ricomposizione dell’unità nazionale. Una data in cui il popolo e le Forze Alleate liberarono la nostra Patria dal giogo imposto dal nazifascismo» e che «nella ricorrenza della data che mise fine alle ostilità sul territorio italiano, viene un appello alla pace. Alla pace, non all’arrendersi di fronte alla prepotenza». E anche quella volta, ricorda, «A pagare furono le popolazioni civili, contro le quali gli aggressori si scatenarono, in un tragico e impressionante numero di episodi sanguinosi, con la brutalità delle rappresaglie, con una crudele violenza contro l’umanità, con crimini incancellabili dal registro della storia».

Insomma Mattarella ha ricordato che la Resistenza ci ha lasciato in eredità il non facile compito di dover trasmettere alle nuove generazioni la necessità di rifiutare qualsiasi sopraffazione totalitaria, qualsiasi razzismo e discriminazione, e quella di salvaguardare strenuamente la salute della democrazia che non è un bene indeperibile ed eterno, ma va salvata e curata in ogni giornata in cui siamo su questa terra. Come vanno salvaguardate le regole della comunità internazionale oggi devastate da Putin che, ove potesse continuare impunemente nei tentativi di realizzazione dei suoi incubi da megalomane, potrebbe dare il via a nuove avventure belliche. Ed è anche per questo che la resistenza ucraina ha tutti i diritti di essere aiutata, come noi abbiamo il dovere di aiutarla.

È ovvio che non si può sperare di risolve una situazione creata con la forza applicando soltanto risposte basate sulla forza: serve sedersi a un tavolo per arrivare ad accordi che non si basino soltanto sulla totale sconfitta di una delle due parti in campo, ma non si possono dimenticare due cose: che, se per invadere un altro Paese si può essere da soli, ma per trattare occorre necessariamente che siano coinvolti tutti, anche quelli che oggi rifiutano di trattare perché si sentono più forti, e che nessuno può cedere i diritti altrui.

Tutto questo tenendo sempre presente che le invasioni possono essere diverse, ma la resistenza è sempre una sola. E che spesso, purtroppo, i suoi valori non sono necessariamente di tutti.

Buon 25 aprile.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

mercoledì 20 aprile 2022

Una sola strada tra i dubbi

GuerraQuando, un po’ più di tredici anni fa, ho pensato a quale titolo dare a questo blog, ho scelto “Eppure…” perché ero convinto che fossero ben poche le affermazioni, al di là di quelle proposte dalle scienze esatte, che potessero essere esenti dall’essere messe in dubbio con un «Sembra proprio così; eppure…».

Oggi, tra le tante altre cose che la guerra ha mandato in frantumi ci sono anche alcune certezze che ritenevo granitiche e che, invece, alla prova dei fatti, sembrano essersi sbriciolate probabilmente perché ci siamo dimostrati del tutto impreparati ad affrontare gli infiniti dilemmi, pratici ed etici, che questa drammatica realtà ci pone quotidianamente davanti agli occhi.

Può essere che, nei quasi settant’anni in cui abbiamo guardato alle guerre nel mondo come a realtà che in definitiva non ci toccavano direttamente, abbiamo perduto quella sensibilità che era ben presente, invece, in coloro che avevano vissuto uno, o entrambi i conflitti mondiali. O, forse, dipende dal fatto che l’economia è diventata talmente pervasiva da indurci, più o meno consciamente, a mettere in secondo piano ogni altro aspetto sociale, ma sta di fatto che ci siamo trovati del tutto disarmati davanti alla necessità di far concludere al più presto questa guerra contrapposta all’altrettanto importante necessità di salvaguardare gli aggrediti. Perché tra le poche cose ancora certe c’è il fatto che non ci sono dubbi nell’individuare l’aggressore (la Russia) e l’aggredito (l’Ucraina). E se qualcuno dubita di questo, vorrei che spiegasse come mai gli scontri, le distruzioni e le morti sono concentrati praticamente nella loro totalità in Ucraina.

