In questo
terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui
abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso
fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non
dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Non
ci sono dubbi che la parola più ripetuta in questi giorni è
“responsabilità”: la si sete dire continuamente da scienziati e da
politici, anche se non per tutti ha il medesimo significato. Sta di
fatto che l’avvio della cosiddetta Fase 2 ha rivestito di particolare
importanza questo termine in entrambe le sue accezioni: sia come impegno
assunto nel comportarsi in un certo modo, sia come coscienza del fatto
che una violazione delle regole create per difendersi dal Covid-19 può
far chiamare a rispondere di una violazione capace di mettere a rischio
la sicurezza propria, ma soprattutto quella altrui; e in una dimensione
numerica in partenza non definibile.
Si potrebbe dire che l’obbligo di
mascherina, guanti, “distanziamento sociale” sono identici alla Fase 1,
ma, al di là delle differenze nella possibilità di movimento, nella
prima fase tutto era proibito praticamente per tutti, mentre ora non
soltanto alcune proibizioni sono state attenuate, ma ci sarà sicuramente
molta più gente in giro e le tentazioni, di conseguenza, aumenteranno
nettamente. Si passa, insomma, da un atteggiamento passivo, di
obbedienza, a uno attivo, di partecipazione. Una novità che non
diminuisce le responsabilità; anzi, le aumenta a dismisura.
Per capire quanto cambia la
sostanza, vi invito a pensare a come sarebbe stata diversa la storia
dell’Occidente se sul Sinai Mosè non avesse ricevuto delle tavole della
legge in cui otto comandamenti su dieci cominciano con un “Non...”, ma
in cui tutte le leggi fossero state esposte in maniera positiva; non
basate su proibizioni, ma su raccomandazioni, o, ancor meglio, su
esortazioni. A come saremmo diversi e si fosse impostata la nostra
società non sul “Non fare”, ma sul “Datti da fare”. Pensate alla
differenza tra il «Non uccidere», per cui se vedi uno in pericolo, puoi
andare avanti per la tua strada senza intervenire e con la coscienza a
posto perché tanto mica sei tu il responsabile, e un possibile «Fai
vivere il meglio e il più a lungo possibile», con cui ti senti obbligato
a fare il possibile per salvare l’altro. O alla diversità tra «Non
rubare» e «Fai in modo che ognuno abbia ciò che gli spetta». Sono mondi
diversi perché in uno ci si sente già a posto anche se ci si limita a
non fare del male; nell’altro si è indotti a fare del bene, come dovere
etico, e non burocratico. È un concetto espresso benissimo da Martin
Luther King: «Può darsi che non siate responsabili per la situazione in
cui vi trovate, ma lo diventerete se non fate nulla per cambiarla».
Se tutto questo lo applichiamo con
rigore alla Fase 2, allora diventa evidente che non è importante
soltanto stare attenti a difendere se stessi e, se si è inconsciamente
asintomatici, evitare di poter passare un eventuale contagio ad altre
persone, ma ancor più ferreo deve essere l’impegno, per chi ha la
responsabilità di fabbriche, laboratori, uffici, di ottemperare senza la
minima leggerezza ai protocolli stilati dal governo su indicazione dei
componenti il comitato tecnico-scientifico.
Se tutto questo non viene osservato
con impegno, sono messe a rischio molte vite e questo dato di fatto
porta a soppesare un’altra realtà che ha contrappuntato questi mesi di
coronavirus. Quella che da molti è stata chiamata “delazione”, ma che
più correttamente dovrebbe essere definita “segnalazione” in quanto la
delazione propriamente detta è una «Denuncia segreta motivata da ragioni
riprovevoli». Ora è evidente che l’anonimato è sempre riprovevole e che
i social e internet in genere hanno reso molto più facile nascondere il
proprio nome e molto più efficace mettere in piazza delle accuse contro
le quali l’accusato non ha alcun diritto di replica efficace, ma resta
anche difficile capire che eventuali violazioni gravi possano essere
scoperte e sanzionate soltanto durante ispezioni ufficiali che sono
sempre rare e molto spesso prevedibili e previste.
È un argomento terribilmente
scivoloso in quanto a nessuno piace trovarsi in una situazione in cui si
può essere guardati di brutto perché si segnala un’infrazione grave, ma
anche in questo caso si devono guardare le cose non soltanto in
negativo, ma anche in forma attiva. Se è vero che chi si accorge che un
ponte rischia di crollare e ferma il traffico in tempo è considerato un
eroe, perché dovrebbe essere ritenuta spregevole una persona che,
accorgendosi che in un ambiente le norme di sicurezza contro il virus
non sono rispettate, fa in modo che vengano imposte per salvare tante
altre persone dal rischio di contagio e, quindi da un possibile esito
letale?
Per negare la validità di un
comportamento di questo tipo alcuni domandano perché la stessa severità
di azione non viene adoperata anche nei confronti degli evasori fiscali.
È giusto: dovrebbe essere fatto proprio così: se quei 120 miliardi di
euro di evasione fiscale fossero entrati nelle casse dello Stato, forse
il Sistema sanitario nazionale sarebbe stato colto dal virus in
condizioni decisamente migliori e il numero delle vittime sarebbe stato
assolutamente minore.
Responsabilità, insomma, non
significa soltanto obbedire, ma anche cooperare perché il risultato sia
raggiunto. E si tratta di un risultato di grande importanza per la vita
di tante persone, di tante famiglie, di un’intera società che deve
rendersi conto è lei stessa a dare forma al proprio destino.
Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Ansia, Anziano, Burocrazia, Competenza, Confine, Coraggio, Cultura, Democrazia, Denaro, Dignità, Diritti, Dubbio, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Guerra, Indignarsi, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Opinione, Paesaggio, Paura, Quarantena, Regole, Resistenza, Scelta, Scienza, Scuola, Sogno, Solidarietà, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità, Zelo.
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