domenica 12 aprile 2020

Le parole del virus: Dubbio

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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È una realtà che riempie costantemente le nostre giornate anche se tendenzialmente pronunciamo la parola “dubbio” soltanto in poche circostanze. Ma anche l’insicurezza, sotto la pressione psicologica impostaci dal Covid-19, ha finito per cambiare il suo tasso di presenza e di esplicita importanza nello scorrere delle nostre giornate.

Le domande che ci facciamo, e alle quali non sappiamo dare risposte assolutamente univoche, sono tantissime. Sarà efficace questa mascherina? Nell’attesa in fila, siamo abbastanza lontani l’uno dall’altro? Quello che ha appena starnutito ha un semplice inizio di raffreddore, o si tratta di un sintomo del coronavirus? Cosa posso fare se mi si rompe questo, o resto senza quest’altro e la mia esigenza non rientra tra quelle considerate primarie per decreto? Quando finirà l’emergenza riusciremo a tornare alla vita normale, o i danni causati da questa pandemia, al di là della strage di vite umane, saranno talmente profondi da portare a una crisi che durerà molto più a lungo dell’emergenza stessa?
I
 dubbi, a dire il vero, ci accompagnano in ogni giornata della nostra vita, perché, come Dante scrive nell’VIII Canto dell’Inferno, «E io rimango in forse / ché no e sì nel capo mi tenciona», ma adesso i dubbi non soltanto mettono in discussione aspetti di importanza primaria, ma, essendo comuni a tutti, acquistano una forza tale da poter diventare non soltanto abitudini, ma, in alcuni casi, addirittura ossessioni.

Anche per questo più d’uno considera il dubbio come una debolezza, ma, in realtà, è vero il contrario. Depurato dall’ansia e dagli errori di valutazione che l’ansia porta con sé, l’esitazione razionale quando la strada della scelta presenta due o più opzioni, è, infatti, l’unico modo serio per affrontare questioni morali e materiali, sociali e politiche, culturali ed etiche, religiose e filosofiche.

Ovviamente non si parla del dubbio ottenebrante che rende incapaci di scegliere, quasi storditi dalla quantità di opzioni che ci si presenta davanti, ma di un dubbio virtuoso in grado di far prendere decisioni tenendo ben presenti le proprie conoscenze e i propri principi etici, senza mai cadere, però, in una specie di fondamentalismo preconcetto. Questo periodo, insomma, accanto a una lunga serie di avvenimenti orrendi, offre qualche opportunità sicuramente minore, ma capace di farci progredire su alcune delle tante strade che ci si aprono davanti.

Il dubbio, poi, è connaturato a una specie di relativismo che spesso è guardato con disapprovazione, ma che è sicuramente il contrario del fondamentalismo. Ed è immediatamente conseguente il fatto che, se a livello individuale il relativismo è riprovevole perché si basa su steccati etici vaganti più che vaghi, è invece preziosissimo a livello sociale; anzi, è addirittura necessario, perché se lo si annichilisse lasciando il posto esclusivamente a verità assolute, ne deriverebbero danni terribili: il dogma farebbe sparire la cultura perché il dogma per sua natura è immobile mentre la cultura deve essere sempre in divenire. E anche la democrazia perderebbe la sua ragione d’essere in quanto davanti a verità assolute le scelte personali non sarebbero giustificate.

Sulla gestione del dubbio, del resto, le vicende di questi giorni ci danno abbondante materiale su cui ragionare. 

La scienza, che è quella che ha in mano la maggior parte di dati certi e incontrovertibili continua a specificare in ogni dichiarazione che questo virus è apparso nel nostro mondo da troppo poco per poterlo conoscere e che, quindi, certe risposte non possono dipendere da certezze assolute, ma da maggiori o minori probabilità.

Chi ha la responsabilità di decidere lo fa, ma parlando sempre di scelte sofferte, prese su indicazioni di un comitato scientifico e con l’impegno di una costante attenzione a cambiare, se nel frattempo vengono alla luce certezze nuove e diverse.

Chi protesta, invece, afferma sempre di possedere certezze; ufficialmente non ha dubbi di sorta, anche se di quello di cui parla ha pochissime idee e se spesso le ultime dichiarazioni sono diametralmente opposte ad alcune precedenti. Questo atteggiamento, però, non deriva dal fatto di essere all’opposizione, ma proprio da un certo modo di intendere politica e democrazia: infatti è lo stesso che si riscontra nelle maggioranze di altri Paesi: pensate al Regno Unito e agli Stati Uniti, ai comportamenti iniziali e successivi di Johnson e di Trump e alla drammatica situazione dell’epidemia in quei due Paesi.

Personalmente ritengo già queste constatazioni una base fondamentale per esprimere un giudizio di merito su una persona che pretende di insegnare a un Papa cos’è il Cristianesimo e a virologi ed epidemiologi come si comporta il Covid-19. E, sondaggi alla mano, sembra che fortunatamente siano sempre di più gli italiani nell’emergenza stanno più attenti che nei periodi normali e che se ne sono accorti.

Buona Pasqua a tutti.

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Empatia, Europeismo, Fede, Futuro, Infodemia, Libertà, Natura, Quarantena, Scelta, Sogno, Solidarietà, Tempo, Vulnerabilità.


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