Sembrerà strano,
ma non ho mai sentito dare del fascista a Togliatti, né del comunista
ad Almirante. Eppure per decenni hanno votato nella stessa maniera
contro le proposte politiche della DC. Quindi, secondo il modo di
ragionare di Renzi e degli esponenti del Sì, avrebbero dovuto far parte
di qualcosa di simile a quell’“accozzaglia” che, nella loro visione
delle cose, esiste tra coloro che votano No. “Accozzaglia” che non
esisterebbe, invece, al loro interno perché evidentemente – contenti
loro – si sentono molto vicini a personaggi come Verdini e De Luca.
E un’“accozzaglia”, sempre dal loro
punto di vista, sarebbe stata, a rigor di (loro) logica, anche la
Resistenza visto che contro i nazifascisti hanno combattuto insieme
monarchici e comunisti, liberali e socialisti, popolari e repubblicani,
militari e pacifisti.
Appare davvero impossibile che la
loro capacità di ragionamento sia talmente bassa da considerare reale
quest’accusa di frequentare cattive compagnie. E, quindi, questo mantra,
che si sente ripetere da Renzi e dai suoi sempre più frequentemente man
mano si avvicina il momento del voto e appare chiaro che proprio “nel
merito” il No ha molte argomentazioni migliori rispetto al Sì, non può
che essere catalogato tra le frasi destinate a tentare di far presa
sulle fasce più distratte dell’elettorato. Sotto la propaganda, niente.
Come giustamente scrive Zagrebelsky,
rispondendo a Scalfari, «l’argomento della cattiva compagnia avrebbe
valore solo se si credesse che entrambi gli schieramenti referendari
debbano essere la prefigurazione di una futura formula di governo del
nostro Paese. Non è così. La Costituzione è una cosa, la politica d’ogni
giorno un’altra. Si può concordare costituzionalmente e poi confliggere
politicamente».
C’è ben poco da aggiungere a queste
parole, se non il fatto che, al tirar delle somme, gli unici che sono
“entrati nel merito” sono stati proprio quelli del No, mentre quelli del
Sì si sono aggrappati a vuoti slogan, a timori di governi non renziani e
di ritorsioni economiche dall’estero. Oltre che, naturalmente, ad
elargizioni ai genitori dei neonati, ai diciottenni, che casualmente
sono al loro primo voto, ai pensionati, a un’attenzione mai prima
neppure sfiorata per gli italiani all’estero, e alla miracolosa chiusura
alla vigilia del voto di contratti nazionali di categoria che non
soltanto non si chiudevano da tantissimi anni, ma che addirittura erano
osteggiati perché si volevano privilegiare i contratti di secondo
livello.
Credo che, a poche ore dal voto, più
che alle cattive compagnie sia il caso di guardare alle buone
compagnie. E mi riferisco a tutte le persone con le quali ho avuto il
privilegio di lavorare in questi lunghissimi mesi di campagna
referendaria in un Comitato che è nato dal basso, tra gente che sente in
sé ideali di sinistra, senza alcun apporto iniziale di qualche
esponente politico; che è stato composto soltanto da cittadini che si
rifiutavano – e si rifiutano ancora – di diventare sudditi; che non
hanno nessuna ambizione di arrivare a cariche politiche, ma che si
muovono soltanto perché sentono che è loro dovere farlo; perché hanno
elaborato il concetto che, se spesso sentiamo parlare di “diritto di
resistenza”, dovremmo parlare, invece, di “dovere di resistenza”;
pacifica, democratica e civile, ma sempre resistenza. E, infatti, non si
riesce a capire perché siamo tanto pronti a reagire alle invasioni dei
nostri territori – di una nazione, o di un privato cittadino che siano –
e siamo tanto insensibili davanti alle invasioni dei nostri diritti.
Credo sia in caso di guardare alle
buone compagnie anche e soprattutto perché ritengo assolutamente giusto
quello che scrive anche Pierpaolo Suber nel suo profilo Facebok quando
ricorda che, qualunque sarà il risultato referendario, questo paese si
troverà spaccato e dovrà trovare le risorse etiche, culturali e civili
per ricostruire un dialogo democratico che è stato violentemente
spezzato con modalità che sono sostenute da ambizioni personali e non
dalla ricerca del bene del Paese. E saranno quelle buone compagnie le
uniche in grado di lavorare per riunificare il Paese perché sono
convinti che il bene del Paese è superiore al proprio tornaconto
personale.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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