A Catania la
procura ha deciso il sequestro della nave di una Ong spagnola e
l’incriminazione del capitano e del capomissione contestando loro
«l’associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione
clandestina». Non ha importanza il fatto che lo sbarco dei migranti
salvati in mezzo al Mediterraneo non abbia avuto nulla di clandestino in
quanto è stato effettuato alla luce del sole e con l’aiuto delle forze
dell’ordine, né che la nave spagnola sia arrivata in Italia perché Malta
faceva difficoltà a concedere l’approdo. Il diritto va seguito con
stolida certezza, anche se l’illuminato ministro Minniti l’ha
trasformato in “rovescio” istituendo, in pratica, il “reato di
solidarietà”, anticipando le probabili mosse di un Salvini, o di un Di
Maio, o di entrambi, se e quando saranno a Palazzo Chigi.
E dello stesso reato sembra essere
colpevole, oltre confine, anche una guida alpina francese che sta
rischiando cinque anni di prigione perché “colpevole” di aver aiutato a
raggiungere alla svelta l’ospedale più vicino una donna incinta che
stava tentando di arrivare in Francia su un sentiero coperto dalla neve a
duemila metri di quota con marito e due figlioletti di 2 e 4 anni.
Ma se il cosiddetto “diritto”
italiano e quello francese (non parliamo di quelli ungherese, ceco,
slovacco, polacco, austriaco e forse di qualcun altro ancora) ragiona
così, perché Udine dovrebbe fare eccezione? E, infatti, la prima uscita
pubblica del candidato sindaco accettato dal centrodestra dopo molte
titubanze e tensioni, Pietro Fontanini, è tesa soprattutto a far capire
che il primo problema del capoluogo del Friuli è quello che Minniti ha
tentato di risolvere in maniera così illuminata: quello dei migranti e,
quindi, della cosiddetta “sicurezza”.
I numeri indicano che, in realtà, i
reati sono in calo? «I numeri – risponde Fontanini – contano poco. Se
c’è una diffusa percezione di insicurezza significa che è necessario
invertire la direzione per non peggiorare ulteriormente le cose».
Quindi, il fatto che i reati stiano calando non è importante; come
importante non è tentare di far ragionare, proprio sui numeri, i
cittadini, ma seguire pedissequamente, a caccia di voti, le loro
sensazioni, a prescindere dal fatto che siano giustificate, o meno.
Il modo? Semplice: «Riproporre la
sperimentazione delle squadre di sicurezza già avviata a Pordenone per
aiutare le forze dell’ordine a controllare il territorio». In pratica,
le ronde. Facendo diventare anche qui “rovescio” il diritto. Perché –
forse è meglio ricordarlo a chi non frequenta spesso quella lettura – la
Costituzione, all’articolo 117, sottolinea che, tra le varie materie in
cui «lo Stato ha legislazione esclusiva», al punto H, c’è «l’ordine
pubblico e la sicurezza, a esclusione della polizia amministrativa
locale» che, intanto, deve essere dipendente – e quindi stipendiata – da
un ente locale, ma che, anche se recentemente armata per scopi di
eventuale legittima difesa, deve rimanere comunque impiegata soltanto in
riferimento a possibili reati di tipo amministrativo. Nella Repubblica
italiana, infatti, il mantenimento dell’ordine pubblico continua a
essere affidato esclusivamente, tranne che all’interno di proprietà
private, alle forze dell’ordine, appunto.
E non sono minimamente previste
forze di polizia privata (magari in divisa verde, o adesso azzurra, per
richiamare l’idea politica, oppure bruna, per rifarsi ai più conosciuti
predecessori) che abbiano il diritto di fermare chicchessia; né
italiani, né stranieri; né di pelle bianca, né di alcuna sfumatura più
scura; né di lingua italiana fluente, né incerta. Per capirci, se
qualcuno che non appartiene alle forze dell’ordine pretendesse di
fermarmi per un controllo, io – rispettosissimo di polizia, carabinieri e
guardia di finanza – risponderei educatamente di no e me ne andrei
avanti, se di buona luna; risponderei in maniera decisamente meno
educata e comunque andrei avanti, se di cattiva luna, o se l’insistenza
dei “rondoni” diventasse eccessiva.
Ma il problema reale – non
servirebbe neppure dirlo visto che la realtà dei numeri viene
considerata priva di valore – non è quello della sicurezza, bensì di una
ben marcata eterofobia ben spiegata con la frase «Dobbiamo far
percepire ai migranti che Udine non sarà più una città di buonisti, ma
una città nella quale si pretende il rispetto delle regole». Ai
migranti, non ai cittadini tutti, come se il rispetto delle regole non
riguardasse tutti, o come se i residenti e gli italiani in genere
fossero totalmente alieni da qualsivoglia forma di infrazione delle
leggi e delle regole.
Con tutto il rispetto per Fontanini,
vorrei almeno fargli notare che in nessun caso, per quante ronde lui
possa sognare di far circolare per le strade, tutta Udine diventerà mai
come vorrebbe lui. Perché qualcuno – anzi, visto il comportamento tenuto
finora dai cittadini, una grandissima parte della popolazione –
continuerà a rimanere “buonista”, come ama definirla lui, ma, più
semplicemente e più realmente, solidale con chi soffre e chiede aiuto,
con chi non ha e domanda soltanto di che vivere in pace. Forse l’attuale
differenza sociale e politica maggiore tra chi ha diritto di voto è
proprio quella di interrogarsi se, davanti a chi soffre, ci si domanda
per prima cosa da dove viene, che lingua parla, se la sua pelle è
abbronzata, o è così naturalmente, oppure, semplicemente, chiedersi se
ha fame, o se sta male, e come si può aiutarlo.
Mi piacerebbe che qualcuno tentasse
di spiegarmi, se è vero che non ha più senso parlare di "destra" e
"sinistra" e se le ideologie hanno fatto il loro tempo e devono sparire,
perché questa tesi debba riguardare soltanto le ideologie di sinistra e
di inclusione, e non quelle di destra e di esclusione.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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