domenica 25 agosto 2019

Le due strade

È da molti mesi che sostengo che in questa Italia c’è bisogno della rinascita di un Comitato di Liberazione Nazionale, di un CLN che liberi nuovamente questo Paese da pulsioni egemoniche e sovraniste (anche se sarebbe più giusto chiamarle con il loro vero nome, cioè autoritarie e fasciste) e che lo faccia in maniera tale che le ambizioni di usare un aspetto della democrazia (il voto) per distruggerne l’essenza (il confronto ragionato) vengano nuovamente accantonate definitivamente, per quanto la parola “definitivo” possa avere senso nella storia umana.

Non l’ho mai ricordato perché lo ritenevo scontato, e quindi inutile, che nel CLN fondato il 9 settembre 1943 sono entrati rappresentanti di tutti i partiti, dai monarchici ai comunisti, ma certamente e ovviamente non i repubblichini e neppure quelli che il 25 luglio di quell’anno avevano decretato la caduta di Mussolini dopo averne, però, sostenuto l’operato e le nefandezze per due decenni.

Oggi, mentre il mondo politico italiano si trova davanti a un bivio da cui si dipartono due strade molto diverse, mi sembra necessario ricordare anche questa ovvietà perché, pur facendo le debite proporzioni, in una parte dei grillini vedo distintamente coloro che vorrebbero continuare a seguire la strada dell’odio, dell’intolleranza e dello spregio della democrazia seguita da Salvini, mentre in un’altra parte non trascurabile sono facilmente distinguibili coloro che oggi vorrebbero dare tutta la colpa all’ex alleato cercando di far dimenticare a tutti che il ministro degli Inferni senza il volonteroso aiuto dei 5stelle non sarebbe riuscito a fare alcuna delle nefandezze di cui si è reso responsabile.

In più – e non è cosa da poco – il credo di Casaleggio, associati e obbedienti servitori continua a essere quello del populismo da perseguire a ogni costo: non per il bene dell’Italia, ma nella speranza che il popolo italiano continui a lasciarsi abbindolare da parole che nascondono il nulla. Se qualcuno, tanto per dare un esempio, è davvero convinto che la riduzione dei parlamentari sia il primo problema da risolvere per il bene dell’Italia e non uno slogan per abbindolare arrabbiati e invidiosi facendo ancora una volta leva sull’antipolitica, si faccia pure avanti.

Se nel CLN del 1943 fossero entrati anche repubblichini, ex gerarchi e menefreghisti, a questo punto non staremmo parlando della Resistenza che ha dato una mano importante agli eserciti alleati per liberare l’Italia dagli invasori di terre e di diritti. Se nell’opposizione a Salvini oggi entreranno quelli che ancora lo rimpiangono, o gli fanno l’occhiolino, o che pensano che un’alleanza con il centrosinistra possa soprattutto resuscitare alcune delle promesse che sono state fatte durante la scorsa campagna elettorale per la Camera e il Senato, allora il nuovo governo non sarebbe, nemmeno alla lontana, un Comitato di Liberazione Nazionale; e per tutta una serie di motivi.

Intanto perché non ci libererebbe assolutamente di colui che vuole «i pieni poteri», ma, anzi, gli darebbe una comoda rampa di ripartenza basata sul fatto che i sacrifici imposti dalla prossima finanziaria, appesantita ulteriormente e in maniera terribile dalle scelte elettorali e non sociali di Lega e 5stelle, sarebbero facilmente attribuibili a PD, alla sinistra e ai 5 stelle stessi. Poi in quanto la democrazia rappresentativa correrebbe ulteriori terribili rischi con una riduzione dei parlamentari che comporterebbe non tanto la scomparsa di alcuni piccoli partiti, ma soprattutto la scomparsa delle preziose idee che queste piccole realtà portano con sé. Infine – e mi fermo anche se l’elenco sarebbe ancora molto lungo – un’alleanza basata su questi presupposti e sulle divisioni interne che già spiccano nei teorici futuri alleati porterebbero inevitabilmente a una nuova rottura entro pochi mesi.

Perché un CLN abbia ragione di esistere nel 2019 sarebbe assolutamente necessario che, come nel 1943, tutte le parti avessero intenzioni oneste, fossero sicuramente democratiche e antifasciste, mettessero almeno temporaneamente da parte le ambizioni personali, o di gruppo, e sapessero privilegiare le azioni necessarie rispetto a quelle di facciata. 

Sicuramente 76 anni fa effettuare questa scelta, mentre infuriava la guerra e mentre territori e diritti erano invasi dai nazisti e dai fascisti, poteva essere più naturale e facile. Ma ancora oggi è di fondamentale importanza perché se non si capirà velocemente il rischio che la democrazia e la vita di questo Paese stanno correndo, il disastro definitivo sarà inevitabile; o, quantomeno sarà molto più difficile, faticoso e non sicuro riuscire a ritornare a galla.

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