mercoledì 1 aprile 2020

Le parole del virus: Natura

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Tra le tante parole delle quali, per nostra comodità, abbiamo finito per travisare il significato, un posto di rilievo spetta a “natura” e all’aggettivo che ne deriva più direttamente, “naturale”, che nella vulgata comune oggi è applicato quasi soltanto a scenari sereni: alberi mossi dolcemente dalla brezza, spiagge assolate e immacolate, sorgenti di acque cristalline, ghiacci purissimi. O, dal punto di vista biologico, a cibi nei quali, nella coltivazione, o nell’allevamento, l’intervento della chimica non sia terribilmente massiccio.

E invece, nel primo caso, è perfettamente “naturale” anche la furia degli elementi quando castigano l’arroganza umana e rivelano la nostra piccolezza: il terremoto che rade al suolo costruzioni di ogni tipo; l’inondazione che sommerge, travolge e trascina quanto incontra sulla sua strada; il fulmine che stermina greggi di pecore, colpisce un gitante che non trova riparo, o abbatte un aereo con i suoi passeggeri; la tromba marina che frantuma le barche contro la scogliera; il tornado che risucchia nel suo vortice anche vite umane.

Nella nostra mente ciò che viene definito “naturale” ha una doppia valenza: è desiderabile, quasi fosse un prodotto dell’Eden perduto, ma in esso percepiamo anche, con la sua innocente bellezza, o con la cocente umiliazione che infligge ad alcuni nostri progetti, una specie di rimprovero rivolto all’artificio umano.

E la stessa cosa accade anche nella parte alimentare in cui facciamo finta di dimenticare che il terreno da cui i vegetali assorbono il nutrimento è comunque l’indiretto frutto delle nostre attività, che piante e animali in ogni caso metabolizzano la stessa aria che entra nei nostri polmoni, che spesso la cosiddetta “naturalità” si applica soltanto all’ultima fase della preparazione. Ricordo un’etichetta su della carne e in cui si assicurava che all’animale a cui prima apparteneva «non sono stati dati antibiotici negli ultimi sei mesi». Naturalità a tempo parziale, insomma.

Resta il fatto che in ogni caso, anche a livello inconscio, sappiamo perfettamente che non siamo padroni della natura e che dobbiamo accettare come naturale il fatto che le montagne continuino a sgretolarsi sotto l’azione degli elementi atmosferici e climatici, fornendo quei sedimenti che poi andranno a formare nuove pianure. Anzi, di solito già lo accettiamo tranquillamente perché, per esempio, non ci interessa molto che un ghiaione acuisca la sua curva, o diventi più terroso che ghiaioso. Però non solo restiamo legittimamente dispiaciuti, ma anche cerchiamo immediatamente e irragionevolmente dei colpevoli, come quando la natura, qualche anno fa, decise che le Cinque Torri diventassero quattro; o, per essere più precisi, quattro e qualcosa.

Questa reazione è assurda perché la realtà è che forse da qualche parte la natura sbaglia, forse da qualche parte è geniale; probabilmente, come ha detto Aristotele ne “La Politica”, «la natura non fa mai nulla d’inutile». Ma, comunque, come le ha create, così sarà lei a distruggere le cose tra cui viviamo. Noi generalmente possiamo aver contribuito – e fino a circa un secolo fa solo in minima parte e quasi sempre in maniera universalmente colposa più che personalmente volontaria, o preterintenzionale – ad accelerare alcuni processi.

Proprio alla luce di queste constatazioni appare curioso il “complottismo” che spesso viene a galla quando l’uomo è messo alle strette da cose minuscole che non sa come combattere. È infatti senza molto senso l’insistita ricerca di colpe umane che sgravino la natura da ogni sospetto. Nel caso del Covid-19, per esempio, si insiste molto, su una costruzione umana di questo virus, pensando a una guerra biologica ed equivocando soprattutto su un servizio televisivo mandato in onda nel 2015 dal Tg Leonardo, quello dedicato da Rai3 alla scienza. E si insiste anche dopo che scienziati di tutto il mondo, chiamati a controllare questa tesi, hanno confermato, nessuno escluso, che questo coronavirus non è stato assolutamente creato in laboratorio, ma è uscito, per naturale mutazione, da quegli incredibili laboratori biologici attrezzatissimi che sono i corpi viventi; in questo caso, quelli dei pipistrelli.

Questo tentare di scaricare la colpa, al di là di ogni ragionevolezza, su altri esseri umani può apparire strano, ma ha una sua logica perché non nasconde, come si potrebbe anche pensare, il rifiuto del dispiacere di sentirsi traditi dalla natura, bensì il desiderio di non sentirsi sconfitti in partenza dalla natura stessa; con l’idea che, mentre una cosa di derivazione umana può essere combattuta, molto più difficile è opporsi con successo alle volontà della natura.

Insomma, invece di derivare dalla superbia di credere che l’essere umano si sia davvero appropriato del verbo “creare”, questo atteggiamento esprime una scarsa fiducia nelle capacità dell’umanità e dei suoi scienziati. Una scarsa fiducia immeritata, visto che finora l’uomo è sempre riuscito a difendersi e non si vede perché, nei tempi che saranno necessari, non dovrebbe riuscire a farcela anche questa volta, magari con qualche ingegnoso stratagemma e un po’ di sacrifici.


Le altre parole: Anonimo, Confine, Denaro, Dignità, Europeismo, Futuro, Infodemia, Libertà, Scelta, Solidarietà

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