In questo
terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui
abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso
fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non
dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Con l’uscita di oggi, la cinquantaduesima, si interrompe, almeno quanto a quotidianità, la serie de “Le parole del virus”
e l’ultima puntata è dedicata a un vocabolo che, pur non avendo ancora
mai avuto la ribalta del titolo, è stato protagonista in ognuno dei
ragionamenti che ho tentato di sviluppare: la “politica”.
Ebbene se, visto che permea tutto,
mi viene naturale parlarne in riferimento ad altri argomenti, sono
sempre un po’ sulle spine nell’affrontarla direttamente in quanto è
sempre difficile far convivere un giudizio disperatamente negativo su
buona parte dei componenti il sistema politico attuale – e non solo
quello italiano – con la convinta raccomandazione di fare in modo che la
politica torni a essere la parte determinante della nostra società.
Senza politica, infatti, non può
esistere la democrazia con tutte le sue discussioni, le fatiche, la
continua ricerca di accordi e miglioramenti che facciano il bene di più
persone possibili. Una democrazia del tutto inutile, anzi non tollerata,
nei regimi dittatoriali e dispotici che talora tentano di conservarne
il simulacro tenendo in vita il rito del voto, ma cancellando tutto il
resto: perché è sempre uno che decide, mentre gli altri devono annuire e
osannare.
Quando la democrazia si fa viva
soltanto a intervalli pluriennali per aprire i seggi e far scegliere,
mentre tra un appuntamento e l’altro latita, oppure è rinchiusa in poche
stanze, vuol dire che è già stata infettata da una specie di Covid-19
della politica, altrettanto mortifero, e che la guarigione, quando
arriverà, sarà costata sacrifici, dolori e delusioni.
Una volta, tra l’altro, si votava
per il partito dal quale ci si sentiva idealmente rappresentati. Poi,
con l’assurda denigrazione delle ideologie – ovviamente soltanto di
quelle scomode – si è cominciato a indicare sulla scheda soprattutto il
simbolo che riporta a un teorico leader più che a un'idea. E si esprime
un voto che non corrisponde mai perfettamente ai nostri pensieri, ma è
sempre quello che ci appare meno lontano, al termine di campagne di
propaganda studiate non per promettere quello che servirà alla comunità
dei cittadini, ma per modellarsi su quello che i cittadini
desidererebbero sentirsi dire.
Insomma, un po’ per pigrizia della
gente, un po’ per disincentivazione da parte di chi il potere già lo
detiene, è sempre più scomparsa la partecipazione e non è certamente la
via informatica quella che aiuterà a ridare vita alla nostra democrazia
che è inevitabilmente e giustamente rappresentativa. Tenete presente che
la democrazia partecipativa – o pomposamente e assurdamente chiamata
"diretta" – è tornata alla ribalta verso la fine degli Anni Sessanta,
quando le frequentatissime assemblee permettevano ampi dibattiti in cui
alcuni diventavano il traino di altri maggiormente disposti al silenzio.
Ma in quelle assemblee si parlava, si dibatteva, si confrontavano idee
in maniera anche troppo aspra. Nel votare dal proprio computer come
vuole la Casaleggio Associati, che ne gestisce la piattaforma, la
partecipazione non c’entra proprio più perché cancellando la discussione
faccia a faccia rimane soltanto la preferenza, magari anche non
razionalmente motivata.
Non si può dimenticare, insomma,
che la politica è fatta di valori o principi, cultura, studio, passione,
solidarietà e capacità di farsi capire. Se anche una sola di queste
qualità manca, è tutto il castello a crollare e i risultati oggi si
vedono con chiarezza. Lasciamo pur perdere coloro che fanno politica
esclusivamente per loro interessi personali, ed escludiamo in partenza
anche quelli che inseguono obbiettivi che non sono compatibili con i
nostri principi etici, ma appare incontrovertibile tra tutti gli altri
che è inutile avere passione, se poi l’ignoranza e l’impreparazione sono
tali da rendere addirittura pericoloso assumere determinati compiti di
responsabilità; che è difficile indirizzare utilmente grandi conoscenze
specifiche se non esistono i presupposti ideali e sociali che sono la
bussola che indica la direzione da prendere; che è pericolosissimo che
una qualsiasi attività sia indirizzata soltanto alla ricerca del bene di
un gruppo, comunque ristretto, a detrimento degli altri; che è del
tutto inutile, per una necessaria continuità d’azione, fare bene tutto
quel che si deve fare e poi essere incapaci di narrare, con le giuste
argomentazioni, quello che si è fatto; oppure – ancor peggio – ritenere
inutile far prendere parte anche agli altri delle motivazioni e delle
conclusioni del proprio agire.
