lunedì 17 gennaio 2022

Il vecchio trucco

Berlusco Il trucco è vecchio come il mondo: se si vuole far digerire qualcosa di sgradevole a qualcuno, basta convincerlo che l’alternativa sarebbe ancora peggiore. L’unico problema è quello di trovare uno specchietto per le allodole talmente potente da distrarre il malcapitato e non fargli vedere la trappola in cui si sta cacciando.

Posso anche sbagliare, ma vorrei attirare l’attenzione sul fatto che l’autocandidatura di Berlusconi alla Presidenza della Repubblica è stata talmente assurda, incredibile e irricevibile che quasi tutti, all’inizio, hanno pensato a uno scherzo, o a uno stravagante parto dell’accoppiamento di un ego straripante con una senilità non sempre lucida.

A stupire, ma non troppo, sono stati poi i pur tiepidi appoggi iniziali di Meloni, Salvini e compagnia. D’altro canto – si pensava – è soltanto lui quello disposto a mettere in campo quantità colossali di denaro utili anche e soprattutto ad accattivarsi i favori di chi doveva essere convinto a votare per un personaggio già condannato per reati gravi e comunque esempio preclaro di divisività per un posto per il quale si richiedono etica, onestà e capacità di rappresentare tutti.

A preoccupare un po’ sono state le successive, e pur sempre tiepide, conferme di appoggio. Ma a impensierire davvero stanno arrivando le proposte di alternative che non credo possano essere interpretate in maniera diversa da un: «Noi non insistiamo su Berlusconi, ma è ovvio che il centrodestra, a questo punto, merita una compensazione». E poi, via con i nomi di possibili alternative. Senza mai abbandonare, comunque, il trucchetto iniziale.

Ragioniamoci sopra. Perché dovrebbe esserci una compensazione, al di là del fatto che con chi ha lo stomaco di pensare a Berlusconi come Presidente della Repubblica è già difficile confrontarsi? Non certo perché la doverosa rinuncia a Berlusconi possa diventare un titolo di merito. Forse perché hanno i voti per eleggere uno dei loro? Certamente no, in quanto una maggioranza virtuale (già smentita alle ultime elezioni amministrative) la possono vantare soltanto nei sondaggi, mentre tra i grandi elettori sono ancora in minoranza.

Forse per un’alternanza di cui non si trova giustificazione né giuridica, né logica? Certamente no, anche perché lasciare la difesa della Costituzione per sette anni in mano a coloro che hanno sempre dichiarato il loro desiderio di cambiarla profondamente appare come una specie di suicidio per chi ricorda che questa Costituzione è nata dalla Resistenza e che ha come primo fondamento l’impegno a difendere una democrazia che è sempre più in pericolo anche per il diffuso disinteresse dei cittadini; un disinteresse che ricorda da vicino quello degli Anni Venti del secolo scorso.

E, allora, praticando il vecchio trucco, ecco che cominciano i nomi alternativi. Si comincia con Letizia Moratti: è sicuramente una donna, ma si può dimenticare che è stata indubbiamente il peggior ministro dell’Istruzione che la storia repubblicana ricordi e che recentemente ha dato ampia prova della sua inadeguatezza anche come assessore regionale al Welfare della Lombardia.

Non va la Moratti, i cui errori sono troppo recenti per poter essere dimenticati? Nessun problema: si manda avanti Giulio Tremonti che i suoi misfatti li ha compiuti un po’ di anni prima. Ma si può perdonare che è stato lui a dire che «con la cultura non si mangia»? E si può forse dimenticare che nel 2003, a Lorenzago, con Andrea Pastore (Fi), Francesco D’Onofrio (Udc), Roberto Calderoli (Lega), Domenico Nania (An) ha operato per «scrivere un testo – aveva detto – che sia la sostituzione integrale della seconda parte della Costituzione, dall’articolo 55 al 138».

Poi vanno ancora più nelle nebbie fino a Marcello Pera che, però, difficilmente può sperare che ci si dimentichi di come ha preso per i fondelli gli italiani inventando l’assurda e utilitaristica locuzione di «atei devoti». E ancora più lontano si potrebbe arrivare, alla fine, con la riesumazione di Pierferdinando Casini, l’inventore della “politica dei due forni” che servivano soltanto per cucinare il pane solo per lui, sempre stato di destra, che, con questa scusa, poteva donare alcune trascurabili briciole per farsi accettare anche dal centrosinistra.

Siamo sicuri che siano scelte alternative a Berlusconi? Siamo certi che un centrodestra che non è riuscito neppure a candidare un sindaco decente, sia in grado di indicare un presidente della Repubblica eticamente valido e capace di diventare super partes? Io davvero non ci credo.

Dicono: ma se il centrosinistra possiede qualche nome con queste caratteristiche, perché non lo indica? Bella domanda. Perché qualche nome, da Rosi Bindi in giù, il centrosinistra potrebbe farlo benissimo, ma forse ha paura di far impallinare il possibile candidato dall’infido Renzi e da qualche altro che, insieme, sette anni fa si sono imperdonabilmente allenati con successo abbattendo la candidatura di Prodi.

Personalmente sono convinto che almeno un nome andrebbe fatto, sia perché altrimenti si è psicologicamente succubi degli altri, sia in quanto di strategie e tattiche si può morire, anche se si è bravi a progettarle. Figuriamoci con il centrosinistra di oggi.

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