martedì 31 marzo 2020

Le parole del virus: Dignità

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Mentre, con tutti gli scetticismi del caso, sembra che il Covid-19 non sia più così deciso nella sua drammatica velocità di propagazione, appare sempre più necessario trovare una specie di piccola bussola etica e valoriale da scrutare attentamente già oggi, e che sarà necessaria per orientarci nel mondo del dopo coronavirus.

Per individuarla, mi sembra utile un passo scritto da Immanuel Kant nella sua “Fondazione della metafisica dei costumi”: «Tutto ha un prezzo o una dignità. Ha un prezzo ciò al cui posto può essere messo anche qualcos’altro, di equivalente; per contro ciò che si innalza al di sopra di ogni prezzo, e perciò non comporta equivalenti, ha una sua dignità». È la dignità, insomma, l’ago che deve segnare un punto fermo nel nostro cammino, per quanto possano cambiare il contesto esterno, le abitudini, le nostre percezioni dello spazio e del tempo, per quanto impetuoso sia il fiume di informazioni – vere o false che siano – che ci travolge. Il fatto di essere umani ci impone di chiederci sempre come dovremmo rapportarci con gli altri. Perché noi siamo umani grazie al fatto che altri umani ci donano umanità; e che noi gliela restituiamo, anche perché questo è davvero l’unico modo per rispettare anche la dignità nostra. E anche il dispiacere che proviamo per coloro che hanno dovuto morire da soli e per i parenti che non hanno potuto accompagnarli è una prova che questa dignità almeno è stata comunque cercata e voluta.

Se cerchiamo una definizione di dignità sembra difficile sottrarsi alla descrizione che Dante ne dà, per voce di Ulisse, nel XXVI canto dell’“Inferno”, quando il re di Itaca, per spronare i suoi marinai a superare le fatidiche Colonne d’Ercole li esorta con questi tre famosi versi: «Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza». Il poeta, insomma, afferma che per avere dignità, bisogna possedere sia valori, sia cultura.

Se vogliamo trovare degli esempi, a livello di valori, al di là dei tanti volontari e di coloro che fanno il loro lavoro con abnegazione e senza pensare al loro stipendio, sicuramente ha grande dignità il premier albanese Rama che, dimenticandosi dell’invasione italiana ai tempi di Mussolini e delle chiusure ai tempi di Salvini, e ricordandosi, invece, dell’accoglienza data dagli italiani nel periodo immediatamente successivo alla fine della dittatura di Enver Hoxha, ha mandato da noi medici e infermieri per aiutare e li ha definiti, con grande sensibilità, «i nostri soldati in tuta bianca». E grande dignità spetta anche a quei napoletani che hanno messo in giro nella città dei cesti con dentro roba da mangiare già preparata e con un cartello su cui è scritto: «Chi può metta. Chi non può prenda».

E a livello culturale, oltre che umano, non sanno nemmeno dove la dignità stia di casa i tanti che invadono internet, trasmissioni televisive e radiofoniche, solo con ansia di presenzialismo e dando notizie inattendibili, se non addirittura false. E con loro c’è anche Donald Trump che, stupidamente ancor più che cinicamente, dopo aver tergiversato a lungo parlando di una semplice influenza, ha affermato che «Con meno di 100 mila morti negli Stati Uniti avremo fatto un buon lavoro». Kant direbbe che per lui siamo male anche a livello di prezzo.

La storia insegna che di solito nei tempi di crisi cresce la voglia di dare sempre più deleghe a chi governa (il Parlamenbto ungherese si è lasciato appena convincere a dare i pieni poteri a Orban che chissà quando li restituirà), ma ammonisce anche ricordando che è proprio nei momenti più difficili che ci si deve trovare preparati per poter essere protagonisti delle nostre vite e non semplici comparse nelle mani del primo che passa, o del più potente. Ed è evidente, quindi, che in primo piano deve esserci sempre anche quella competenza che in questi ultimi decenni è stata vista quasi come un difetto da nascondere in un’età dell’ignoranza in cui una sorta di egualita¬rismo verso il basso sembrava avere la meglio sul tradizionale sapere consolidato.

Mentre il livello culturale e operativo dei politici continuava a calare, pianificatori, professori, profes-sionisti e specialisti di ogni tipo non sono stati più visti come figure cui affidarsi per un parere qualificato, ma come odiosi sostenitori di un sapere elitario e apparentemente inutile. Oggi quei dileggiati competenti sono ricercatissimi e, loro, ben lontani dal tenere il broncio, accorrono dove serve, anche al di là del loro dovere. Forse perché la cultura non nutre soltanto il cervello, ma anche i sentimenti.

E oggi ci si chiede come sia stato possibile che tanti si siano chiesti cosa farsene di libri, titoli di studio e di anni di praticantato se esiste Wikipedia? Perché leggere saggi, ricerche e giornali quando Facebook mette a nostra disposizione notizie di ogni genere e di prima mano? Non si sa se sono vere? Qualcuno prima o dopo ce lo farà sapere e se intanto succede un disastro, o il coronavirus provoca 100 mila morti negli Stati Uniti, si potrà sempre definirli “danni collaterali” per uno sviluppo che non presuppone principalmente il progresso, ma la ricchezza e la comodità.

Ne sono usciti dei mostri come l’informazione-spettacolo e quella intossicata da fake news sui seguitissimi social network, come la pretesa democrazia telematica dell’“uno vale uno” che rientra nella ricerca di semplicismi che sembrano essere la meta da raggiungere in un mondo che, invece, è sempre più complesso e richiede soluzioni sempre più complesse. Se quando l’emergenza sarà finita non ci si ricorderà di questi insegnamenti, ancora una volta si rischieranno gravi disastri anche in tema di dignità e di umanità.

Le altre parole: Anonimo, Confine, Denaro, Europeismo, Futuro, Infodemia, Libertà, Scelta, Solidarietà

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