lunedì 20 aprile 2020

Le parole del virus: Lettura

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
---
In questi mesi il Covid-19 ha inferto colpi terribili e ha anche causato forti straniamenti facendo provare sensazioni di vuoto e di silenzio, imponendo una specie di horror vacui soprattutto per il tempo liberato più che libero. E il problema per più d’uno non è stato piccolo. A superarlo più facilmente sono stati di certo coloro che da sempre amano la lettura e anche i tanti che vi si sono avvicinati rendendosi conto che proprio la lettura è l’unico modo sicuro per infrangere il monopolio della tv e per riuscire a evadere dalla propria casa e visitare, senza temere sanzioni, paesi e mondi che si trovano ben al di là dei 500 metri di distanza definiti leciti dagli ultimi decreti.

Ciclicamente si sente dice che la lettura è in crisi, che ormai è diventata l’ancella del cinema, ma non è così in quanto i film – che pure sono arte di tutto rispetto – non soltanto impegnano pure gli occhi, ma devono anche riassumere in tempi accettabili quello che le pagine di un libro possono descrivere con molti meno limiti e lasciando spazi infiniti alla libertà della fantasia. E i riassunti, come quelli che una volta erano proposti dalla “Selezione del Reader’s Digest”, allontanano dalla lettura molte più persone di quante ne avvicinino.

A far sentire il bisogno di leggere c’è stata anche l’obbligata chiusura delle librerie che ha dato origine a crisi di astinenza e ridato fiato agli ebook che mai sono riusciti a cancellare quella specie di bonario feticismo legato al frusciare della carta, alla sua consistenza, al suo profumo. E alla fine ha messo in chiaro che i libri hanno un fascino insostituibile, me che la lettura è sempre lettura, a prescindere dallo sfondo sul quale appaiono le lettere, le parole, le frasi; ha ricordato che un ebook è molto più comodo da portare in viaggio che un’intera biblioteca, ma che una visita in libreria è insostituibile perché solo i librai sanno segnalare, consigliare, indicare.

E, a proposito di consigli, cos’è meglio leggere in queste giornate? Un’ottima soluzione può essere quella della rilettura di alcuni classici antichi e moderni, o un omaggio a Sepulveda, ma può andar bene anche l’aiuto della saggistica, o l’immergersi nelle atmosfere da thriller che attualmente è il genere che propone più titoli.

Personalmente propenderei, però, per indicare libri, o passi di libri che parlino di pandemie. Una specie di masochismo letterario? Assolutamente no: soltanto la curiosità di capire come già si siano vissute simili situazioni e come si sia reagito. Del resto, non è che il panorama di scritti su questo argomento sia vastissimo. Anzi. E sarebbe da capire meglio come mai gli uomini amano raccontare le guerre, ma non le catastrofi. Forse perché davanti alla natura si sentono comunque perdenti e le sconfitte si preferisce dimenticarle.

Comunque, ecco un breve elenco di possibili letture, partendo, anche se la lascerei perdere, dalla “Bibbia” che nell’“Antico testamento” parla di epidemie nell’“Esodo”, nel “Deuteronomio”, e nei “Paralipomeni”, mentre il “Nuovo testamento” affronta il tema nell’“Apocalisse”. La lascerei perdere perché le “Sacre scritture” sono del tutto indifferenti alla narrazione della malattia e puntano tutto sulle cause, solitamente ascritte alla collera divina. Lo stesso motivo sconsiglia anche la lettura della pestilenza che si diffonde tra i greci davanti a Troia all’inizio dell’“Iliade”.

Discorso diverso per Tucidide che, ne “La guerra del Peloponneso”, racconta con scrupolo di storico, la peste che nel V secolo a.C. colpisce Atene all’inizio del conflitto contro Sparta e che costa la vita a migliaia di persone tra cui Pericle. Alla stessa epidemia si ispira Sofocle quando mette in scena l’“Edipo Re”, tragedia ambientata in una Tebe decimata dalla peste. La narrazione di Tucidide è ripresa poi dal latino Lucrezio nel “De rerum natura” che evidenzia anche il decadimento di valori morali e costumi, con i parenti che abbandonano i malati per paura del contagio e i defunti sepolti in fosse comuni, senza funerali dignitosi.

E il declino morale è affrontato, nel “Decameron”, anche da Giovanni Boccaccio, colpito dalla perdita di dignità della popolazione, più che dimezzata a Firenze nel 1348. Poi si arriva a “I promessi sposi”, romanzo in cui Alessandro Manzoni analizza con profondità le cause della peste del 1630 a Milano, individuandone anche le circostanze che l’hanno favorita: il tentativo di parte della popolazione di negare l’esistenza del morbo, l’iniziale inazione delle autorità mediche e politiche, la loro incapacità di applicare metodi efficaci e l’isteria delle masse, con la richiesta pressante, per placare Dio, di una processione che avrà l’unica funzione di allargare ulteriormente il contagio.

Ne “La peste” di Albert Camus il morbo invade Orano ed è l’allegoria del male (nella fattispecie del nazismo) e della guerra: i protagonisti lottano contro l’epidemia, ma sanno che il microbo rimarrà nascosto da qualche parte, pronto a riemergere, proprio come il male che non può essere sconfitto totalmente e non deve essere sottovalutato, né dimenticato. Gabriel García Márquez, dal canto suo, in “Cent’anni di solitudine”, narra la storia di un paese immaginario, Macondo, colpito dalla “peste dell’insonnia”, che uccide la memoria e genera il caos in qualsiasi forma di comunicazione umana e di epidemie parla anche in "L'amore ai tempi del colera". Jorge Amado, in “Teresa Batista stanca di guerre” racconta del vaiolo nero e Josè Saramago, in “Cecità” descrive un’epidemia che toglie la vista a quasi tutti.

Anche Daniel Defoe ha scritto un romanzo sulla peste di Londra del 1665 e su pandemie di diverso genere si basano anche i racconti "La peste scarlatta” di Jack London, “Il velo dipinto”, di William Somerset Maugham, “L’ultimo uomo” di Mary Shelley, e “La maschera della morte rossa” di Edgar Allan Poe, mentre la fantascienza moderna non lesina racconti e romanzi a opera di firme del periodo d’oro di questo genere letterario: oltre al padre nobile Arthur Conan Doyle, ne hanno scritto Michael Crichton, Frank Herbert, Thomas Page, Isaac Asimov, John Wyndham e tanti altri.

A leggere questo materiale, si vede che già quasi tutto, considerazioni puramente scientifiche a parte, era prevedibile, perché già successo, o raccontato, e si capisce anche perché in nessuna parte del mondo chi governa raccomanda ai suoi cittadini di leggere di più.

D’altro canto, anche a livello non governativo, ricordo che quand’ero giovane, mi sono sentito dire da più d'uno: «Non leggere! Studia!».

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Anziano, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Infodemia, Lavoro, Libertà, Memoria, Natura, Paesaggio, Quarantena, Scelta, Scienza, Sogno, Solidarietà, Tempo, Vulnerabilità.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

Nessun commento:

Posta un commento