lunedì 30 marzo 2020

Le parole del virus: Europeismo

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Hanno ripetuto in mille modi che il Covid-19 se la prende soprattutto con i soggetti più fragili. E tutti hanno sempre pensato che il riferimento fosse limitato agli anziani e a coloro che sono già sofferenti per una o più patologie. Nessuno, invece, almeno in prima battuta, aveva pensato all’Unione Europea che, invece, sempre più ci appare come una delle possibili vittime, perché fragile, anche se, come entità sovrannazionale, non ha assolutamente ancora un’età da farla considerare anziana.


Del resto lo sapevamo da tempo che l’Europa è una realtà incerta, divisa, frammentata; che quello che era definito il “gruppo di Visegrad”, composto da Polonia, Ungheria, Cechia e, fino a non molto tempo fa dalla Slovacchia, ha idee solidaristiche e umanitarie bel diverse dalla maggioranza degli altri Stati; che la macchinosità delle regole e la ridondanza di burocrazie mai integrate, rendono difficilissimo agire con sollecitudine ed efficacia; che si è partiti pensando di dare corpo agli utopici miraggi di Spinelli, Rossi e Colorni, mentre erano a Ventotene, privati del bene della libertà, e si è arrivati quasi subito, invece, a dare sostanza alle mire di coloro che ritengono che sia necessario favorire il mercato prima delle persone.

Ma il vero problema è che il virus, al di là dell’Unione Europea, possa mandare in crisi anche lo stesso europeismo che oltre ai soliti colpi inferti da aridi ragionieri – non intendo offendere quelli veri - che hanno preso il potere, sta subendo altri violenti traumi nel vedere che neppure mezzo milione abbondante di contagiati e ben più di 30 mila morti, riescono a scuotere il corpaccione sonnolento di un’Europa che non riesce a capire che importante non è il continente, bensì il contenuto, cioè gli esseri umani che vi vivono.

È possibile che la maggioranza dei 27 Stati debbano sottostare alla cecità di una minoranza di membri attualmente guidati dalle “aquile” di Germania e Olanda che, mentre passano i cortei di bare, continuano ostinatamente a guardare soltanto le colonne del dare e dell’avere? La risposta negativa della presidente Ue, Ursula von der Leyen alla proposta di emettere dei “Coronabond” per dare alle nazioni la liquidità di cui hanno bisogno per permettere di sopravvivere a coloro che sono obbligati a stare fermi, senza alcun guadagno, per difendere la salute di tutti, è di quelle che gridano vendetta al cielo.

Nei sogni dei tre di Ventotene c’era l’Europa dei popoli, delle persone. Se si vede che la vita delle persone vale meno dei soldi, allora di cosa stiamo parlando? L’Europa Unita nasce e merita di vivere perché, al di là del sogno di pace e alla comodità dei confini aperti, è lo strumento per passare da una cultura della sottrazione a una cultura dell’addizione, da una cultura dell’esclusione a una cultura dell’accoglienza, da una cultura della separazione alla cultura della fratellanza e della solidarietà. Poi ognuno ha, ovviamente, il diritto di pensarla in maniera diversa, ma deve sapere quali sono le conseguenze. E non può far finta che le conseguenze delle scelte di ognuno non pesino sulla propria coscienza.

Queste ferite possono essere giustificazioni sufficienti per lasciar perdere il sogno? Assolutamente no, sia perché un sogno non vive sulle probabilità della sua realizzazione, ma sulla sua sostanza più profonda, sia in quanto noi non dobbiamo combattere per realizzare questo sogno puntando a goderne noi: dobbiamo farlo soprattutto per le generazioni che ci seguiranno, che lo desiderano e che hanno il diritto di continuare a vivere in un posto che da più di settant’anni riesce a tenere lontane da sé quelle guerre che l’hanno insanguinato spesso nei secoli scorsi.

Noi riteniamo importante valutare come ci trattano i nostri vicini e come noi trattiamo loro, ma, in realtà, un giudizio serio su di noi dovrebbe dipendere soprattutto da come noi trattiamo quelli più lontani, gli altri; anzi, quelli che sono più “altri” di tutti, dentro e fuori i nostri confini.

L’europeismo, insomma, si allarga ben al di là degli angusti confini dell’Europa e coinvolge il concetto stesso di umanità. È anche per questo che non può rischiare di essere ucciso dal coronavirus. Dobbiamo ventilarlo con tutte le nostre forze, perché se chi al potere non lo fa, questo compito spetta a tutti gli altri che sanno benissimo che un sogno, per essere realizzato, richiede tanta fatica ed esige di superare qualsiasi delusione e sconforto.

Le altre parole: Anonimo, Confine, Denaro, Futuro, Infodemia, Libertà, Scelta, Solidarietà

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