martedì 11 agosto 2020

In tema di assurdità

Mi scuso se mai ho fatto involontariamente pensare che il populismo, cioè la mania di voler a tutti i costi piegarsi ai supposti desideri di un popolo non molto diverso da quello che affollava il Colosseo all’incirca due millenni orsono, sia una prerogativa esclusiva dei politici: riguarda, infatti anche moltissimi commentatori, da bar, web, giornali o radiotelevisioni che siano.

La canea per il sì al referendum che si è rinvigorita dopo che cinque deputati – ancora ingiustificabilmente anonimi – sono stati scoperti a chiedere il “Bonus Iva” pur godendo di uno stipendio che certamente non è da fame era ampiamente prevista, ma non cambia minimamente la sostanza della questione alla quale saremo chiamati a rispondere il 20 di settembre: «Volete mantenere la legge che taglia di un terzo i rappresentanti del popolo alla Camera e al Senato?» e alla quale voterò con convinzione “No” perché ritengo che scegliere il contrario corrisponderebbe a mettere in pericolo la nostra democrazia e la rappresentatività sulla quale si basa.

Se il concetto "cinque truffatori – o, meglio, ladri di denaro pubblico – dimostrano che è doveroso ridurre di un terzo il numero dei parlamentari" fosse giusto, ci si potrebbe chiedere perché non ridurre di circa 33 mila effettivi – circa un terzo del totale, appunto – il corpo dei carabinieri? Dopo i fatti di Piacenza, e non soltanto quelli, le motivazioni potrebbero andare quasi in parallelo con quelle che riguardano l’attacco al Parlamento, e cioè, prendendo come spunto la delinquente infedeltà di alcuni, attaccare tutti promettendo riduzione di organici, risparmi, efficienza, autorevolezza. Ma avrebbero la medesima corrispondenza con la realtà; cioè, al di là della riduzione dei numeri, nessuna.

In compenso, proprio come nella riforma oggetto di referendum, si andrebbe a massacrare la rappresentanza che per il Parlamento significherebbe che alcune parti dei territori italiani, ma soprattutto molte minoranze politiche, linguistiche, geografiche o di altro genere, non avrebbero più voci nel Parlamento, mentre per i carabinieri porterebbe al fatto che interi paesi e zone dovrebbero restare senza alcun presidio stabile di forze dell’ordine. E distruggerebbero pure l’efficienza dell’Arma perché anche i reparti puramente investigativi soffrirebbero di una diminuzione di organico e, quindi di capacità. Saremmo, proprio come per la legge voluta dai 5stelle, nell’assurdo.

Perché, invece, non viene in mente a nessuno che sul Parlamento si dovrebbe agire lavorando su uno standard minimo di qualità? Una volta, per poter essere eletti, bisognava dimostrare di saper leggere e scrivere; oggi magari sarebbe utile almeno dimostrare di conoscere decentemente quella Costituzione che si giura di difendere.

Perché non si sottolinea il fatto che proprio l’impreparazione generale è la causa dei tanti buchi di legge nei quali – come in questo caso – i truffatori, gli evasori, i ladri e la malavita in genere (forse è inutile dividere tanto puntigliosamente queste categorie) si infilano e poi prosperano depredando le finanze pubbliche e, quindi, i denari che chi paga le tasse mette a disposizione della comunità?

Perché si continua a propagandare la falsa equazione che porta a considerare equivalenti la riduzione dei numeri e l’aumento dell’efficienza? È possibile che i risultati delle falcidie che hanno massacrato la sanità e l’istruzione pubbliche non abbia insegnato niente a nessuno?

Perché non si parla mai di priorità? Magari partendo dal fatto che il teorico e sicuramente non reale risparmio di 500 milioni di euro a legislatura, corrispondono a 100 milioni di euro l’anno, una frazione infinitesimale dei 120 miliardi di euro l’anno che vengono sottratti alla comunità da quell’evasione fiscale contra la quale molto si parla, ma ben poco si fa.

La storia insegna, con dovizia di esempi, che è molto più facile del prevedibile abbattere una democrazia, ma è molto più difficile dello sperabile rimetterla in piedi.

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