lunedì 11 maggio 2020

Le parole del virus: Verità

In questo terribile periodo dominato dal coronavirus sono molte le parole di cui abbiamo scoperto, o riscoperto, il vero significato. Sembra doveroso fissare questi pensieri in una specie di piccolo vocabolario per non dimenticarli quando questo orrore sarà passato.
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Una delle commedie più ridicole, ma per niente divertenti, anche perché già vista infinite volte, andata in scena nell’epoca del Covid-19 è stata quella della discussione tra scienza e politica, sempre nel presunto nome della “verità”. Eppure non dovrebbero esserci dubbi: nella quasi totalità dei casi i politici fanno promesse, propaganda e auto-incensazione, tre attività nelle quali la verità, se c’è, è del tutto casuale; dall’altra parte la scienza si basa su dati di fatto, li riferisce come stanno, mettendo anche bene in chiaro che la verità scientifica è parziale in quanto è sempre in divenire visto che è costantemente sottoposta alle sperimentazioni che la devono confermare galileianamente.

Per capirci. È praticamente impossibile che razionalmente si possa dare torto ai tanti virologi, infettivologi e rianimatori assortiti che abbiamo sentito in questi mesi per dare ragione – che so? – a Salvini, Meloni, Berlusconi, Renzi. Direte: non ti fideresti di quello che dicono questi quattro neanche se dall’altra parte, nel contraddittorio ci fosse Pinocchio. È vero, ma perché li ho visti sempre cambiare radicalmente posizione senza alcuno sforzo se pensavano che questo potesse far loro comodo. Mentre il metodo scientifico è ottimo a prescindere da chi cerca di sminuirlo

Detto questo, è evidente che il concetto di verità assoluta è del tutto sfuggente, come quello di giustizia assoluta. E, infatti Dante ben descrive l’impossibilità, per l’uomo, di raggiungere la giustizia, e quindi la verità, nel XIX Canto del “Paradiso”, quando l’aquila formata dalle luci delle anime dei beati rimprovera il poeta con una famosa terzina: «Or tu chi se’ che vuo’ sedere a scranna, / per giudicar di lungi mille miglia / con la veduta corta d’una spanna?».

Ma il fatto che la verità sia un’entità scivolosissima non significa che la menzogna sia troppo difficile da individuare; ovviamente se uno ne ha voglia. Pensate alle fake news, notizie false messe in giro intenzionalmente da chi vuole agire sulle emozioni della gente. Pensate al neologismo “postverità” addirittura scelto, dopo l’elezione di Trump come “parola dell’anno" dall’Oxford English Dictionary che lo considera una voce che si basa sull’emotività, su credenze diffuse e non su fatti verificati, ma pretende di essere accettata come vera. E, del resto, quando mai, nella storia, sono stati i fatti verificati a decidere l’orientamento della pubblica opinione? Pensate anche alle sciocchezze tanto assurde da non poter essere neppure confutate razionalmente, come le “scie chimiche” su cui qualcuno ha costruito la sua fortuna politica. Pensate anche a persone teoricamente degne di fede, come Luc Montagnier che confeziona teorie sul coronavirus senza portare uno straccio di prova e senza trovare in tutto il mondo neppure uno scienziato che lo supporti. A conferma che il Nobel premia uno scienziato per l’attività fatta fino a quel momento; non per quella che eventualmente arriverà dopo.

Ma perché la menzogna va così alla grande? Semplice: perché fa in modo di essere comoda e, quindi, solleva dal peso di pensare, o addirittura, dalla ripetuta fatica di cui parlava Karl Popper quando sosteneva che la ricerca della verità non finisce mai perché ogni apparente successo altro non è che il momento in cui si rende necessaria un’ulteriore verifica. Ma oltre che essere comoda, fa anche leva sulle arrabbiature e sulle frustrazioni della gente che troppo spesso non vede l’ora di scaricare il proprio livore su qualcosa, o su qualcuno. E magari si autogratifica convincendosi di essere uno dei pochissimi al mondo a conoscere davvero la “verità”.

Eppure bisognerebbe far diventare parte di sé il concetto che la verità va sempre cercata, ma senza mai pensare di poterla raggiungere davvero, e di ritenerla, così, inoppugnabile. Perché una simile convinzione porta con sé rischi terribili. Tzvetan Todorov aveva messo questo concetto perfettamente a fuoco con una folgorante intuizione che ha racchiuso in quella che, con splendida sintesi filosofica e semantica, ha chiamato la “tentazione del bene”, cioè la certezza di possedere il concetto di bene e di vederlo incarnato in noi, collegata con l’assoluta determinazione di volerlo imporre agli altri, anche con la forza, anche a costo di seminare violenza e morte. E purtroppo, paradossalmente, la storia insegna che ha fatto molto più male, e su più larga scala, la tentazione del bene che quella del male.

Tutto questo non vuol dire che non si deve tendere alla verità perché scetticamente la si ritiene irreale, ma soltanto che la “verità rivelata” può avere senso, se uno ci crede, soltanto nelle religioni, mentre in tutti gli altri casi si deve parlare di “verità relativa”. Le uniche basi assolutamente inamovibili e non negoziabili sono i valori dei quali si è convinti.

Quella della “verità relativa” può apparire come una “diminutio”, ma invece è la chiave di volta per una convivenza sociale che, almeno in democrazia, ha assoluta necessità di un dibattito politico e, quindi, di un compromesso che non significa complicità per turlupinare gli altri, bensì accettazione etica del fatto che, pur sapendo che non esistono verità “mediane”, nessuno è il depositario della verità in toto, che in ogni punto di vista ci può essere una parte di ragione che deve essere colta in qualsiasi discorso. E questa attività oggi è molto difficile perché quasi tutti i discorsi sono stati sostituiti da poverissimi slogan. Anche Norberto Bobbio sosteneva che «La teoria dell’argomentazione rifiuta le antitesi troppo nette: mostra che tra la verità assoluta degli invasati e la non-verità degli scettici c’è posto per le verità da sottoporsi a continua revisione con la tecnica di addurre ragioni pro o contro».

Per rendere possibile tutto questo, però, sono necessarie almeno due doti. La prima è costituita dal fatto che la propria verità bisogna saperla esprimere con chiarezza ed efficacia, rifuggendo dall’“ipse dixit”. La seconda è rendersi conto che in ogni dibattito che si proponga di arrivare a un accordo migliorativo è necessario rispettare tutti gli interlocutori; o, meglio, quelli che, ovviamente, meritano rispetto. Anche in questo, purtroppo il coronavirus sembra aver fatto più male che bene.

Le altre parole: Abbraccio, Ambiente, Anonimo, Ansia, Anziano, Burocrazia, Competenza, Confine, Coraggio, Cultura, Democrazia, Denaro, Dignità, Diritti, Dubbio, Economia, Empatia, Eroismo, Europeismo, Fede, Futuro, Guerra, Indignarsi, Infodemia, Lavoro, Lettura, Libertà, Linguaggio, Memoria, Natura, Opinione, Paesaggio, Paura, Pubblico, Quarantena, Regole, Resistenza, Responsabilità, Rispetto, Scelta, Scienza, Scuola, Sogno, Solidarietà, Solitudine, Sport, Tempo, Uguaglianza, Vulnerabilità, Zelo.


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