In questo
terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui
abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso
fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non
dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Hanno ripetuto in mille modi che il Covid-19 se la prende soprattutto
con i soggetti più fragili. E tutti hanno sempre pensato che il
riferimento fosse limitato agli anziani e a coloro che sono già
sofferenti per una o più patologie. Nessuno, invece, almeno in prima
battuta, aveva pensato all’Unione Europea che, invece, sempre più ci
appare come una delle possibili vittime, perché fragile, anche se, come
entità sovrannazionale, non ha assolutamente ancora un’età da farla
considerare anziana.
Del resto lo sapevamo da tempo che
l’Europa è una realtà incerta, divisa, frammentata; che quello che era
definito il “gruppo di Visegrad”, composto da Polonia, Ungheria, Cechia
e, fino a non molto tempo fa dalla Slovacchia, ha idee solidaristiche e
umanitarie bel diverse dalla maggioranza degli altri Stati; che la
macchinosità delle regole e la ridondanza di burocrazie mai integrate,
rendono difficilissimo agire con sollecitudine ed efficacia; che si è
partiti pensando di dare corpo agli utopici miraggi di Spinelli, Rossi e
Colorni, mentre erano a Ventotene, privati del bene della libertà, e si
è arrivati quasi subito, invece, a dare sostanza alle mire di coloro
che ritengono che sia necessario favorire il mercato prima delle
persone.
Ma il vero problema è che il virus,
al di là dell’Unione Europea, possa mandare in crisi anche lo stesso
europeismo che oltre ai soliti colpi inferti da aridi ragionieri – non
intendo offendere quelli veri - che hanno preso il potere, sta subendo
altri violenti traumi nel vedere che neppure mezzo milione abbondante di
contagiati e ben più di 30 mila morti, riescono a scuotere il
corpaccione sonnolento di un’Europa che non riesce a capire che
importante non è il continente, bensì il contenuto, cioè gli esseri
umani che vi vivono.
È possibile che la maggioranza dei
27 Stati debbano sottostare alla cecità di una minoranza di membri
attualmente guidati dalle “aquile” di Germania e Olanda che, mentre
passano i cortei di bare, continuano ostinatamente a guardare soltanto
le colonne del dare e dell’avere? La risposta negativa della presidente
Ue, Ursula von der Leyen alla proposta di emettere dei “Coronabond” per
dare alle nazioni la liquidità di cui hanno bisogno per permettere di
sopravvivere a coloro che sono obbligati a stare fermi, senza alcun
guadagno, per difendere la salute di tutti, è di quelle che gridano
vendetta al cielo.
Nei sogni dei tre di Ventotene c’era
l’Europa dei popoli, delle persone. Se si vede che la vita delle
persone vale meno dei soldi, allora di cosa stiamo parlando? L’Europa
Unita nasce e merita di vivere perché, al di là del sogno di pace e alla
comodità dei confini aperti, è lo strumento per passare da una cultura
della sottrazione a una cultura dell’addizione, da una cultura
dell’esclusione a una cultura dell’accoglienza, da una cultura della
separazione alla cultura della fratellanza e della solidarietà. Poi
ognuno ha, ovviamente, il diritto di pensarla in maniera diversa, ma
deve sapere quali sono le conseguenze. E non può far finta che le
conseguenze delle scelte di ognuno non pesino sulla propria coscienza.
Queste ferite possono essere
giustificazioni sufficienti per lasciar perdere il sogno? Assolutamente
no, sia perché un sogno non vive sulle probabilità della sua
realizzazione, ma sulla sua sostanza più profonda, sia in quanto noi non
dobbiamo combattere per realizzare questo sogno puntando a goderne noi:
dobbiamo farlo soprattutto per le generazioni che ci seguiranno, che lo
desiderano e che hanno il diritto di continuare a vivere in un posto
che da più di settant’anni riesce a tenere lontane da sé quelle guerre
che l’hanno insanguinato spesso nei secoli scorsi.
Noi riteniamo importante valutare
come ci trattano i nostri vicini e come noi trattiamo loro, ma, in
realtà, un giudizio serio su di noi dovrebbe dipendere soprattutto da
come noi trattiamo quelli più lontani, gli altri; anzi, quelli che sono
più “altri” di tutti, dentro e fuori i nostri confini.
L’europeismo, insomma, si allarga
ben al di là degli angusti confini dell’Europa e coinvolge il concetto
stesso di umanità. È anche per questo che non può rischiare di essere
ucciso dal coronavirus. Dobbiamo ventilarlo con tutte le nostre forze,
perché se chi al potere non lo fa, questo compito spetta a tutti gli
altri che sanno benissimo che un sogno, per essere realizzato, richiede
tanta fatica ed esige di superare qualsiasi delusione e sconforto.
Le altre parole: Anonimo, Confine, Denaro, Futuro, Infodemia, Libertà, Scelta, Solidarietà
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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