sabato 4 aprile 2020

Le parole del virus: Sogno

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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I lunghi giorni del Covid-19 sono dipinti – e probabilmente lo sono davvero – come l’epoca degli incubi; per sé, per i propri cari, per la società in genere. Ma gli incubi sono parenti stretti – pur se diametralmente opposti – dei sogni e con loro convivono: in realtà, per distinguerli dipende tutto da come il nostro inconscio li fa finire. Sempre che non li lasci senza finale, o che non ce lo faccia ricordare.

Ma a noi resta sempre la possibilità di riprenderli in mano, questi sogni, o i frammenti che di essi restano in nostro pur labile possesso; e di rielaborarli, arricchirli, anche dominarli portandoli a una conclusione conscia, pur se per il momento irreale. D’altro canto «Coloro che sognano di giorno – lo scriveva Edgar Allan Poe – sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte».

E allora, forse, quello degli incubi è proprio il momento di valorizzare i sogni, di tentare di dare loro consistenza, soprattutto di cercar di capire se si tratta di proiezioni della fantasia soltanto personali, oppure se sono diffusi perché, come recitava lo slogan di un raduno di giovani di qualche anno fa «Se si sogna da soli, è un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia». E il momento sembra proprio il più adatto, quello da sfruttare assolutamente in quanto dopo qualsiasi catastrofe è del tutto impossibile ristabilire l’ordine precedente, ma è necessario crearne uno che prima non c’era, che porta con sé svariate differenze, alcune di piccolo momento, altre di portata gigantesca; anche se in partenza è impossibile sapere la loro dimensione.

Pensate a quello che è successo qui, in Friuli, dopo il terremoto del 1976. Ci si è trovati di fronte alla necessità di una ricostruzione che, a prima vista, appariva fisica più che sociale, anche se poi avrebbe portato con sé profondi cambiamenti proprio nelle comunità friulane e non soltanto in quelle delle zone maggiormente colpite.

Risvegliatisi dall’intontimento traumatico del terribile colpo subito che aveva strappato ai propri cari circa mille persone, si è percepito subito che quella poteva essere un’occasione per correggere alcune cose, almeno – lo ripeto – a livello fisico, soprattutto stando attenti alla sicurezza. Era il momento di presentare alcuni sogni e di condividerli con altri e, anche per questo, c’è stato un fiorire di assemblee e dibattiti in cui ci si sforzava di prefigurare il futuro. Poi, inevitabilmente, qualcuno doveva decidere; ma i pensieri dei cittadini hanno avuto il loro peso, testimoniato dal fatto che in ogni comune sono state prese decisioni diverse.

In quell’occasione inevitabilmente, anche per inesperienza, non sono stati previsti i contraccolpi psicologici causati non soltanto dalle nuove disposizioni urbanistiche, ma soprattutto dalla rottura di tanti legami causata dalla lontananza dal paese e da quello che oggi viene chiamato “distanziamento sociale”; due elementi che sono stati la causa per la quale molte comunità, sono diventate soltanto aggregati sciolti di cittadini diversi.

Forti di quella esperienza, oggi per prima cosa, approfittando anche dei mezzi di comunicazione molto più sviluppati che la tecnologia ci ha messo a disposizione, dovremmo stare attenti a che i rapporti interpersonali e di gruppo, pur restando ognuno a casa propria, non vengano spezzati dalla separazione forzata imposta dal coronavirus. Ma poi, visto che questa volta non si tratta di ricostruire fisicamente fabbriche, case e chiese, ma di cercar di preparare la strada a una società che inevitabilmente sarà cambiata, abbiamo uno spazio per sognare cose molto diverse. E per sognare in grande.

Perché non pensare, per esempio, a una società nella quale le attuali disparità tra ricchi e poveri, vengano, se non eliminate, almeno parzialmente ridotte, visto che la missione di una società ben costituita consiste proprio nell’emendare la disuguaglianza che si trasforma in affronto a causa della vicinanza portata dalla vita in co¬munità? E perché non immaginare una scuola che, oltre alle nozioni umanistiche e scientifiche, torni a insegnare anche i valori del vivere insieme dando loro la giusta importanza che hanno per la società?

Oppure pensare a un mondo in cui l’economia abbia tra le sue molle anche i principi etici di sostenibilità sociale in cui al lavoro sia dato soprattutto il compito di dare dignità e soddisfazioni a chi lo pratica, e non soltanto il denaro, magari troppo scarso e non sempre sicuro, per riuscire ad andare avanti soddisfacendo i bisogni più elementari della sopravvivenza? O, ancora, a un Paese nel quale i concetti di legale e legittimo possano coincidere sempre togliendo ai cittadini la responsabilità di disobbedire a certe leggi promulgate, ma eticamente inaccettabili. E nel quale chi non paga le tasse sia considerato complice anche di stragi come quelle che sono state concesse proprio dall’inadeguatezza del denaro investito nella salute? E a una democrazia che non sia soltanto voto e delega a occhi chiusi, ma soprattutto discussione, ragionamento e affidamento a persone delle quali si è certi di potersi fidare.

Ed è lecito sognare anche una sanità pubblica che la finisca di essere chiamata “azienda” in quanto questa parola implica la ricerca di un guadagno che nel caso della salute deve essere sempre messo in secondo piano, o, ancor meglio, non essere neppure preso in considerazione quando si deve aver cura dei più deboli nel fisico e nella mente. Se non vi bastano le migliaia di morti di questi giorni, pensate a quanto sono costati, proprio in termini economici, i pretesi risparmi effettuati negli anni, con tagli di reparti, eliminazione di posti letti e anche con ciechi risparmi sui più elementari presidi sanitari per proteggere malati, medici e infermieri.

E potrei elencare ancora decine di sogni, ma tutto può essere compreso nel grande miraggio della giustizia sociale in cui il sentimento di ingiustizia non è collegato con tutte le violazioni della legge, ma soltanto con quelle delle leggi che devono esistere, incluse quelle che dovrebbero esistere e che, invece, non ci sono.

Sono soltanto sogni? Non credo. Ma certamente almeno questi il Covid-19 non ce li può rubare.

Le altre parole: Abbraccio, Anonimo, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Europeismo, Futuro, Infodemia, Libertà, Natura, Scelta, Solidarietà

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