In questo
terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui
abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso
fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non
dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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I
lunghi giorni del Covid-19 sono dipinti – e probabilmente lo sono davvero –
come l’epoca degli incubi; per sé, per i propri cari, per la società in
genere. Ma gli incubi sono parenti stretti – pur se diametralmente
opposti – dei sogni e con loro convivono: in realtà, per distinguerli
dipende tutto da come il nostro inconscio li fa finire. Sempre che non
li lasci senza finale, o che non ce lo faccia ricordare.
Ma a noi resta sempre la possibilità
di riprenderli in mano, questi sogni, o i frammenti che di essi restano
in nostro pur labile possesso; e di rielaborarli, arricchirli, anche
dominarli portandoli a una conclusione conscia, pur se per il momento
irreale. D’altro canto «Coloro che sognano di giorno – lo scriveva Edgar
Allan Poe – sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di
notte».
E allora, forse, quello degli incubi
è proprio il momento di valorizzare i sogni, di tentare di dare loro
consistenza, soprattutto di cercar di capire se si tratta di proiezioni
della fantasia soltanto personali, oppure se sono diffusi perché, come
recitava lo slogan di un raduno di giovani di qualche anno fa «Se si
sogna da soli, è un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che
comincia». E il momento sembra proprio il più adatto, quello da
sfruttare assolutamente in quanto dopo qualsiasi catastrofe è del tutto
impossibile ristabilire l’ordine precedente, ma è necessario crearne uno
che prima non c’era, che porta con sé svariate differenze, alcune di
piccolo momento, altre di portata gigantesca; anche se in partenza è
impossibile sapere la loro dimensione.
Pensate a quello che è successo qui,
in Friuli, dopo il terremoto del 1976. Ci si è trovati di fronte alla
necessità di una ricostruzione che, a prima vista, appariva fisica più
che sociale, anche se poi avrebbe portato con sé profondi cambiamenti
proprio nelle comunità friulane e non soltanto in quelle delle zone
maggiormente colpite.
Risvegliatisi dall’intontimento
traumatico del terribile colpo subito che aveva strappato ai propri cari
circa mille persone, si è percepito subito che quella poteva essere
un’occasione per correggere alcune cose, almeno – lo ripeto – a livello
fisico, soprattutto stando attenti alla sicurezza. Era il momento di
presentare alcuni sogni e di condividerli con altri e, anche per questo,
c’è stato un fiorire di assemblee e dibattiti in cui ci si sforzava di
prefigurare il futuro. Poi, inevitabilmente, qualcuno doveva decidere;
ma i pensieri dei cittadini hanno avuto il loro peso, testimoniato dal
fatto che in ogni comune sono state prese decisioni diverse.
In quell’occasione inevitabilmente,
anche per inesperienza, non sono stati previsti i contraccolpi
psicologici causati non soltanto dalle nuove disposizioni urbanistiche,
ma soprattutto dalla rottura di tanti legami causata dalla lontananza
dal paese e da quello che oggi viene chiamato “distanziamento sociale”;
due elementi che sono stati la causa per la quale molte comunità, sono
diventate soltanto aggregati sciolti di cittadini diversi.
Forti di quella esperienza, oggi per
prima cosa, approfittando anche dei mezzi di comunicazione molto più
sviluppati che la tecnologia ci ha messo a disposizione, dovremmo stare
attenti a che i rapporti interpersonali e di gruppo, pur restando ognuno
a casa propria, non vengano spezzati dalla separazione forzata imposta
dal coronavirus. Ma poi, visto che questa volta non si tratta di
ricostruire fisicamente fabbriche, case e chiese, ma di cercar di
preparare la strada a una società che inevitabilmente sarà cambiata,
abbiamo uno spazio per sognare cose molto diverse. E per sognare in
grande.
Perché non pensare, per esempio, a
una società nella quale le attuali disparità tra ricchi e poveri,
vengano, se non eliminate, almeno parzialmente ridotte, visto che la
missione di una società ben costituita consiste proprio nell’emendare la
disuguaglianza che si trasforma in affronto a causa della vicinanza
portata dalla vita in co¬munità? E perché non immaginare una scuola che,
oltre alle nozioni umanistiche e scientifiche, torni a insegnare anche i
valori del vivere insieme dando loro la giusta importanza che hanno per
la società?
Oppure pensare a un mondo in cui
l’economia abbia tra le sue molle anche i principi etici di
sostenibilità sociale in cui al lavoro sia dato soprattutto il compito
di dare dignità e soddisfazioni a chi lo pratica, e non soltanto il
denaro, magari troppo scarso e non sempre sicuro, per riuscire ad andare
avanti soddisfacendo i bisogni più elementari della sopravvivenza? O,
ancora, a un Paese nel quale i concetti di legale e legittimo possano
coincidere sempre togliendo ai cittadini la responsabilità di
disobbedire a certe leggi promulgate, ma eticamente inaccettabili. E nel
quale chi non paga le tasse sia considerato complice anche di stragi
come quelle che sono state concesse proprio dall’inadeguatezza del
denaro investito nella salute? E a una democrazia che non sia soltanto
voto e delega a occhi chiusi, ma soprattutto discussione, ragionamento e
affidamento a persone delle quali si è certi di potersi fidare.
Ed è lecito sognare anche una sanità
pubblica che la finisca di essere chiamata “azienda” in quanto questa
parola implica la ricerca di un guadagno che nel caso della salute deve
essere sempre messo in secondo piano, o, ancor meglio, non essere
neppure preso in considerazione quando si deve aver cura dei più deboli
nel fisico e nella mente. Se non vi bastano le migliaia di morti di
questi giorni, pensate a quanto sono costati, proprio in termini
economici, i pretesi risparmi effettuati negli anni, con tagli di
reparti, eliminazione di posti letti e anche con ciechi risparmi sui più
elementari presidi sanitari per proteggere malati, medici e infermieri.
E potrei elencare ancora decine di
sogni, ma tutto può essere compreso nel grande miraggio della giustizia
sociale in cui il sentimento di ingiustizia non è collegato con tutte le
violazioni della legge, ma soltanto con quelle delle leggi che devono
esistere, incluse quelle che dovrebbero esistere e che, invece, non ci
sono.
Sono soltanto sogni? Non credo. Ma certamente almeno questi il Covid-19 non ce li può rubare.
Le altre parole: Abbraccio, Anonimo, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Europeismo, Futuro, Infodemia, Libertà, Natura, Scelta, Solidarietà
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