Forse la prima idea che, almeno in me, è andata in frantumi è quella del pacifismo assoluto perché mi sono reso nuovamente conto che la storia insegna che una guerra la si combatte in due, ma a dichiararla è quasi sempre uno solo, anche se preferisce chiamarla “operazione speciale”. Dunque non deve essere messo eventualmente in discussione il concetto di “ripudio” della guerra, ma quello di diritto alla difesa; anzi, di quella “legittima difesa” che è accettata da tutte le leggi, religiose o laiche che siano. Ed è la stessa Costituzione, nell’articolo 11, a dire che «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», lasciando, come sottinteso evidente, il fatto che la difesa della libertà, propria o altrui, dà diritto alla resistenza, a quella stessa Resistenza che ha permesso la nascita dell’Italia repubblicana e che nessuno può proibire all’Ucraina, determinata a difendere la propria indipendenza e libertà. Anzi, visto che nell’articolo 10 si tende a attribuire a tutti gli esseri umani del mondo i medesimi diritti goduti dai cittadini italiani, appare legittimo anche l’aiuto ai combattenti ucraini.

Se la resistenza non fosse ammessa, ci si troverebbe, infatti, davanti all’impraticabile bivio tra la servitù e il martirio, un martirio che ognuno può scegliere per sé, ma non certamente per gli altri.

Il problema, insomma, non mi sembra quello di ribadire che la guerra debba sparire dalla faccia della terra, un concetto sul quale, a parole, sono tutti d’accordo. Il problema è, invece, quello di non togliere l’appoggio agli aggrediti, anche perché, se lo si facesse, automaticamente si ridarebbe fiato alla legge del più forte, al predominio della violenza sulla ragione, e si rinnegherebbero secoli di lento, faticoso, discontinuo progresso proprio sulla strada di quella pace che si può realizzare soltanto con il dialogo continuo tra le parti.

Tutto questo nega, con chiara evidenza, ogni equidistanza che rifiuti qualsiasi presa di posizione perpetuando, così, il senso di impunità di cui, in tal caso, godrebbe ogni aggressore. Anzi, la chiave è esattamente quella opposta che punta a indicare chiaramente le colpe e a bloccare, prima ancora che punire, i colpevoli.

Per seguire questa strada sono state immaginate e realizzate le organizzazioni sovrannazionali tra le quali spiccano soprattutto l’ONU e l’Unione Europea. Non sono perfette, d’accordo; anzi! La prima è schiava di quel diritto di veto che tocca a cinque Nazioni (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Unione Sovietica diventata poi Russia, e Cina) e che permette al prepotente di continuare a essere tale senza che gli altri quasi neppure possano disapprovarlo. La seconda, invece, anche se ha cancellato la realtà della guerra al suo interno da decenni, è paralizzata da quella richiesta di unanimismo che troppo spesso blocca qualsiasi iniziativa di giustizia.

Perché anche in questo è la parola giustizia a essere determinante: finché non sarà possibile applicare la giustizia anche nelle vicende tra gli Stati, ci sarà sempre qualcuno che potrà decidere di scatenare una guerra e, a quel punto, ogni tipo di pacifismo non riuscirà a risparmiare neppure una vittima; non riuscirà a salvare neppure un diritto alla libertà e all’autodeterminazione.

Come tra gli umani, anche per le Nazioni l’unica strada resta quella della giustizia. Un’utopia? Certamente, ma le utopie esistono proprio perché possano tramutarsi in realtà.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

giovedì 7 aprile 2022

Libertà di espressione e truffa

UcrainaTutti sappiamo che la guerra è una specie di fiera campionaria di tutte le crudeltà dell’uomo, delle sue spietatezze, dei suoi sadismi. Ma, ringraziando Dio, nessun essere umano, almeno vagamente degno di tal nome, saprà mai abituarsi alle sue disumanità.

