In questo
terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui
abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso
fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non
dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Tra
le tante realtà che, quando finirà l’epoca del Covid-19, non potranno
più essere uguali a quello che erano fino a prima della pandemia, c’è
sicuramente la scuola. E non soltanto perché mezzo anno scolastico se
n’è andato tra timori, dubbi, tentativi di ridurre al minimo le perdite,
ma in quanto davanti al futuro dell’istruzione si è spalancato un bivio
e non siamo ancora sicuri di saper scegliere la strada migliore, o se
si potrà imboccare un’altra via che sappia unire i pregi e limitare i
difetti delle due alternative che abbiamo sotto gli occhi, o se sarà
necessario trovare strade ancora mai battute.
Se, infatti, all’università gli
studi hanno, tranne poche eccezioni, spiccate caratteristiche di
individualità, dalle elementari alle superiori è fondamentale per la
crescita, sia il rapporto tra studenti e docenti, sia la convivenza
all’interno delle classi: da entrambe le relazioni, infatti, derivano
esperienze e insegnamenti che saranno poi fondamentali nell’indirizzare
la vita adulta di tutti.
Il coronavirus, con l’obbligo di
evitare assembramenti per scongiurare i contagi, ha fatto chiudere
improvvisamente le aule, ha imposto una lunga vacanza non prevista dal
calendario e, infine, ha fatto virare l’insegnamento dal contatto
diretto a quello per via telematica. Di minore importanza mi sembrano
gli esami che saranno, o non saranno fatti, in quanto quello è soltanto
il momento della valutazione di quanto uno studente sa esprimere, non
sempre di quanto si è davvero arricchito culturalmente, sia nella
conoscenza, sia, soprattutto nel ragionamento.
L’uso dei computer e della rete è
stato indubbiamente provvidenziale, ma fin da subito ha messo in luce
difficoltà, sia materiali, sia concettuali. Intanto, per quelle di tipo
materiale, almeno per il momento ci sono degli impedimenti spesso legati
al censo: non tutti, infatti, hanno la possibilità di dotarsi di
computer sufficientemente potenti per collegarsi da casa in maniera
soddisfacente con l’insegnante e il resto della classe. Poi ci sono
problemi infrastrutturali visto che in molte zone d’Italia, soprattutto
in quelle già condannate da altre situazioni allo spopolamento, la
copertura di rete è di scarsissima qualità, se non addirittura assente. E
se per superare il primo ostacolo è necessaria una pur ingente spesa,
per cancellare il secondo occorrono lavori che, oltre a tanto denaro,
richiedono anche tempi non brevi.
Ma ancor più difficili da
dimenticare sono i rischi che sono legati alla mancanza di contatti
diretti tra studenti e tra studenti e professori. L’educazione, infatti,
non è legata soltanto ai libri di testo e alle spiegazioni che della
materia sono date dalla cattedra; una parte fondamentale, invece, deriva
proprio da tutte quelle parole, quegli episodi, quegli atteggiamenti
non direttamente legati ai programmi di studio, ma che riempiono le ore
in cui si sta a scuola e che si incidono nella mente e nell’animo di
ogni studente con maggiore forza e velocità delle nozioni propriamente
dette.
Nella scuola, insomma, si apprendono
molte regole di comportamento e di convivenza che arrivano al nostro
cervello non soltanto attraverso le parole, sentite o stampate che
siano, ma anche dal vedere certi atteggiamenti, taluni gesti,
dall’osservare le silenziose furbizie che passano e quelle che invece
sono individuate; dal capire che all’interno di una comunità, sia pur
ristretta, possono svilupparsi infiniti tipi di rapporti e situazioni
che, poi, per la maggior parte, si vedranno ripetere durante l’intera
vita, con esempi di generosità e di egoismo, di onestà e di sotterfugio.
Ma soprattutto è la scuola che ha il
fondamentale compito di insegnare a imparare perché poi bisognerà
essere pronti a imparare ben oltre la conquista di un diploma, o di una
laurea: lo si dovrà fare per tutta la vita e non soltanto in tema di
materie specifiche, visto che è a scuola che si comincia a ragionare sui
concetti di comprensione e di giustizia che finiscono per coinvolgere
tutti; che si capisce la differenza tra autorevolezza e autorità e che
si sviluppa quella sensibilità che fa comprendere che in determinate
circostanze la democrazia possa anche coesistere con le gerarchie; che
si comprende il concetto di “diritti” e che si può cominciare a battersi
per ottenerli, prima, e per difenderli, poi.
Nessuno fortunatamente pensa che
tutto questo possa essere mantenuto affidandosi a internet e, quindi,
per conservare gli imprescindibili rapporti umani, si prevede di tornare
al più presto possibile nelle classi. Ma anche qui i problemi non
mancano. Fin quando, infatti, non arriverà un vaccino efficace, sarà
necessario praticare quello che, con termine orrendo e che odora di
ossimoro, è chiamato “distanziamento sociale”. Ma per realizzarlo sarà
necessario ridurre drasticamente il numero di studenti per classe e
questo sarà possibile soltanto moltiplicando le classi e i professori
con ovvie e ingenti spese sia per la costruzione di nuove scuole e nuove
aule, sia per dare lo stipendio ai nuovi insegnanti.
Non ci sono strade semplici insomma.
E ancora una volta – sembra un’ossessione, ma è la realtà – il pensiero
corre al fatto che se le tasse fossero pagate da tutti e l’erario
incassasse 120 miliardi di euro in più ogni anno, questi problemi
sarebbero risolti senza chiedere sacrifici impossibili.
E la scuola questi sacrifici non può
non richiederli perché è proprio dalla scuola che dipende il futuro –
oltre che il presente – di ogni comunità.
Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Anziano, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Indignarsi, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Opinione, Paesaggio, Paura, Quarantena, Regole, Resistenza, Scelta, Scienza, Sogno, Solidarietà, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità, Zelo.
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