Probabilmente qualcuno storcerà il naso, ma la cronaca politica di questi giorni mi fa sentire obbligato a tornare su quel discorso dell’antifascismo che infastidisce molti che affermano sia che è superato perché non c’è più il rischio di veder rinascere quella dittatura, sia in quanto nella propaganda elettorale si deve apparire più propositivi che difensivi e, quindi, che devono essere più importanti i programmi. Sono due obiezioni che meritano risposte separate, anche se mi portano alla medesima conclusione.
Cominciamo con il pericolo di un ritorno al fascismo che, ovviamente non vedo come recupero di camicie nere, fez, parate e ridicoli salti attraverso i cerchi di fuoco, ma come cancellazione di democrazia e di diritti, esattamente quello che è successo e sta succedendo in quell’Ungheria contro la quale il Parlamento dell’Unione Europea ha votato a larghissima maggioranza una mozione che condanna il governo di Budapest che «non è più una democrazia compiuta». Sulla mozione hanno votato contro i parlamentari italiani di Lega e FdI che, invece, sostengono il regime di Orbán, che, infatti, ha connotati molto vicini ai concetti fascisti di società.
A dire il vero, la cosa non dovrebbe sorprendere, anche per le sorridenti foto che vedono abbracciati Orbán dapprima con Matteo Salvini e poi con Giorgia Meloni, ma soprattutto in quanto la leader di Fratelli d’Italia ha da poco sostenuto che i suoi valori di riferimento possono essere riassunti nello slogan “Dio, Patria e Famiglia”. Viste le reazioni, si è affrettata a dire che si riferiva al motto mazziniano, ma è difficile pensare che, viste le sue convinzioni politiche mai rinnegate, la frase sia stata recepita dalla smorfiosa bocca di Mussolini, piuttosto che da quella seria e severa del fondatore della Giovane Italia. Anche perché mentre quello che è uno dei quattro padri della Patria li indicava come ideali importanti per tutti, per il capo del fascismo quelli erano indicazioni ad excludendum, nel senso che bisogna allontanare, se non discriminare e punire coloro che non venerano lo stesso Dio, non considerano la sovranità di una nazione come valore preminente sulla convivenza con altri Stati, si allontanano dal modello morale (da mos, costume, non da ethos, atteggiamento etico e valoriale) della famiglia.
A ulteriore dimostrazione che non di reminiscenze mazziniane si tratta, va ricordata la frase pronunciata, sempre da Giorgia Meloni, in un comizio a Genova: «Vogliamo dare alle donne il diritto di non abortire». Come se non si sapesse che la legge 192, al di là delle notevoli difficoltà che incontra dappertutto a essere applicata a causa dell’obiezione di coscienza di molti medici, nelle regioni amministrate dalla destra, è spesso soltanto un miraggio.
Se poi vogliamo allargare la considerazione all’intera alleanza di destra, conta ben poco il fatto che Berlusconi abbia subito affermato che lui e il suo partito resteranno fuori dal governo se sarà antieuropeo. Il vecchio di Arcore lo fa per tentare di raccattare i voti di quelli che stanno a destra, ma sopportano male gli estremismi di Meloni e Salvini. Tanto poi chi si ricorda le promesse elettorali? E cosa può costare sostenere che gli altri due della coalizione criticano alcuni atteggiamenti dell’Europa, ma non l’idea di base?
E veniamo alla preponderanza dei programmi sull’antifascismo. Al di là del fatto che difendere la nostra Costituzione mi sembra già un notevole programma positivo, provate a pensare al passato e chiedetevi se è stata più importante la bonifica delle paludi pontine, o l’esilio, il confino e la carcerazione dei dissidenti politici? Oppure se la sbandierata puntualità dei treni e la presunta efficienza statale è stata più rilevante rispetto alla cancellazione di tanti diritti, alla censura, alle leggi razziste più che razziali?
E chiedetevi anche quali programmi sarebbero davvero realizzati se la precedenza dovesse essere data alla tanto agognata “normalizzazione” della società italiana che piomberebbe indietro di almeno mezzo secolo. Pensate forse che difendere la sanità pubblica davanti al dilagare di quella privata non sia un programma positivo? O che opporsi a una flat tax che massacrerebbe i poveri per favorire i ricchi aumentando a dismisura le già fortissime disuguaglianze sociali, non sia un’impresa degna del massimo impegno?
Sono convinto che abbia ragione
Letta: in questo momento storico o si è da una parte, o si è dalla parte
opposta. E a questo punto – la storia del ventennio e soprattutto la
svolta di Salerno dovrebbero insegnare anche questo – mi interessa ben
poco la querelle su chi è davvero più di sinistra. Mi interessa molto di
più la speranza di non essere costretti a sostituire la parola
“opposizione” con “resistenza” e di poter di nuovo discuterne e
azzuffarci sulla purezza dell'osservanza di sinistra anche dopo le
elezioni del 25 fine settembre. Magari cominciando anche a fare qualcosa
di quello che una volta era definito “di sinistra" e che aiuti davvero
chi soffre, chi è anziano, chi è senza lavoro, chi il lavoro ce l’ha ma
non uno stipendio degno e corrispondente, chi potrebbe e dovrebbe essere
trattato con solidarietà e umanità perché, a prescindere dal colore
della pelle, dalla lingua, dalla religione, dai gusti nel vestire e nel
mangiare, è esattamente come noi: un essere umano che, tra l’altro, può
avere anche lui, pur se non deve essere obbligatorio, un Dio, una Patria
e una Famiglia.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/