Tutti sappiamo – scusate il luogo comune – che una delle prime vittime della guerra è la verità che viene sommersa dalla propaganda. Ma quando si esagera, quando ci si nascondono anche i dati di fatto incontrovertibili, più che di disumanità, si tratta di complicità.

Le polemiche sulla strage di Bucha – e quelle che usciranno sicuramente sulle altre stragi che indubbiamente sono state commesse in altri paesi dell’Ucraina – lasciano sgomenti perché certe prese di posizione e certe dichiarazioni sono francamente oscene. E fa rabbrividire che uno dei comunicati emessi in questo senso arrivi dalla presidenza nazionale dell’Anpi messa giustamente sotto accusa da molte delle sezioni regionali e locali.

E fa venire il voltastomaco assistere a comparsate televisive di personaggi che negano ogni evidenza sulle responsabilità di Putin, proprio come non molti mesi fa negavano l’esistenza del Covid e l’efficacia dei vaccini.

Un voltastomaco che investe colui che dice certe cose, ma che raggiunge il livello del vomito di fronte a certi miei colleghi che interpretano la loro professione giornalistica non come l’impegno a tentare di riportare i fatti a coloro che leggono, o ascoltano, ma come l’impegno ad aumentare la diffusione e lo share a qualsiasi costo, anche massacrando scientemente la realtà.

Perché, anche se si dice che non c’è mai certezza di quello che accade in guerra, invece qualche certezza sicuramente c’è. A invadere l’Ucraina, per esempio, è stato Putin, non certamente Zelensky. Putin aveva paura della Nato? Quindi, per questi signori, la guerra preventiva non è quella mostruosità che è sempre stata, a prescindere da chi l’ha scatenata? Putin è intervenuto per difendere i russofoni di un paio di regioni orientali dell’Ucraina? Ammesso che questi abbiano sofferto di discriminazioni e soprusi gravissimi, o addirittura estremi come la morte, perché non si è fermato dopo aver “liberato” quelle zone?

E, proseguendo, chi è che sta bombardando le città che notoriamente sono più affollate da civili che da militari? Forse è il caso di non dimenticare cosa ha fatto Putin in Cecenia dove ha fatto radere al suolo Gnozny causando alcune decine di migliaia di morti tra i cittadini di quella capitale che è stata classificata come la città maggiormente distrutta al mondo. O forse si vuol dire che i ceceni andavano puniti perché avevano invaso la Cecenia?

La libertà di espressione è sacra e garantita dalla Costituzione, ma la parola “espressione” non deve essere confusa con “menzogna” o “truffa”.

La guerra, come si diceva, tende a uccidere la verità, ma produce anche l’obbligo di ragionare su quello che accade e di prendere posizione anche su realtà che si ritenevano indiscutibili. Un merito di Zelensky, per esempio, è quello di aver riportato in primo piano uno scandalo che tutti conosciamo da sempre, ma sul quale, forse per malriposto rispetto, abbiamo sempre taciuto: quello del Consiglio di sicurezza dell’ONU nel quale le quattro grandi potenze vincitrici della seconda guerra mondiale più la Cina hanno diritto di veto e, quindi, possono commettere qualunque nefandezza e poi bloccare qualsiasi condanna nei propri confronti.

I fatti dell’Ucraina hanno ancora una volta messo in rilievo che l’ONU attuale non soltanto è inutile, ma può diventare addirittura dannoso. Se non è possibile riformarlo dall’interno, allora forse è meglio cancellarlo e ricostruirlo ex novo con regole e parametri più efficaci. Del resto, è quello che è già successo alla fine della guerra con la nascita dell’ONU dopo che i fatti avevano dimostrato l’incapacità della Società delle Nazioni di prevenire le aggressioni delle potenze dell’Asse: Germania, Italia e Giappone.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/