sabato 24 dicembre 2016

Due regali di Natale

A chi si chiede – di solito accompagnando le parole con una smorfia di spocchioso scherno – cosa faranno “da grandi” i comitati per il NO, quelli ribattezzati da Renzi “un’accozzaglia”, vogliamo dare, come regali di Natale, due risposte.

La prima tende a dire cosa non saranno. Siamo ben coscienti, infatti, che le varie anime di coloro che hanno barrato la casella NO sulla scheda referendaria hanno avuto in comune soltanto la determinazione a opporsi a uno stravolgimento della Costituzione per non rischiare che l’Italia potesse finire in mani di persone che, liberate da obblighi e fastidi, fossero tentate di imprimere una svolta autoritaria, o quantomeno poco democratica, alla Repubblica. Quindi, i Comitati non hanno alcuna ambizione di formare nuovi partiti, e neppure di appoggiare aprioristicamente qualsiasi schieramento senza aver prima valutato la sua aderenza alla Carta fondamentale.

La seconda risposta, invece, desidera tratteggiare quello che, almeno per molti di noi, puntano a essere. Per spiegarlo bene mi sembra utile partire da una sentenza della Corte Costituzionale che si è pronunciata in merito a una controversia, tra Regione Abruzzo e Provincia di Pescara, sul servizio di trasporto scolastico dei disabili, riconoscendo come questo sia un diritto inviolabile e da garantire senza condizionamenti finanziari. Le parole esatte del dispositivo che spiega la decisione sono: «È la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione». Rileggete queste parole con attenzione perché sono fondamentali se si intende davvero imporre una svolta alla politica italiana richiamandola al fatto che il suo principale obbiettivo deve essere il bene dei cittadini e che, quindi, l’economia passa in secondo piano rispetto ai diritti: esattamente il contrario di quello che quasi sempre è accaduto in questi ultimi decenni.

Durante la campagna referendaria più volte avevo ricordato che a poco valeva l’assicurazione di Boschi, Renzi, Napolitano e dei loro fedeli, che i primi 12 articoli, quelli dei Principi fondamentali, sarebbero rimasti inalterati perché, se questo era vero nella forma, così non era nella sostanza, visto che quantomeno l’articolo 5, quello dedicato alle autonomie veniva quasi totalmente svuotato dalle modifiche proposte nei vari articoli del Titolo V.

Per far capire come fosse possibile lasciare inalterata la forma, ma mutare la sostanza, ricordavo cos’era successo nell’aprile 2012, quando era stata approvata a larghissima maggioranza la riforma dell’articolo 81che ha introdotto in Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio. E chiedevo se davvero, cambiando l’ordine di priorità e di importanza, la nuova stesura dell’81 non era andato a cambiare la sostanza dell’articolo 2, dove recita «richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» e quella dell’articolo 3, almeno nei passi in cui dice che «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.»? E dicevo anche: “Provate a chiedere se per loro non è cambiato niente a quegli undici milioni di italiani – dato Censis – che hanno rinunciato alla prevenzione sanitaria, o addirittura a curarsi, perché non hanno i soldi sufficienti per farlo visto che i risparmi sulla sanità per raggiungere il pareggio di bilancio sono diventati più importanti della loro salute”.

E la stessa cosa può avvenire anche senza neppure toccare la Costituzione, ma operando su leggi ordinarie. Qualcuno può forse negare che il Jobs Act, va a incidere pesantemente sulla sostanza degli articoli 1,2, 3 e 4 della Costituzione? E che i referendum voluti dalla Cgil tendano proprio a lenire queste ferite inferte alla Costituzione?


Ebbene, il compito dei Comitati, almeno secondo molti di noi, sarà proprio quello di sforzarsi per impedire che leggi come il Jobs Act, a prescindere da chi le proponga, possano andare a vanificare subdolamente la nostra Carta fondamentale nella disattenzione, se non nel disinteresse, di un Parlamento che troppo spesso valuta le leggi da approvare, o da rigettare, secondo motivazioni legate all’utilità propria, o del proprio partito, invece che in dipendenza di quelle legate al bene del popolo.

Si potrà dire che non si possono mettere in secondo piano le leggi dell’economia e che un simile obbiettivo rientra tra le utopie più che tra i progetti. Ebbene, per prima cosa, la Costituzione Italiana è fondata su un tipo di economia “funzionale”: cioè l’economia e le finanze pubbliche devono essere funzionali al raggiungimento degli obiettivi che la società stessa definisce prioritari. Tenendo ben presente che non è che sia il denaro a essere scomparso, ma il lavoro, perché il denaro si è spostato quasi tutto nelle mani di pochissimi che, per la maggior parte, preferiscono tenerlo fermo a far fruttare finanziariamente piuttosto che investirlo creando, appunto, lavoro e benessere per tutti.

Inoltre, la storia dimostra che il termine utopia più che indicare un luogo che non esiste, definisce soltanto un posto che non è stato raggiunto ancora.

Quindi questi sono i due regali di Natale che non credo saranno graditi a tutti: nessun nuovo partito, ma una serie di gruppi di rompiscatole che non vogliono aspettare più che le leggi anticostituzionali si dimostrino tali per intervenire, ma che intendono farsi sentire, pur nei limitati modi consentiti dal nostro ordinamento, a dibattito parlamentare in corso per far avvertire, come succedeva quando vigeva ancora il sistema elettorale proporzionale, il proprio peso sul gradimento politico che poi troverà consistenza reale nella prossima occasione di voto.

Comunque, al di là del gradimento o meno di questi due regali, buon Natale a tutti quelli che sono di buona volontà.


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