mercoledì 6 maggio 2020

Le parole del virus: Pubblico

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
---

La pandemia causata dal Covid-19 ha riportato alla superficie del dibattito sociale e politico parole delle quali si pensava fossero perdute quasi anche le tracce: “pubblico”, per esempio, con il suo naturale opposto, “privato”. Il riprendere del dibattito vero e proprio è inevitabilmente rinviato a quando l’emergenza potrà essere dichiarata conclusa, ma sicuramente non potrà essere nuovamente sepolto sotto montagne di sabbia.

Ovviamente in questa circostanza questi due termini si sono tirati in ballo riferendosi alla sanità e a rinfocolare polemiche che con gli anni si erano attenuate, ma mai spente, è stato proprio il coronavirus che ha messo in luce l’inadeguatezza nazionale dei posti letto di terapia intensiva che ha talora costretto gli operatori sanitari a scelte strazianti. Ebbene, ci si è resi conto che, per quanto riguarda la terapia intensiva, il contributo del settore privato è stato trascurabile, se non addirittura nullo, e che questa carenza è perfettamente logica, visto che la terapia intensiva non può assicurare quegli introiti che in un settore privato sono necessari non soltanto per portare i bilanci in pareggio, ma anche per spremerne guadagni da distribuire tra gli investitori che altrimenti si allontanerebbero dal settore.

Vale la pena di sunteggiare brevemente i passaggi che hanno visto nascere la Sanità pubblica. Nel 1958 sorge il Ministero della sanità, scorporando l’Alto commissariato per l’igiene e la salute pubblica dal Ministero dell’interno. Nel 1968 è riformato il sistema degli ospedali, prima gestiti da varie associazioni, trasformandoli in enti pubblici e disciplinandone organizzazione, funzioni e finanziamenti. Nel 1974 una legge estingue i debiti accumulati dagli enti mutualistici nei confronti di quelli ospedalieri, e trasferisce l’assistenza ospedaliera alle regioni. Nel 1978 è soppresso il sistema mutualistico e nasce, con decorrenza 1º luglio 1980, il Servizio sanitario nazionale il cui principio guida è, nelle intenzioni dei suoi ideatori, quello della sanità come bene universalmente fruibile. E già del 2 luglio 1980 una parte della società comincia l’opera di progressivo indebolimento del settore pubblico per rafforzare quello privato riuscendo abbastanza recentemente a creare le “aziende” sanitarie. E, come sempre, il nome non è soltanto apparenza, ma sostanza.

Ora da più parti si leva la richiesta di restituire al settore pubblico della Sanità le prerogative per le quali è nato. Ed è curioso che, mentre da noi il dibattito resta sospeso, all’estero l’Italia sia citata come esempio da studiare e da seguire nei principi fondamentali per una sanità che curi con identico riguardo ogni cittadino. In tal senso in questi mesi si sono sentiti richiami del genere nel Regno Unito, in Francia, negli Stati Uniti, in qualche altro Paese europeo, ma forse il più esplicito è il discorso pronunciato da Pablo Iglesias, leader di “Podemos”, alle “Cortes” spagnole.

Tocca molti argomenti politici e vi suggerisco di ascoltarlo integralmente (dura 3’37”) collegandovi a https://www.facebook.com/massimilianococcia/videos/10223505283889033/. Ma nei passaggi legati a questo tema sostiene che ci sono «consensi trasversali» sulla «difesa della sanità pubblica perché quando qualcuno ha bisogno di cure viene curato senza che nessuno gli chieda per quale partito abbia votato», ma anche «sul fatto che bisogna smetterla con i tagli e con la situazione di precarietà che colpisce il personale sanitario di questo Paese». Poi mette in luce come «le delocalizzazioni abbiano reso vulnerabile l’industria della nostra patria lasciandoci alla mercé dei mercati internazionali, perché non potevamo produrre né le mascherine, né i respiratori necessari al nostro Paese». E rileva che la Costituzione democratica spagnola del 1978 «si ispira in gran parte alla Costituzione italiana del 1948».

Nel suo “Contratto sociale” Jean-Jacques Rousseau afferma che «il patto fondamentale della società mette un’uguaglianza mo¬rale e legale al posto di ciò che la natura aveva potuto stabili¬re come ineguaglianza fisica fra gli uomini». Quindi la funzione di una società giusta è quella di stabilire un’ugua¬glianza artificiale e, a questo proposito, John Stuart Mill fa un ulteriore passo in avanti sostenendo che non ci si può accontentare della semplice uguaglianza davanti alla legge, ma bisogna perseguirla in ogni momento che consacri come legittime alcune disuguaglianze. Ed è difficile sostenere che la sanità privata non rappresenti una di queste disparità.

Voglio portarvi un solo esempio: quando un luminare lascia la sanità pubblica per passare al settore privato lo fa dichiaratamente per trovare migliori attrezzature e organizzazione, o minore burocrazia. Probabilmente lo fa anche per incrementare i propri guadagni, ma è del tutto legittimo, visto che il Giuramento di Ippocrate impone di salvare vite, non di rinunciare a guadagnare più denaro. L’importante, però, non è valutare il comportamento dei medici, ma le condizioni dei pazienti. Ebbene, mentre nel pubblico un qualunque malato aveva la possibilità di essere visitato, oppure operato, da quel luminare, con il suo passaggio al settore privato nel suo studio, o nella sua sala operatoria potranno entrare soltanto coloro che hanno le disponibilità economiche per poterselo permettere. È la materializzazione palmare di una delle diseguaglianze più odiose, quella che cancella in parte il diritto alla salute.

Ogni crisi, contro nemici visibili, o invisibili, crea solidarietà ed eroi. Il senso che accomuna le persone che, temendo il virus, ridanno l’importanza che merita all’intero settore della Sanità pubblica e la credibilità che hanno coloro che si sono sacrificati per salvare tutti gli altri possono essere due catalizzatori fondamentali per reindirizzare nella direzione dell’uguaglianza sociale la barra di uno Stato che non può non volere difendere al massimo grado i propri cittadini, perché, se non lo fa, significa che non gli interessa neppure difendere se stesso.

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Ansia, Anziano, Burocrazia, Competenza, Confine, Coraggio, Cultura, Democrazia, Denaro, Dignità, Diritti, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Guerra, Indignarsi, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Opinione, Paesaggio, Paura, Quarantena, Regole, Resistenza, Responsabilità, Scelta, Scienza, Scuola, Sogno, Solidarietà, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità, Zelo.


Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

Nessun commento:

Posta un commento