Mi
scuso se mai ho fatto involontariamente pensare che il populismo, cioè
la mania di voler a tutti i costi piegarsi ai supposti desideri di un
popolo non molto diverso da quello che affollava il Colosseo all’incirca
due millenni orsono, sia una prerogativa esclusiva dei politici:
riguarda, infatti anche moltissimi commentatori, da bar, web, giornali o
radiotelevisioni che siano.
La canea per il sì al referendum
che si è rinvigorita dopo che cinque deputati – ancora
ingiustificabilmente anonimi – sono stati scoperti a chiedere il “Bonus
Iva” pur godendo di uno stipendio che certamente non è da fame era
ampiamente prevista, ma non cambia minimamente la sostanza della
questione alla quale saremo chiamati a rispondere il 20 di settembre:
«Volete mantenere la legge che taglia di un terzo i rappresentanti del
popolo alla Camera e al Senato?» e alla quale voterò con convinzione
“No” perché ritengo che scegliere il contrario corrisponderebbe a
mettere in pericolo la nostra democrazia e la rappresentatività sulla
quale si basa.
Se il concetto "cinque truffatori –
o, meglio, ladri di denaro pubblico – dimostrano che è doveroso ridurre
di un terzo il numero dei parlamentari" fosse giusto, ci si potrebbe
chiedere perché non ridurre di circa 33 mila effettivi – circa un terzo
del totale, appunto – il corpo dei carabinieri? Dopo i fatti di
Piacenza, e non soltanto quelli, le motivazioni potrebbero andare quasi
in parallelo con quelle che riguardano l’attacco al Parlamento, e cioè,
prendendo come spunto la delinquente infedeltà di alcuni, attaccare
tutti promettendo riduzione di organici, risparmi, efficienza,
autorevolezza. Ma avrebbero la medesima corrispondenza con la realtà;
cioè, al di là della riduzione dei numeri, nessuna.
In compenso, proprio come nella
riforma oggetto di referendum, si andrebbe a massacrare la
rappresentanza che per il Parlamento significherebbe che alcune parti
dei territori italiani, ma soprattutto molte minoranze politiche,
linguistiche, geografiche o di altro genere, non avrebbero più voci nel
Parlamento, mentre per i carabinieri porterebbe al fatto che interi
paesi e zone dovrebbero restare senza alcun presidio stabile di forze
dell’ordine. E distruggerebbero pure l’efficienza dell’Arma perché anche
i reparti puramente investigativi soffrirebbero di una diminuzione di
organico e, quindi di capacità. Saremmo, proprio come per la legge
voluta dai 5stelle, nell’assurdo.
Perché, invece, non viene in mente
a nessuno che sul Parlamento si dovrebbe agire lavorando su uno
standard minimo di qualità? Una volta, per poter essere eletti,
bisognava dimostrare di saper leggere e scrivere; oggi magari sarebbe
utile almeno dimostrare di conoscere decentemente quella Costituzione
che si giura di difendere.
Perché non si sottolinea il fatto
che proprio l’impreparazione generale è la causa dei tanti buchi di
legge nei quali – come in questo caso – i truffatori, gli evasori, i
ladri e la malavita in genere (forse è inutile dividere tanto
puntigliosamente queste categorie) si infilano e poi prosperano
depredando le finanze pubbliche e, quindi, i denari che chi paga le
tasse mette a disposizione della comunità?
Perché si continua a propagandare
la falsa equazione che porta a considerare equivalenti la riduzione dei
numeri e l’aumento dell’efficienza? È possibile che i risultati delle
falcidie che hanno massacrato la sanità e l’istruzione pubbliche non
abbia insegnato niente a nessuno?
Perché non si parla mai di
priorità? Magari partendo dal fatto che il teorico e sicuramente non
reale risparmio di 500 milioni di euro a legislatura, corrispondono a
100 milioni di euro l’anno, una frazione infinitesimale dei 120 miliardi
di euro l’anno che vengono sottratti alla comunità da quell’evasione
fiscale contra la quale molto si parla, ma ben poco si fa.
La storia insegna, con dovizia di
esempi, che è molto più facile del prevedibile abbattere una democrazia,
ma è molto più difficile dello sperabile rimetterla in piedi.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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