sabato 25 aprile 2020

Le parole del virus: Opinione

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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La frase «La matematica non è un’opinione» è una delle più usate tra quelle ricorrenti nel linguaggio comune e fu pronunciata (a dire il vero la sua versione originale parlava di “aritmetica” e non di “matematica”) nel 1879 da Bernardino Grimaldi, ministro delle finanze del secondo governo Cairoli, appena caduto, per spiegare perché non avrebbe accettato un reincarico, visto che lui, esponente della Sinistra Storica, riteneva assolutamente ingiusta la “tassa sul macinato” che colpiva soprattutto le classi meno abbienti, e che sarebbe stato doveroso sostituirla, visto che quell’introito era fondamentale per l’erario, con un’altra imposta che andasse a toccare soprattutto coloro che, pur con una nuova imposizione, non avrebbero corso il rischio di morire di fame.

Poi questa frase non riuscì a fermare la “tassa sul macinato” e, ovviamente, non influì minimamente sulla matematica, ma mise in chiaro a tutti che la parola opinione, non è assolutamente un fatto, ma soltanto la libera espressione di un proprio pensiero. E, anche, che non tutte le opinioni, essendo pensieri, sono lecite, proprio come anche le ideologie, che sono pensieri, non sono lecite se finiscono per mettere a repentaglio la vita di qualcuno.

A prima vista potrebbe sembrare strano che delle parole possano addirittura riuscire a uccidere, ma è sicuramente così, soprattutto in periodi di grave crisi, come quella provocata dal dilagare del Covid-19, soprattutto se le opinioni propagandano idee sbagliate e se inducono a comportamenti che favoriscono il contagio.

Le opinioni sono, quindi, pericolose e devono essere bandite? Certamente no, ma è del tutto necessario far sapere anche agli ascoltatori e ai lettori non particolarmente smaliziati che quella che stanno ascoltando è, appunto, un’opinione e non una certezza e che, quindi, non è assolutamente il caso di seguirne i possibili dettami senza considerare che può essere sbagliata e che, quindi, può portare alla rovina.

Nel campo della scienza un metodo abbastanza sicuro per separare il grano dalla gramigna, i fatti dalle opinioni, consiste nell’ascoltare attentamente quello che viene dichiarato: di solito i fatti scientifici vengono presentati con dovizia di pezze d’appoggio sperimentabili e, immancabilmente, con la specificazione che «così ci portano a concludere gli studi, gli esperimenti di laboratorio e le analisi statistiche, ma se qualche novità dovesse apparire, saremo pronti a modificare le nostre conclusioni». Per le opinioni questo non viene detto perché per realizzarle non servono studi, laboratori, statistiche e nemmeno controprove.

Per illustrare questa situazione vorrei agganciarmi a un’intervista rilasciata da Luc Montagnier, lo scopritore dell’HIV, il virus dell’Aids, che per questo è stato insignito del Premio Nobel. Ovviamente non ho alcuna qualifica per valutare scientificamente quello che Montagnier sostiene, e non lo faccio; ma posso sicuramente analizzare il modo di esprimere le proprie idee da cui traspare nettamente il desiderio di tramutare, nelle menti altrui, un’opinione in un fatto. E un’opinione non diventa mai un fatto, se non è suffragata da prove, anche se è espressa da un Nobel.

Ai microni di "Pourquoi Docteur", trasmissione scientifica di CNews France, Montagnier ha detto un bel po’ di cose apparentemente molto importanti: che il Covid-19 è stato manipolato con l’aggiunta di piccole sequenze di HIV e che, quindi, è stato creato in laboratorio, probabilmente in Cina, probabilmente con il sostegno economico degli Stati Uniti; che dal laboratorio è uscito probabilmente per incuria e non per dolo; che molti altri sono della sua idea; che, essendo il nuovo coronavirus un prodotto artificiale, finirà per sparire in breve tempo perché la natura rifiuta e distrugge le cose non semplici, quelle realizzate dall’uomo.Al di là della sovrabbondanza dei “probabilmente”, però, colpiscono alcune altre affermazioni che vogliono far restare sul vago: è stato – dice – un lavoro di precisione, «da orologiaio», ma può essere stato fatto in un posto qualsiasi. Lo scopo non è chiaro «e io non accuso nessuno. Forse si è voluto fare un vaccino contro l’AIDS»; se l’ipotesi di un’origine di laboratorio è rifiutata da tutti gli altri scienziati «è perché c’è una volontà di nascondere questi lavori»: molti direbbero la stessa cosa, ma li hanno obbligati a ritrattare perché «subiscono fortissime pressioni che io, premio Nobel, non subisco su di me». Tutti le Nazioni sono d’accordo a nascondere qualcosa che sarebbe un terribile atto d’accusa contro chi l’ha realizzata? «Potrebbe anche essere», è la risposta.

Non mi interessa soffermarmi sulle reazioni sdegnate di migliaia di uomini di scienza che accusano Montagnier di usare una tesi che si fonda su una ricerca indiana ritirata «perché la comunità scientifica ne aveva immediatamente segnalato le falle», né voglio dare troppo spazio ad altre accuse al Nobel francese che da anni si è attirato la disapprovazione scientifica generale perché, dopo il premio, ha inanellato una serie di dichiarazioni definite «strane» come una supposta origine microbica dell’autismo, una crociata contro i vaccini, il sostegno all’omeopatia e il suggerimento a Papa Giovanni Paolo II di curare il suo Parkinson con succo di papaya.

Né mi sembra particolarmente importante, in questo momento, sapere dove e perché questo mostro microscopico sarebbe state realizzato dall’uomo. Molto più importante, invece, sarebbe una sua ritrattazione del concetto che questo virus tra breve scomparirà da solo perché la natura distrugge le creature che non sono sue. Chi ci crede finirebbe per mettersi in grave pericolo: «Perché metterci in clausura e fare tanta attenzione? Tanto tra un po’ tutto tornerà come prima».

In realtà nulla tornerà come prima, tranne l’insopprimibile tendenza a mettersi sotto i riflettori dell’attenzione generale spacciando opinioni per dati di fatto.
E, intanto, buon 25 aprile a chi lo merita. Non è una festa di tutti, né per tutti.

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Anziano, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Paesaggio, Paura, Quarantena, Regole, Resistenza, Scelta, Scienza, Sogno, Solidarietà, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità.

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