mercoledì 26 agosto 2020

Multitasking veri e falsi


Multitasking – o, in italiano, multiprocessualità – è il nome dato alla capacità dei computer di compiere contemporaneamente più operazioni diverse. È stata sviluppata a imitazione delle funzioni della mente umana che da sempre riesce a operare contemporaneamente su più fronti. Oggi sembra, però, che questa caratteristica non attenga più a tutta la specie umana: ne appaiono esclusi non pochi elementi e soprattutto, almeno in parte, una categoria di grande importanza: quella dei politici che, nella stragrande maggioranza, si occupano di una sola cosa alla volta.

Si potrebbe dire che questa situazione sia derivata dalla necessità di una maggiore specializzazione. Può essere, ma è difficile crederlo visto che la pochezza di conoscenze, ragionamenti e progettualità a lungo raggio è drammaticamente evidente per tutti. Comunque, soprattutto a livello politico, c’è qualcosa che non va perché chiunque sa che in una società complessa come la nostra è impossibile pensare che possano essere compiute delle azioni in un punto senza che se ne risentano le conseguenze in tutta la società.

Un esempio clamoroso è proprio di questi giorni e riguarda Flavio Briatore – al quale auguro, come a tutti, una pronta e completa guarigione – che non è riuscito a guardare contemporaneamente la casella che è riempita con i numeri delle entrate nel suo conto in banca e quella, interessante per molta più gente, che giornalmente ci informa sul numero dei contagiati dal Covid-19. Il risultato è stato che, nell’ansia di non disturbare minimamente chi voleva divertirsi con i suoi servizi, e quindi di perdere incassi, ha creato le condizioni per il contagio di oltre sessanta suoi dipendenti, di se stesso e non si sa ancora di quanti degli oltre tremila clienti che si stima siano entrati nella sua discoteca Billionaire nei giorni in cui il virus si divertiva a saltabeccare tra addetti alla sala, alla cucina e altri ancora.

Un altro apparente esempio riguarda il referendum confermativo con il quale, il 20 e 21 settembre, saremo chiamati alle urne per bocciare – almeno spero con tutte le mie forze che sarà così – la legge costituzionale voluta dai 5stelle che, a dire il vero anche sul “monotasking” in campo legislativo non appaiono molto a loro agio. Loro hanno pensato a portare più gente possibile alle urne abbinando il referendum alle amministrative di varie regioni e comuni. Dicevo che questo esempio di mancato multitasking è apparente più che reale perché mi è difficile pensare che non sappiano che il risultato – qualunque possa essere – sarà parziale e falsato dal fatto che le affluenze saranno molto diverse tra dove i voti saranno abbinati e dove l’unica scheda riguarderà il referendum. E altrettanto evidente che nessuno si è opposto a questa coincidenza di voto – che di democratico ha proprio nulla, esattamente come la riduzione dei parlamentari – soltanto per motivi di possibile convenienza politica.

Ed è difficile pensare a un mancato multitasking anche nell’ideazione della legge voluta da Grillo e dalla Casaleggio Associati: molto più probabile un calcolo elaborato sulle condizioni politiche di quel lontano momento con la convinzione di approfittarne per rafforzare il proprio potere. Del resto è la stessa cosa che aveva fatto Renzi con la legge costituzionale poi cancellata dagli italiani nel 2016.

Comunque, se non è stata malafede, è stata certamente gravissima mancanza di memoria. Tra i 9 punti del “Piano di rinascita democratica” sequestrato nel 1985 a Licio Gelli, quello che ha finanziato gli esecutori della strage di Bologna, c’era anche la «riduzione del numero dei parlamentari», che arrivava dopo il punto «riduzione dei partiti di massa a reti di club orbitanti attorno a un’oligarchia autolegittimata e a un leader carismatico» e assieme ad altri che più che una rinascita democratica, presupponevano una distruzione della democrazia stessa.

Secondo alcuni sondaggi – nonostante se ne sia parlato poco perché molti partiti, il PD in testa, temono di non cavalcare fino in fondo il populismo – comunque la maggioranza degli italiani sarebbe orientativamente portata a ritenere questa riforma un pericolo concreto per la nostra democrazia rappresentativa, in quanto non potrebbe più rappresentare – appunto – larghe fette della popolazione.

Voglio credere che i sondaggi questa volta rispecchino la realtà, ma vorrei anche ricordare a tutti che la storia insegna che le “maggioranze silenziose” diventano davvero maggioranze quando silenziose non sono più.

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