In questo
terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui
abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso
fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non
dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Una
delle costanti secolari del nostro vivere civile è la frequentissima
contrapposizione tra politica e scienza in un contrasto apparentemente
inevitabile visto che, mentre la politica vorrebbe presentarsi come
l’arte della mediazione, anche se in realtà punta verso obbiettivi di
parte teoricamente inamovibili, la scienza è alla ricerca di certezze
dalle quali non intende deflettere se non per chiarire ulteriormente
aspetti che lasciano trasparire qualche dubbio, o inattese
inadeguatezze.
In questo senso l’esempio più vicino
a noi è quello della teoria della Relatività generale di Einstein che
ha corretto e migliorato quella della Gravitazione universale di Newton,
senza, però negarla nelle sue basi. Per spiegare meglio questo concetto
ricorrerei a una frase del fisico e matematico francese Henri Poincaré:
«Il progresso della scienza – scrisse – non è paragonabile ai
cambiamenti di una città, dove vecchi edifici sono abbattuti senza pietà
per far posto ai nuovi, ma all’evoluzione continua di tipi zoologi¬ci
che si sviluppano senza interruzione e finiscono per diven¬tare
irriconoscibili all’occhio comune, mentre un occhio esperto vi riconosce
sempre la traccia del precedente lavoro di se¬coli».
Il Covid-19 ha fatto sentire il suo
peso anche in questo difficile rapporto, creando una situazione
praticamente inedita, probabilmente temporanea e sicuramente
paradossale, in quanto il mondo politico ha cominciato a dare retta agli
scienziati proprio nel momento in cui, davanti a un virus apparso da
troppo poco tempo per essere conosciuto appieno, la scienza ha
continuato a mettere le mani avanti dando risposte che sono state sempre
accompagnate da un «Per quanto ne sappiamo finora». E forse, visto che,
a differenza della politica, la scienza sceglie sempre, forse sono
proprio i dubbi degli scienziati a lasciar avvicinare coloro che
nell’incertezza – sia pur inflessibilmente dissimulata – vivono
normalmente.
Però non è che di colpo tutti i
dissapori si siano appianati; anzi. Ma è il terreno di scontro a essersi
spostato: ora è all’interno del dibattito tra maggioranza e opposizione
visto che, dopo lo shock iniziale, si è ripreso a guardare i sondaggi. E
questa volta il problema non si trova nelle risposte scientifiche, ma
nelle domande che alla scienza sono state poste. Sulla ripresa delle
attività produttive e distributive, infatti, la scienza ha risposto a
una richiesta su come arrivarci dando assoluta precedenza alla sicurezza
dei lavoratori rispetto alle necessità economiche, mentre dall’altra
parte si sarebbe domandato di accelerare il più possibile, accettando
una pur piccola quantità di rischio.
Del resto, su questo secondo tipo di
domanda, la scienza avrebbe avuto gravi difficoltà a rispondere, perché
si interessa non del quando, ma del come, e poi in quanto è sul primo
quesito che può esprimersi eticamente, sia perché il primo scopo delle
scienze che si occupano della salute delle persone è quello di salvare
vite umane, sia in quanto è proprio la prima domanda quella
condivisibile da tutti, se si pensa che la vita messa a repentaglio
potrebbe essere la propria.
Infatti, molti scienziati si sentono
su acuminate spine etiche e deontologiche quando si discute sulle
sperimentazioni di un nuovo vaccino che deve nascere al più presto per
salvare più vite possibili, ma che, se la fretta diventa eccessiva e
cancella troppe procedute di sicurezza, rischia di compromettere la
vita, o almeno la salute di pur volontarie cavie umane.
Al di là dei discorsi etici,
dall’esperienza del periodo del coronavirus, resteranno comunque alcune
certezze. Intanto è confermato che da parte della politica non c’è alcun
senso di vergogna nel chiedere miracoli immediati a coloro ai quali
fino al giorno prima sono stati lesinati, se non addirittura negati, i
finanziamenti per l’istruzione e per la ricerca, costringendo molte idee
a morire, o a emigrare, per mancati approfondimenti a tavolino e per
mancate sperimentazioni in laboratorio.
Poi, non si era mai vista
concretizzarsi fin da subito una fortissima collaborazione tra gli
uomini di scienza di tutto il mondo instaurando, forse anche perché il
pericolo questa volta è davvero comune, un fitto interscambio di
informazioni e suggerimenti anche tra rappresentati di branche
scientifiche diverse e che normalmente non dialogano tra loro.
Infine, viste le reazioni
infastidite, che diventano più frequenti man mano ci si illude di essere
vicini alla fine della pandemia, si vede confermata la certezza che i
rapporti tra politica e scienza riprenderanno velocemente a deteriorarsi
e che ancora non saranno ascoltati, se non con enormi difficoltà, i
segnali d’allarme che le scienze fanno squillare, sia pure su aspetti
assolutamente non secondari, ma, anzi, fondamentali per la sopravvivenza
della specie.
I primi, i più importanti sono
quello climatico e quello delle biodiversità, strettamente
interconnessi, che, pur essendo determinanti per il futuro degli esseri
umani, vengono messi troppo spesso in secondo piano, perché sono sempre
fatte prevalere considerazioni di ordine economico e finanziario. Eppure
l’acuirsi di queste crisi biologiche provoca disastri atmosferici e
marini, ma anche estinzioni e migrazioni che, in una specie di effetto
domino, modificano le relazioni tra gli esseri viventi e causano cambi
di alimentazione e contatti biologici, prima inediti, che possono anche
essere alla base delle pandemie.
Scienza e politica, insomma, non
dovrebbero contrapporsi, bensì interagire secondo i loro campi di
competenza. Ma la cosa appare sempre molto difficile, anche perché il
mondo scientifico fa il possibile per espellere da sé i corpi estranei, o
per incompetenza, o per interessi privati che prevalgono su quelli
generali, mentre in politica nulla di tutto questo appare quasi mai.
Vien quasi da pensare che la
scienza, ad avere troppi contatti con la politica, potrebbe rimetterci
perché sarebbe apparentemente contaminata da un relativismo conoscitivo
pericolosissimo soprattutto perché tenderebbe a minare la fiducia che i
cittadini devono avere nell’obiettività della scienza.
Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Infodemia, Lavoro, Libertà, Memoria, Natura, Paesaggio, Quarantena, Scelta, Sogno, Solidarietà, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità.
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