venerdì 1 maggio 2020

Le parole del virus: Diritti

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Nel 2012 Stefano Rodotà scriveva: «Nello spazio globale i diritti si dilatano e scompaiono, si moltiplicano e si impoveriscono, offrono opportunità collettive e si rinserrano nell’ambito individuale, redistribuiscono poteri e subiscono soggezioni, soprattutto agli imperativi della sicurezza e alla prepotenza del mercato». Sembrerebbe scritto oggi per spiegare come la nostra realtà democratica si stia distorcendo sotto diversi tipi di pressione di cui quella imposta dal Covid-19 è la più recente e, quindi, appare la più forte, ma non è certamente né unica, né dominante.

È da anni che stiamo assistendo a reiterati tentativi, da moltissime delle parti in causa, quando sono al potere, di andare a scovare norme poco usate in qualche anfratto della mastodontica montagna di norme che regolano l’attività legislativa per riuscire a forzare la mano alla ricerca di maggiore velocità, o di minori controlli. Nei due casi, la gravità etica appare diversa, ma assolutamente identico è il danno che viene procurato allo spirito della nostra splendida Costituzione che ha, come suo primo obbiettivo, quello di difendere i diritti dei cittadini, pur armonizzandoli con il bene collettivo. E, tra tutti, quello fondamentale: il diritto di avere diritti.

Non è la prima volta che si assiste alla temporanea sospensione – pur se mai esplicitamente dichiarata – di alcune prerogative dei cittadini liberi e va detto che la popolazione ha sempre accettato, quando ne ha capito la necessità, come all’epoca del terrorismo e delle stragi, di trattenere il fiato fino al termine dell’emergenza. Ma va anche ricordato che qualche scoria delle legislazioni, o delle prassi emergenziali ha continuato a restare attaccata a parti dello Stato anche a emergenza dichiaratamente conclusa. Non altrimenti si potrebbe spiegare la vergognosa vicenda del G8 di Genova.

Ora l’emergenza è quella del coronavirus e lo spingersi al limite della trasgressione legislativa, per la ripetitività di strumenti che dovrebbero essere circoscritti, è costituito dai Dpcm, “Decreti del presidente del Consiglio dei ministri”, che hanno il merito di essere rapidi e quindi particolarmente adatti alle situazioni di emergenza, ma, a differenza dei decreti legge, non coinvolgono il Parlamento, e quindi sono espressione della volontà della sola maggioranza politica.

Si potrebbe dire che nel nostro Parlamento è quasi scontato che alle decisioni del governo corrisponda il sostegno della maggioranza che gli ha dato vita, ma a ragionare così si ripeterebbe l’errore fondamentale che ha guastato la nostra democrazia: ritenere non soltanto il voto più importante della discussione, ma addirittura pensare che sia superfluo il confronto di idee diverse che è, invece, proprio alla base di ogni sistema politico che si vanta di dare vita a una reale sovranità popolare.

Non penso assolutamente che l’attuale presidente del Consiglio punti a minare le regole democratiche per smanie di potere personale, ma è incontrovertibile che anche con il coronavirus alcuni diritti sono stati limitati: quelli di movimento, di riunione e manifestazione, quelli al lavoro e al mercato, anche se contemporaneamente si è tentato di porre rimedio a profonde ferite che già precedentemente erano state inferte, con tagli vergognosi e criticatissimi, ad altri diritti fondamentali come quelli alla salute e alla vita. E ora sono sempre di più coloro che non accettano ulteriormente che decisioni che limitano i diritti siano prese con la medesima urgenza e assenza di discussioni dei primi giorni dell’arrivo in Italia della pandemia.

Potrebbe far sorridere il fatto che i più scatenati contro i Dpcm siano, dalla parte dell’opposizione, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e i loro seguaci che si ergono a paladini del pluralismo democratico: proprio coloro che meno di un anno fa reclamavano per sé i “pieni poteri”, con uno strano concetto che fa ritenere valide le garanzie democratiche soltanto quando si è in minoranza, mentre nel caso opposto è preferibile praticare l’autoritarismo.

E altrettanto bizzarro è che nella stessa maggioranza a fare la voce grossa, addirittura a lanciare ultimatum, sia quel Matteo Renzi che si era messo in testa perfino di cambiare la Costituzione pur di risparmiarsi la fatica di dover discutere a lungo con il Parlamento ogni cosa che gli potesse passare per la mente prima di farla diventare legge.

Potrebbe far sorridere, ma in realtà è il caso di preoccuparsi, perché, anche se gli ultimi sondaggi sembrano tranquillizzare, se un giorno quei signori tornassero al potere in prima persona, probabilmente troverebbero qualche efficace sistema per attuare il loro auspicato decisionismo addirittura senza dover neppure usare i Dpcm. Ma anche e soprattutto in quanto in una situazione nella quale sono gli stessi giuristi a discutere, in punta di diritto, se questo sistema è del tutto legittimo, o ha qualche pecca, si finisce per veder crescere i dubbi e far scemare quella coesione che ha finora permesso di ottenere qualche risultato contro un nemico subdolo, ma mortale.

Inoltre, al di là dell’indebolimento dello spirito collettivo, un altro forte pericolo è costituito dal fatto che ogni eccezione, quando si ripete tante volte da diventare quasi abituale, rischia di scavare un canale nel quale, prima o dopo, si farà strada un’altra eccezione più grande ancora. E, a prescindere dalla sua natura, la certezza è che le sue vittime saranno ancora una volta alcuni diritti.

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Ansia, Anziano, Burocrazia, Confine, Democrazia, Denaro, Dignità, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Guerra, Indignarsi, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Opinione, Paesaggio, Paura, Quarantena, Regole, Resistenza, Scelta, Scienza, Scuola, Sogno, Solidarietà, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità, Zelo.


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