lunedì 27 aprile 2020

Le parole del virus: Zelo

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Come abbiamo già visto, non sono poche le parole che, a seconda del contesto in cui sono inserite, acquistano significati diversi, se non addirittura divergenti. “Zelo”, per esempio, può avere una valenza positiva quando lo si usa per riferirsi a un «fervido, operoso impegno che si spiega e si dimostra in un’attività, o per la realizzazione di un fine». Ma, più fedelmente alla sua radice etimologica che affonda nel greco antico in cui “zélos” significa “spirito di emulazione”, ha anche una connotazione negativa, o quantomeno limitativa, visto che va a indicare «chi si impegna per pura ambizione, o tornaconto personale, o uscendo indebitamente dal limite delle proprie mansioni e competenze, intromettendosi in questioni e faccende che non lo riguardano».

Nell’epoca del Covid-19 lo zelo è apparso in tutte e due le sue forme; e con rimarchevole forza in entrambe le varianti di significato.

Nel primo senso, quello decisamente positivo, lo zelo ha certamente animato in maniera ammirevole medici, infermieri, volontari e tutti coloro che si sono dati da fare per limitare in qualche modo i danni la prima fase della pandemia, quella che, senza la loro opera, avrebbe potuto tramutarsi in un’ecatombe ancora peggiore di quello che comunque è stata.

Nella seconda eventualità, quella negativa, c’è il sospetto molto forte che quel tipo di zelo abbia animato e stia spingendo, soprattutto a livello politico, in una specie di corsa a chi riesce ad apparire più bravo, una corsa resa possibile anche da un assurdo accavallarsi di leggi, decreti, regolamenti e attribuzioni che danno vita a istruzioni spesso divergenti, nascendo dai conflitti di competenze tra il governo centrale e le giunte regionali, a dimostrazione che il decentramento è cosa buona e giusta per molti aspetti della vita delle amministrazioni locali, ma che, in certi casi non si dovrebbe mai prescindere da un’unitarietà decisionale che, se manca, rischia di mettere a rischio la vita stessa dei cittadini.

Il caso del coronavirus e dell’inizio della cosiddetta “Fase 2” è addirittura emblematico. Sono settimane che si sente discutere su come deve avvenire questo delicato passaggio dalla chiusura praticamente totale dei rapporti interpersonali a una qualche liberalizzazione che preveda anche la graduale riapertura di altre realtà produttive e distributive al di là di quelle definite di prima necessità che non hanno mai chiuso.

Sono settimane che si sentono gli scienziati predicare prudenza perché se il coronavirus ha rallentato il ritmo di contagio non è perché si sia indebolito nella sua virulenza, o per la scoperta di qualche farmaco miracoloso, ma soltanto in quanto il cosiddetto “distanziamento sociale” ha dato i frutti sperati e, cioè ha reso molto più difficile il passaggio del Covid-19 da una persona a un’altra. Se tutto questo cessasse, visto anche l’altissimo numero di portatori asintomatici, si rischierebbe una recrudescenza con risultati forse addirittura più drammatici della prima ondata dell’epidemia.

Sono settimane che si sentono gli industriali agitare il reale rischio che un’ulteriore inattività forzata rischi di mettere definitivamente a terra molte più aziende, provochi un numero dilagante di disoccupazioni e finisca per rendere ancora più disastrosa la situazione del bilancio dello Stato, cosa che richiederà nuovi, pesanti sacrifici.

Sono settimane che si assiste a dibattiti infiammati tra chi pensa di più alla prudenza necessaria per non perdere altre vite umane e chi, invece, dà la precedenza alle motivazioni economiche. Dibattiti molto spesso aspri che sono proseguiti anche nel Consiglio dei ministri di ieri in cui coloro che parteggiavano per prolungare l’attenzione si sono scontrati con quelli che volevano la liberalizzazione, rappresentati dalla ministra Bellanova, fedelissima ripetitrice delle parole di Renzi, ai quali non bastava che la riapertura fosse graduale, ma la volevano quasi tutta e comunque subito.

Alla fine, dopo lunghissime discussioni, si è arrivati a un compromesso che fissa al 4 maggio l’apertura della Fase 2 e che prevede alcuni gradi di progressive aperture. Tutto definito? Assolutamente no perché Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria hanno deciso – ognuna con modalità un po’ diverse tra loro – di anticipare l’apertura a oggi stesso perché – dicono i presidenti delle giunte regionali (il termine governatore è altisonante, ma non esiste da nessuna parte, se non nelle loro autodefinizioni e sulle pagine dei giornali che raccolgono le loro parole) – le loro regioni sono le più brave, quelle che meglio hanno saputo contenere il contagio.

Al di là del fatto che, a parità di disposizioni fino a ieri in vigore, le differenze in termini di contagi, ricoveri e decessi vanno ascritte alla maturità del comportamento sociale dei cittadini e alle differenze di possibilità di operare nei vari ospedali e da parte dei vari medici, oltre che all’inadeguatezza di non pochi amministratori di RSA e case di riposo, quanto al futuro, quali garanzie ci saranno che questo parziale “liberi tutti” non liberi anche il Covid-19? Anche tenendo conto che, almeno nella nostra regione, si era sentito ripetere più e più volte che mai si sarebbero emanate disposizioni meno severe di quelle previste a livello nazionale.

Poi, si tratterà certamente di una combinazione, ma vi è capitato, forse, di notare che tutte e tre le regioni che vogliono seguire una propria strada più veloce per uscire dall’epoca del virus sono amministrate da maggioranze che sono opposte a quella che regge il governo del Paese?

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Anziano, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Indignarsi, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Opinione, Paesaggio, Paura, Quarantena, Regole, Resistenza, Scelta, Scienza, Sogno, Solidarietà, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità.

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