Se qualcuno
desiderasse capire perché, se il PD non cambierà linea politica e
protagonisti, non riuscirà a risalire la corrente e perché anche per
l’Italia intera le prospettive non appaiono assolutamente rosee,
basterebbe che valutasse con attenzione le ultime dichiarazioni di
Sergio Bolzonello che punta a succedere a Debora Serracchiani sulla
poltrona di governatore della Regione.
Ebbene, duramente colpito e
frastornato dalla batosta subita domenica dal suo PD, Bolzonello ha
giustamente sentito tremargli la terra sotto i piedi e, nella fretta di
offrire segni di reazione, non ha trovato di meglio che annunciare che
si dovrà fare «una rivisitazione importante delle UTI con il
coinvolgimento di tutti i 216 sindaci attraverso un confronto vero e di
sostanza». E, in più, assicura «una riconsiderazione del sistema
sanitario» regionale con seri correttivi alla riforma entrata in vigore
da non molto.
Ora, se per prima cosa non ci si può
non domandare dove si trovasse Bolzonello, vicepresidente della giunta
Serracchiani, mentre UTI e riforma sanitaria venivano decise e
approvate, ancor più importante di questo quesito è la considerazione
che queste correzioni promesse non sarebbero state neppure prese in
considerazione se non si fosse stato il disastro di domenica e se non
apparissero come un mezzo per tentare di recuperare almeno una parte
della mostruosa quantità di voti perduti dal Pd da cinque anni fa a
oggi.
Non si tratta, insomma, di un cambio
di rotta ragionato e magari ispirato da ideali e valori sociali, bensì
di un espediente irriflesso e deciso soltanto pensando a una prospettiva
breve, di circa un mese e mezzo, che si allunga soltanto fino alla
prossima chiamata alle urne, il 29 aprile. Un cambio di rotta che, visto
che nasce con esigenze elettorali e non poggia su convinzioni politiche
e sociali, non è detto né che porti a soluzioni non pasticciate, né che
poi queste riforme arrivino davvero in porto.
Ma, attenzione. Il comportamento del
PD e, quindi, di Bolzonello, non è molto diverso da quelli della Lega e
dei Cinque stelle, e questo non può non far preoccupare per il futuro
della Regione e anche dello stesso intero Paese. Infatti,, se il Pd ora
gioca in difesa correggendo se stesso, Lega e grillini giocano in
attacco, soffiando sulla paura per i diversi, la prima, e sul rancore
contro chi non sta con loro (e per ciò stesso è considerato sospetto, se
non colpevole), i secondi. Tutti e tre, però, hanno in comune quella
miopia politica che li obbliga e vedere e a considerare soltanto le cose
che vedono, quelle temporalmente molto vicine, promettendo veloci
retromarce da parte del primo, rapide cacciate di migranti dalla
seconda, e immediati redditi di cittadinanza dai terzi. Di pensieri e
progetti complessi e generali per un futuro lontano, nemmeno l’ombra.
Va detto che tutto questo non deve
assolutamente sorprendere. Sono ormai molti anni che assistiamo quasi in
colpevole silenzio al proliferare di un mondo politico che si
disinteressa – perché non è abbastanza intelligente – del passato, e non
si avventura – perché non è abbastanza intelligente – a prefigurare il
futuro. E il paragone sull’intelligenza chiama in causa quel mondo
politico che ben sapendo dove voleva arrivare e pur tra ricorrenti
difficoltà, sacrifici e contrapposizioni spesso anche sanguinose, è
stato capace di togliere l’Italia dalle macerie di una guerra disastrosa
e indirizzarla su una strada che l’avrebbe portata al boom economico e a
una serie di legislazioni sociali che tutto il mondo ci invidiava e che
oggi, almeno in parte, stiamo amaramente rimpiangendo.
Il fatto è che per decenni abbiamo
lasciato c he Berlusconi, uomo ricco di prezzi, ma senza valori,
demolisse pezzo dopo pezzo la politica denigrando meticolosamente, anche
attraverso le televisioni e i suoi dipendenti, le ideologie e le
culture politiche. E di questa distruzione oggi soffrono, anche se
pensano di goderne, tutti i partiti e movimenti politici, che non
indicano alcuna prospettiva e non si sentono obbligati a fare la fatica
di sognare, pensare, immaginare, ragionare e pianificare perché ormai
nessuno si attende da loro qualcosa di più di un temporaneo tampone che
neutralizzi alla meno peggio la crisi del momento, in attesa che arrivi
ineluttabilmente la prossima.
E così, operando sul nulla,
affidandosi all’improvvisazione e allo spontaneismo, affidandosi senza
obiezioni ai voleri del capo, non leniscono le delusioni, né riescono a
cancellare rabbie e risentimenti, ma soprattutto non prefigurano scenari
di miglioramento organico e a lungo termine e, così non facendo,
finiscono per tarpare le ali alla speranza, vero motore di ogni società
ancora vitale. E, contemporaneamente, finiscono per sottolineare la loro
inadeguatezza, se non inutilità, in un sistema democratico che, invece,
avrebbe bisogno come del pane del loro ruolo fondamentale e
costituzionale: quello di cinghia di trasmissione capace di portare le
varie necessità dei governati fino ai governanti.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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