domenica 22 marzo 2020

Le parole del virus: Libertà

Scrivere in questi frangenti non è facile. Se non fai cronaca – e la cronaca spetta solo ai giornalisti ancora in servizio attivo – puoi soltanto commentare e questo porta con sé il grande rischio di affrontare argomenti che diventano inessenziali rispetto al disastro mondiale che stiamo vivendo, di scrivere banalità, o di cadere nella retorica. D’altra parte, però, ci sono molte cose che queste circostanze insegnano oggi e che poi, quando questo orrore sarà passato, nell’ansia di riprenderci quella vita che consideriamo normale, rischieremmo di dimenticare. Quindi mi sembra opportuno, se non addirittura doveroso, fissare sulla carta (mi viene più naturale dire così che “sullo schermo”) alcuni di questi pensieri, legandoli alle parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato; creando una specie di piccolo vocabolario del virus, non ordinato, ma dipendente, nella scelta delle parole, dalle suggestioni più forti del momento.
 
Vorrei cominciare con la parola “Libertà” che proprio in questi giorni viene talora evocata per contestare le misure restrittive disposte dal governo nello sforzo di bloccare il contagio e, quindi, le morti. E, per dare un significato concreto alla parola in questione, credo sia meglio partire dalla nostra Costituzione che, all’articolo 13, proclama che «La libertà personale è inviolabile», ma poche righe dopo, specifica anche che «In casi eccezionali di necessità e urgenza, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori». E sembra difficile poter sostenere che questi non siano «casi eccezionali di necessità e urgenza».

Ma, per fissare ancor meglio il significato di libertà, partirei dalla definizione che ne dà il Dizionario di filosofia Treccani: «Libertà. Capacità del soggetto di agire (o di non agire) senza costrizioni, o impedimenti esterni, e di autodeterminazione scegliendo autonomamente i fini e i mezzi atti a conseguirli». Soltanto a prima vista potrebbe sembrare che la parola libertà abbia in sé il concetto di assoluta autonomia nelle scelte, perché la parola “autodeterminazione” mette immediatamente in dubbio che i limiti non ci siano. Anzi, chiarisce che non esistono né automatismi, né decisioni che possano sfuggire a profonde considerazioni etiche perché, visto che il concetto di libertà tocca tutti, indistintamente, ne consegue che la mia libertà può essere tale fino a quando non va a limitare, intaccare e compromettere la libertà altrui perché altrimenti diventa arbitrio e prevaricazione. Ed è difficile pensare a libertà più importanti di quelle legate alla salute e alla vita.

Quindi la proibizione di uscire, se non per motivi di assoluta necessità, appare pienamente legittima e, anzi, doverosa se la si inserisce – come va assolutamente inserita – nel quadro di una democrazia nella quale, almeno teoricamente, tutti sono uguali e tutti hanno i medesimi diritti e doveri; nella quale non ci siano discriminazioni di partenza per salute, età, censo, rinomanza, o altre categorie del genere.

Insomma, la libertà propria non può non essere compenetrata con la libertà altrui, sia nel caso di “libertà di…”, sia nel caso di “libertà da…”. Per essere ancora più chiari, non resta che rivolgersi a un grande cantautore, Giorgio Gaber che cantava «La libertà non è star sopra un albero / non è neanche avere un’opinione / la libertà non è uno spazio libero, / libertà è partecipazione».

Taluni pensano che ci troviamo di fronte a uno spaventoso bivio tra salute e diritti democratici, magari temendo che questa sospensione temporanea di alcuni diritti, fondendosi con i sondaggi che fino a qualche tempo fa davano praticamente per certo un governo di Salvini con la Meloni – gli unici due che, infatti, anche davanti alle processioni di migliaia di morti continuano incessantemente a fare campagna elettorale – possa diventare definitiva e magari allargarsi ad altri ambiti democratici. A questo timore si può dare una doppia risposta.

La prima riguarda l’oggi e sottolinea che, come giustamente ha detto Gustavo Zagrebelsky, «non c’è bisogno di chissà quale perspicacia per capire la differenza del coprifuoco imposto da Pinochet a Santiago del Cile e le limitazioni alla circolazione, anche pedonale, per motivi di salute pubblica».

La seconda riguarda il futuro e il pericolo del dominio di una destra sovranista che vada a incidere in un panorama democratico in cui è stata aperta un pur motivata crepa. In questo caso la risposta è un po’ più complessa e implica anche maggiore responsabilità. Perché la libertà è un diritto e come tutti i diritti non è insito nella natura, ma va conquistato e, una volta che lo si possiede, non è tale in forma definitiva, ma rischia sempre di dissolversi. Quindi dobbiamo e dovremo sempre saperlo difendere. Magari chiamando in causa una libertà di cui si parla sempre molto poco: quella dalla paura di dire e di fare qualcosa di sgradito a chi in quel momento, in qualunque ambito, dal più piccolo al più grande, detenga il potere.

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