venerdì 4 marzo 2022

Il dilemma delle armi

Ucr Poche cose come la guerra possono mettere in crisi le nostre coscienze facendo scattare una specie di corto circuito nei nostri cervelli e nei nostri cuori. E questo accade anche quando i conflitti sembrano non riguardarci direttamente, perché dentro di noi sappiamo che ogni ingiustizia non può non riguardare ogni essere umano. E, infatti, molti di noi sono entrati in crisi con le “missioni di pace” che talvolta non sono rimaste tali. Così come oggi non ci si può non interrogare davanti alla decisione di mandare armi all’Ucraina, aggredita e invasa dalle truppe di Putin.

Così ci troviamo tra due pensieri, in apparenza diametralmente opposti, che ci mettono in crisi. Da una parte c’è il «L’Italia non intende voltarsi dall’altra parte» di Mario Draghi che vuole giustificare l’invio di armi che soltanto l’ipocrita bizantinismo della nostra politica può tentare di dividere tra “letali” e “non letali”. Dall’altra, invece, risuona la frase di Gino Strada: «Non esiste alcuna guerra giusta. L’unica cosa da fare è abolire la guerra», che implicitamente condanna anche ogni uso delle armi e, quindi, pure il loro invio a qualsiasi parte belligerante.

Cioè, davanti a una guerra è lecito accettare, senza muovere un dito, che il più forte soggioghi il più debole? Oppure è lecito ergersi a giudici e tentare di aiutare chi riteniamo sia dalla parte del giusto?

Nella ricerca, probabilmente senza speranza, di poter scegliere con chiarezza quale strada intraprendere davanti a un bivio così drammatico, forse può venirci in aiuto il faro della nostra Costituzione con due dei suoi articoli. Nell’articolo 11 dice, tra l’altro: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Nel 10 sostiene che «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica».

Se da una parte, insomma, si ripudia la guerra come strumento di offesa, contemporaneamente la si considera lecita come legittima difesa davanti a un’aggressione. Dall’altra parte si punta a dare a ogni essere umano, anche se vive fuori dal nostro Paese, gli stessi diritti che spettano agli italiani. Se, quindi, si può argomentare che ogni italiano ha il diritto di difendersi da un’ingiusta aggressione, questa condizione deve essere assicurata, nei modi possibili, a chiunque sia aggredito.

Sono d’accordo che ogni ragionamento indotto può essere controbattuto con forza ed efficacia, ma già il fatto di ragionare sulla contraddizione di queste convinzioni può far capire che non è accettabile che il dibattito non ci sia, o che prenda vita soltanto a frittata già fatta, a guerra già scoppiata.

Il tema della guerra, delle ingiustizie, dell’abitudine a delegare alla forza la risoluzione delle controverse dovrebbero essere materia di ragionamento e dibattito in ogni giornata della nostra vita, proprio per prevenire i disastri che troppo spesso vediamo scatenarsi proprio sui più deboli, sugli innocenti, sugli inermi, tanto che ormai mediamente su cento morti in guerra più di novanta sono le vittime civili e i bambini.

Invece siamo diventati abilissimi nel far finta di niente, nel voltarci dall’altra parte quando si verificano fatti che andrebbero condannati esplicitamente e senza mezze misure da qualunque parte accadano e che, invece, vengono lasciati passare senza reazioni, tanto da far credere a chi commette soprusi, o di essere nel lecito, o di essere tanto potente da poter non darsi pena di cosa sia lecito e cosa sia riprovevole. Da noi ci sono stati addirittura due personaggi politici di primo piano – Berlusconi e Salvini – che hanno tessuto di Putin lodi sperticate. Ma non sono stati gli unici.

E, così, è stato nel brodo di cultura di questo crescente senso di impunità che è cresciuta la convinzione che possa essere la guerra a placare i propri appetiti, che siano territoriali, linguistici, religiosi, economici. Comunque di valore infimo rispetto a una sola vita umana.

Oggi parliamo della Russia di Putin, ma è difficile non pensare all’Afghanistan dei talebani, all’Egitto di al-Sisi, alla Siria di Assad, alla Turchia di Erdogan e ad altri infiniti casi sparsi nel mondo; non soltanto di guerre canoniche, ma anche di soprusi generalizzati contro i propri stessi cittadini.

Quindi, come indica anche la nostra Costituzione, è assolutamente giusto e doveroso fare il possibile per ripudiare la guerra. Tenendo ben presente che se, per colpa nostra, lasciamo che ogni purulenta schifezza possa crescere fino ad esplodere in un conflitto, allora sarà ben difficile far finta di niente, tentare di far credere che non sia anche colpa nostra, voltandosi dall’altra parte.

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