giovedì 5 marzo 2020

I referendum al tempo del virus

Come sempre, se qualcosa mette paura – e l’epidemia del nuovo coronavirus, il Covid-19, mette paura a tutto il mondo – finisce per catalizzare l’attenzione generale sulle sue più drammatiche conseguenze. E in questo caso le vittime non mancano di certo: migliaia di morte che non sono numeri di una statistica, ma persone in carne e ossa che lasciano anche profondi strascichi di dolore; decine di migliaia di uomini e donne contagiati; altri che vedono andare in fumo le loro attività lavorative che non sanno se sapranno riprendersi dopo una pausa imposta, ma anche inevitabile; altre ancora che, pur di rimbalzo, soffriranno per una crisi economica che appare inevitabile. E, in sovrappiù, isolamenti forzati, socialità ridotte, solitarie tristezze. Tutte queste cose riempiono giustamente la maggior parte degli spazi e dei tempi degli organi di informazione, ma ci sono anche altre possibili vittime che, per ora, restano fuori dall’area di attenzione.
 
Una di queste vittime nascoste rischia di essere la nostra democrazia. Tra meno di un mese, infatti, dovremmo andare alle urne per confermare o bocciare la legge costituzionale che vuole tagliare del 37% i parlamentari italiani e praticamente nessuno ne parla. Un po’, certamente, perché tutti gli sforzi sono diretti a fronteggiare questa nuova possibile pandemia, ma anche in quanto è generale la voglia di non attirare l’attenzione su qualcosa che potrà decidere il nostro futuro. I 5stelle non vogliono mollare quella che è stata una delle bandiere del loro populismo elementare; il PD, anche se la stragrande maggioranza dei suoi aderenti e simpatizzanti è per il “No”, tace in quanto teme di mettere a rischio il già traballante equilibrio del governo; Lega e Fratelli d’Italia, dopo aver permesso di arrivare al referendum, ora lo vogliono veder fallire perché sperano di mirare a ben altri obbiettivi. Renzi, come spesso accade, in sintonia con Forza Italia, non dà indicazioni precise anche se i suoi soliti desideri di governi forti sembrano spingerlo verso il sì. Molte associazioni preferiscono non prendere posizione ufficiale per paura di scontentare una parte sicuramente minore dei loro aderenti.

Quindi, anche per il decreto che giustamente impedisce assembramenti, assemblee, convegni e riunioni varie, si rischia di arrivare a un fulcro della democrazia com’è il referendum, senza minimamente discuterne prima; senza neppure ricordare l’appuntamento. E questa situazione non dipende soltanto dal coronavirus, ma anche dai progetti ben calcolati della destra e dalla pavidità e scarsa lungimiranza della sinistra.
Salvini, anche se le situazioni politiche, sociali, sanitarie e del tipo di consultazione sono diversissime dice: «Hanno votato in Israele, non vedo perché non si potrebbe votare in Italia». Ma poi, nell’invitare a votare “Sì”, finisce per spiegare la sua scelta: «Se il popolo italiano confermerà questa legge, è evidente che il Parlamento sarà ulteriormente delegittimato e non è immaginabile che questo Parlamento possa andare a eleggere il Presidente della Repubblica». E Giorgia Meloni inizialmente si accoda per poi accelerare specificando che porterà avanti una sua «proposta per l’elezione diretta del Capo dello Stato». Che tutto questo cambi profondamente la lettera e lo spirito della nostra Costituzione è evidente, ma è altrettanto chiaro che Salvini e compagnia vogliono arrivare proprio a questo, togliendo potere al Parlamento per trasferirlo sempre più prepotentemente al capo del governo.

E l’appetito – è sempre accaduto – vien mangiando. Quale altra funzione, infatti, finirà per avere il Parlamento ridotto, se non quella di fare da specchietto per le allodole permettendo al satrapo di turno di protestare la propria democraticità sbandierando l’esistenza di un Parlamento che – vale la pena ricordarlo – esiste ed è esistito nominalmente anche in tutte le dittature del mondo.

Non soltanto stupisce, ma addolora e toglie molte speranze per il futuro che quello che dovrebbe essere il partito di riferimento per tutto il centrosinistra, e anche quello che dovrebbe rappresentare la sinistra, non si schierino ufficialmente con forza per il No, ma siano anzi protagonisti di un silenzio assordante.

Eppure potrebbero far leva sui motivi del “No” che ci sono e sono anche incontestabili. A fronte di un teorico risparmio irrisorio (57 milioni di euro l’anno, un po’ meno della rinuncia di un caffè a testa per ogni italiano nell’arco di dodici mesi), si verificherebbe, infatti, una perdita secca per la democrazia in quanto la diminuzione del numero dei parlamentari farebbe crescere la loro distanza dai cittadini e dal territorio visto che l’Italia scenderebbe all’ultimo posto dei 27 Stati membri dell’Unione europea nel rapporto fra deputati e abitanti. Inoltre si consegnerebbe il lavoro delle commissioni parlamentari a pochissimi membri di pochi partiti riducendo di molto il ruolo del Parlamento a livello legislativo e di controllo sull’operato del Governo. Con questo, poi, salterebbe in grandissima parte il concetto costituzionale di rappresentanza. Per la nostra regione, per esempio, il No costituisce anche una difesa dello Statuto Speciale ed è l’unica alternativa che permette a tutti i territori, anche spopolati come la montagna, e alle minoranze linguistiche di essere rappresentati.

Sono argomenti che andrebbero approfonditi e che in questa sede saranno ripresi, ma che rischiano di sparire dall’attenzione generale fino a voto avvenuto, magari con affluenze risibili dovute sia al disinteresse, sia al timore per il virus.

L’unica cosa certa, ma che non può far esultare è che i grillini sono stati davvero di parola visto che hanno mantenuto la loro prima promessa fondamentale, quella dei “Vaffa Day”, di mandare tutto e tutti a quel paese. Prima hanno omologato la Lega che molto ha copiato da loro sostituendo Grillo e la Casaleggio Associati con la Bestia. Poi hanno fatto lo stesso con il Partito democratico, che ha sposato il loro programma di governo accettando sullo slancio anche parte di quello di Salvini, e il fatto che siano ancora validi i cosiddetti decreti sicurezza grida vendetta. Sia con la Lega, sia con il PD, i 5stelle hanno perso, però, caratteristiche e faccia e, infatti, ora sono in via di sparizione. Proprio come promesso: un Vaffa Day che si sta portando via i partiti, la nostra democrazia, e, per coerenza, anche lo stesso Movimento 5 stelle.

Ma non c’è davvero nulla da ridere. Ed è per questo che sono nati – anche nella nostra regione – svariati movimenti che si stanno impegnando, pur nelle limitazioni imposte inevitabilmente dai decreti antivirus, per risvegliare le coscienze assopite o spaventate. E anche per far spostare doverosamente in avanti la data del referendum; ovviamente se al valore di una democrazia cosciente e partecipata si crede davvero.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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