In questo
terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui
abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso
fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non
dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Quando
si resta tramortiti da una catastrofe di origine fisica, biologica, o
umana, si moltiplicano le volte in cui il nome di Dio viene nominato;
non sempre invano. Molti lo invocano per avere un aiuto per sé e i
propri cari, o, se sono generosi e visto che non costa fatica
suppletiva, per tutto il mondo. Altri lo accusano perché non ha difeso
l’umanità e ha lasciato che subisse un altro flagello. Questo canovaccio
si è ripetuto anche con il Covid-19 e, ancora una volta, ci si è
trovati di fronte a modi decisamente diversi di rapportarsi, almeno per
chi crede, con il Creatore.
Però le differenze non si limitano
al tipo di dialogo intimo che ognuno può avere con Dio, ma anche a come
questo rapporto è esplicitato. E proprio in questi giorni che precedono
la Pasqua ci troviamo di fronte a due esempi di comportamento tanto
diversi da essere stridenti. Da una parte, Papa Francesco scende da solo
in una piazza San Pietro fredda, piovosa, silenziosa e deserta e,
rispettoso delle regole dettate dalla scienza e dal governo, si affida
alle tecnologie di comunicazione per pregare Dio, impartire la
benedizione “Urbi et orbi” e concedere l’indulgenza plenaria. È solo in
un deserto per non favorire la diffusione del contagio del coronavirus,
ma in realtà è stretto tra milioni di persone che lo ascoltano in tutto
il mondo.
Dall’altra parte, mentre il numero
dei contagi non cala con decisione, Matteo Salvini, probabilmente alla
ricerca della perduta visibilità, chiede che domenica le Chiese siano
aperte per la messa pasquale e invita i fedeli ad andarvi perché, dice,
«La scienza da sola non basta: serve anche il buon Dio». E, per
sicurezza, aggiunge che «occorre anche la protezione del Cuore
Immacolato di Maria». In questo, riceve entusiastici applausi dalla
destra più dichiaratamente fascista che chiede addirittura delle
processioni, anche se probabilmente sarebbe meglio chiamarle adunate.
Ora lungi da me l’idea di essere in
grado di impartire assoluzioni e penitenze, ma tenderei a dare più
credito in cose di questo genere al Papa che a un leader politico i cui
favori, almeno secondo i sondaggi, sono in caduta costante e che, fino a
quando non ha pensato che potevano essergli utili durante i comizi,
quasi sicuramente non aveva mai toccato un rosario e certamente ancora
oggi non ha mai letto il Vangelo viste le fantasiose interpretazioni che
ne dà, soprattutto in termini di uguaglianza di tutti davanti a Dio e
di amore per il prossimo.
Da una parte, infatti, appare la
purezza della fede, dall’altra la presupponenza delle religioni. Perché
fede e religione, anche se possono convivere nella stessa persona, sono
cose ben diverse, come diverse sono la spiritualità e la ritualità. La
fede, per chi ce l’ha, è qualcosa che permea ogni momento della vita e
dirige nelle direzioni che una coscienza credente indica. La religione,
invece, è il distillato di una ritualità stabilita dai pochi che nei
secoli hanno avuto l’accesso alla parte più nascosta del tempio, la sola
in cui – sostengono – si può verificare un dialogo diretto con il
Signore e dalla quale escono tutti quei dettami che, nel cattolicesimo,
travalicano il testo del Vangelo e stabiliscono modi e tempi di una
ritualità ripetitiva che spesso finisce per soffocare la spiritualità.
E, infatti, la religione coinvolge soltanto chi la professa, magari
anche senza crederci molto. La fede, invece, finisce per interessare in
qualche maniera non soltanto chi crede, ma anche atei, agnostici e
inguaribilmente dubbiosi.
Non per niente l’atteggiamento
dell’uomo è diverso se a causare le catastrofi è la natura, oppure
l’uomo. Se a fare strage sono i vulcani, i terremoti, gli uragani,
conscio della propria piccolezza, quasi sempre l’uomo si rivolge a Dio
pregandolo perché plachi una natura che è troppo forte per essere domata
da un essere piccolo come siamo noi.
Nel caso di una pandemia, l’uomo di
oggi sa che con grande probabilità non è colpevole per la nascita del
virus, ma è anche conscio di avere pesanti responsabilità per non avere
agito d’anticipo per limitarne gli effetti più terribili.
E quando è l’uomo la causa delle
stragi, sono ragionamento e coscienza a imporsi nella nostra testa. Se
si pensa allo sterminio messo in atto dai nazisti contro gli ebrei e
tutti coloro che la criminale follia della croce uncinata vedeva come
diversi, più deboli, meno puri, allora la reazione, anche per chi ha una
fede non tacitata dalla religione, è più meditata, macerante, dubbiosa.
Non si può dimenticare che Hans Jonas, un grande del pensiero, nel suo
“Il concetto di Dio dopo Auschwitz”, ha istruito un vero e proprio
processo, mettendo in piedi nei confronti dell’Entità suprema, colpevole
di aver permesso la Shoah, una penetrante requisitoria che
contemporaneamente è anche una sofferta arringa difensiva. E che Elie
Wiesel, ne “La Notte”, sempre ricordando Auschwitz, dice: «Dietro di me
udii il solito uomo domandare: Dov’è dunque Dio? E io sentivo in me una
voce che rispondeva: Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca...». E
lo scrittore, premio Nobel per la pace, si riferisce a un patibolo sul
quale invano si rifiutava di morire un bambino impiccato dai nazisti. In
questo caso lo difende, ma lo stesso Wiesel, con “Il processo di
Shamgorod”, ambientato nell’imminenza di un pogrom che cancellò la
popolazione ebraica di quel paesino polacco nel febbraio del 1649, mette
in scena un vero e proprio processo a Dio.
Queste possono essere considerate
bestemmie? Non credo, perché sono le limitate reazioni umane a quelli
che sente come tradimenti. Altrimenti tutti noi abbiamo bestemmiato
quando ci siamo chiesti non soltanto perché un pedofilo abbia potuto
fare quello che ha fatto, ma anche perché – prima – abbia potuto
diventare ciò che è diventato. E abbiamo bestemmiato quando ci siamo
domandati come sia stato possibile permettere a gente come Hitler,
Mussolini, Stalin, Pol Pot e molti altri, anche dei giorni più vicini a
noi, di detenere il potere di far uccidere tanti altri uomini da non
poterne tenere un conto esatto. O come sia stato possibile permettere di
far arrivare al potere altri individui che forse non hanno ammazzato
con le armi, ma hanno ucciso con la fame e con le umiliazioni. E come
possano esistere esseri umani che commettono infanticidi, che rendono
schiavi donne e uomini, che fanno guerre e terrorismi, che sono razzisti
ed eterofobi, che sono egoisti e rifiutano solidarietà, che affamano la
gente e calpestano i diritti altrui pur di mantenere il potere e di
aumentare i propri guadagni.
Sono domande alle quali è
difficilissimo trovare una risposta, ma sono certo che potremmo andarci
molto più vicino scrutando un Papa che benedice e prega davanti a una
piazza deserta, piuttosto che marciando in un corteo che pretende di
essere una processione e, invece, è soltanto una parata che punta a
recuperare qualche voto in più per sé in cambio di qualche contagio in
più per altri.
Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Empatia, Europeismo, Futuro, Infodemia, Libertà, Natura, Scelta, Sogno, Solidarietà, Tempo, Vulnerabilità.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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