Apparentemente la profonda crisi,
sanitaria, economica, sociale, indotta dal coronavirus avrebbe potuto
aiutare a recuperare un po’ di senso comune nell’agire politico, ma
l’illusione è durata pochissimo: poi è subito ricominciata la caccia al
voto prossimo venturo. Eppure ci sarebbe stato uno spazio immenso da
dedicare ad analisi logiche dei rimpianti per il passato e delle
speranze per il futuro.
Ma se in questo il virus non è
servito, invece è stato utilissimo per sottolineare ancora una volta le
principali urgenze e le necessarie correzioni di rotta che possono
essere riassunte in alcuni punti fondamentali. La struttura del mondo
del lavoro deve ritrovare quell’importanza che le è attribuita
dall’articolo 1 della nostra Costituzione, con rapporti equilibrati,
stabili e non ricattatori tra imprenditori e lavoratori, con contratti e
compensi che non siano le prese in giro del "Jobs Act"
confermatosi vergognosamente ingiusto anche a chi una volta lo
difendeva. Non è più possibile accettare quei tagli miliardari che hanno
ridotto la sanità allo stremo causando un numero imprecisato di morti
che in parte sarebbero stati salvati se personale e dotazioni non
fossero stati massacrati da finanziarie vergognosamente miopi, e che
sarebbero stati molte di più senza il sacrificio di tutti coloro che
nella sanità hanno operato con enorme abnegazione. Lo stesso discorso
dei tagli vale per la scuola, l’università e la ricerca perché uno Stato
che rinuncia a migliorare i propri cittadini distrugge se stesso.
In quest’ottica diventa sempre più
imprescindibile operare seriamente e implacabilmente contro un’evasione
fiscale che è materialmente complice della strage acuitasi proprio per
mancanza di mezzi perché toglie allo Stato 120 miliardi di euro l’anno
che permetterebbero di fare tante cose, tra cui anche ridurre un po’ le
tasse a chi già le paga. Lo Stato non può affidarsi completamente al
mercato senza alcun tipo di controllo: altrimenti ci si ritroverà
nuovamente in situazioni in cui nessuno produrrà più cose indispensabili
come mascherine, guanti, reagenti, disinfettanti solo perché i guadagni
sarebbero troppo bassi. È importante non dimenticare la cura
dell’ambiente che forse non è del tutto estraneo alla nascita e alla
diffusione della pandemia. Ma soprattutto, se si vogliono scongiurare
rischi di pericolosi sommovimenti sociali, è necessario rispettare i
diritti e la dignità di tutti e, così facendo, appianare le
diseguaglianze che sono aumentate a dismisura; anche nei mesi dominati
dal coronavirus.
Tutto questo costa? Sicuramente
sì. Ma soprattutto si tratta di accettare qualche sacrificio adesso per
grandi benefici in un futuro che magari interesseranno più i nostri
figli e nipoti di noi. Come sempre, in democrazia, si tratta di
scegliere. E trovo difficile pensare a obbiettivi più importanti di
questi.
Un ringraziamento a tutti coloro che mi hanno seguito e sostenuto in questo percorso.
Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Ansia, Anziano, Burocrazia, Competenza, Confine, Coraggio, Cultura, Democrazia, Denaro, Dignità, Diritti, Dubbio, Economia, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Guerra, Indignarsi, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Opinione, Paesaggio, Paura, Pubblico, Quarantena, Regole, Resistenza, Responsabilità, Rispetto, Scelta, Scienza, Scuola, Sogno, Solidarietà, Solitudine, Sport, Tempo, Uguaglianza, Verità, Vulnerabilità, Zelo.
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