Come sempre, se
qualcosa mette paura – e l’epidemia del nuovo coronavirus, il Covid-19,
mette paura a tutto il mondo – finisce per catalizzare l’attenzione
generale sulle sue più drammatiche conseguenze. E in questo caso le
vittime non mancano di certo: migliaia di morte che non sono numeri di
una statistica, ma persone in carne e ossa che lasciano anche profondi
strascichi di dolore; decine di migliaia di uomini e donne contagiati;
altri che vedono andare in fumo le loro attività lavorative che non
sanno se sapranno riprendersi dopo una pausa imposta, ma anche
inevitabile; altre ancora che, pur di rimbalzo, soffriranno per una
crisi economica che appare inevitabile. E, in sovrappiù, isolamenti
forzati, socialità ridotte, solitarie tristezze. Tutte queste cose
riempiono giustamente la maggior parte degli spazi e dei tempi degli
organi di informazione, ma ci sono anche altre possibili vittime che,
per ora, restano fuori dall’area di attenzione.
Una di queste vittime nascoste
rischia di essere la nostra democrazia. Tra meno di un mese, infatti,
dovremmo andare alle urne per confermare o bocciare la legge
costituzionale che vuole tagliare del 37% i parlamentari italiani e
praticamente nessuno ne parla. Un po’, certamente, perché tutti gli
sforzi sono diretti a fronteggiare questa nuova possibile pandemia, ma
anche in quanto è generale la voglia di non attirare l’attenzione su
qualcosa che potrà decidere il nostro futuro. I 5stelle non vogliono
mollare quella che è stata una delle bandiere del loro populismo
elementare; il PD, anche se la stragrande maggioranza dei suoi aderenti e
simpatizzanti è per il “No”, tace in quanto teme di mettere a rischio
il già traballante equilibrio del governo; Lega e Fratelli d’Italia,
dopo aver permesso di arrivare al referendum, ora lo vogliono veder
fallire perché sperano di mirare a ben altri obbiettivi. Renzi, come
spesso accade, in sintonia con Forza Italia, non dà indicazioni precise
anche se i suoi soliti desideri di governi forti sembrano spingerlo
verso il sì. Molte associazioni preferiscono non prendere posizione
ufficiale per paura di scontentare una parte sicuramente minore dei loro
aderenti.
Quindi, anche per il decreto che
giustamente impedisce assembramenti, assemblee, convegni e riunioni
varie, si rischia di arrivare a un fulcro della democrazia com’è il
referendum, senza minimamente discuterne prima; senza neppure ricordare
l’appuntamento. E questa situazione non dipende soltanto dal
coronavirus, ma anche dai progetti ben calcolati della destra e dalla
pavidità e scarsa lungimiranza della sinistra.
Salvini, anche se le situazioni
politiche, sociali, sanitarie e del tipo di consultazione sono
diversissime dice: «Hanno votato in Israele, non vedo perché non si
potrebbe votare in Italia». Ma poi, nell’invitare a votare “Sì”,
finisce per spiegare la sua scelta: «Se il popolo italiano confermerà
questa legge, è evidente che il Parlamento sarà ulteriormente
delegittimato e non è immaginabile che questo Parlamento possa andare a
eleggere il Presidente della Repubblica». E Giorgia Meloni inizialmente
si accoda per poi accelerare specificando che porterà avanti una sua
«proposta per l’elezione diretta del Capo dello Stato». Che tutto questo
cambi profondamente la lettera e lo spirito della nostra Costituzione è
evidente, ma è altrettanto chiaro che Salvini e compagnia vogliono
arrivare proprio a questo, togliendo potere al Parlamento per
trasferirlo sempre più prepotentemente al capo del governo.
E l’appetito – è sempre accaduto –
vien mangiando. Quale altra funzione, infatti, finirà per avere il
Parlamento ridotto, se non quella di fare da specchietto per le allodole
permettendo al satrapo di turno di protestare la propria democraticità
sbandierando l’esistenza di un Parlamento che – vale la pena ricordarlo –
esiste ed è esistito nominalmente anche in tutte le dittature del
mondo.
Non soltanto stupisce, ma addolora e
toglie molte speranze per il futuro che quello che dovrebbe essere il
partito di riferimento per tutto il centrosinistra, e anche quello che
dovrebbe rappresentare la sinistra, non si schierino ufficialmente con
forza per il No, ma siano anzi protagonisti di un silenzio assordante.
Eppure potrebbero far leva sui
motivi del “No” che ci sono e sono anche incontestabili. A fronte di un
teorico risparmio irrisorio (57 milioni di euro l’anno, un po’ meno
della rinuncia di un caffè a testa per ogni italiano nell’arco di dodici
mesi), si verificherebbe, infatti, una perdita secca per la democrazia
in quanto la diminuzione del numero dei parlamentari farebbe crescere la
loro distanza dai cittadini e dal territorio visto che l’Italia
scenderebbe all’ultimo posto dei 27 Stati membri dell’Unione europea nel
rapporto fra deputati e abitanti. Inoltre si consegnerebbe il lavoro
delle commissioni parlamentari a pochissimi membri di pochi partiti
riducendo di molto il ruolo del Parlamento a livello legislativo e di
controllo sull’operato del Governo. Con questo, poi, salterebbe in
grandissima parte il concetto costituzionale di rappresentanza. Per la
nostra regione, per esempio, il No costituisce anche una difesa dello
Statuto Speciale ed è l’unica alternativa che permette a tutti i
territori, anche spopolati come la montagna, e alle minoranze
linguistiche di essere rappresentati.
Sono argomenti che andrebbero
approfonditi e che in questa sede saranno ripresi, ma che rischiano di
sparire dall’attenzione generale fino a voto avvenuto, magari con
affluenze risibili dovute sia al disinteresse, sia al timore per il
virus.
L’unica cosa certa, ma che non può
far esultare è che i grillini sono stati davvero di parola visto che
hanno mantenuto la loro prima promessa fondamentale, quella dei “Vaffa
Day”, di mandare tutto e tutti a quel paese. Prima hanno omologato la
Lega che molto ha copiato da loro sostituendo Grillo e la Casaleggio
Associati con la Bestia. Poi hanno fatto lo stesso con il Partito
democratico, che ha sposato il loro programma di governo accettando
sullo slancio anche parte di quello di Salvini, e il fatto che siano
ancora validi i cosiddetti decreti sicurezza grida vendetta. Sia con la
Lega, sia con il PD, i 5stelle hanno perso, però, caratteristiche e
faccia e, infatti, ora sono in via di sparizione. Proprio come promesso:
un Vaffa Day che si sta portando via i partiti, la nostra democrazia,
e, per coerenza, anche lo stesso Movimento 5 stelle.
Ma non c’è davvero nulla da ridere.
Ed è per questo che sono nati – anche nella nostra regione – svariati
movimenti che si stanno impegnando, pur nelle limitazioni imposte
inevitabilmente dai decreti antivirus, per risvegliare le coscienze
assopite o spaventate. E anche per far spostare doverosamente in avanti
la data del referendum; ovviamente se al valore di una democrazia
cosciente e partecipata si crede davvero.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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