I saggi
raccomandano di lasciar passare un congruo lasso di tempo prima di
parlare. Fidandomi, l’ho fatto, ma devo dire che, pur dopo molte ore, i
sentimenti non sono cambiati di molto rispetto al primo momento: si può
parlare di indignazione, sdegno, riprovazione, arrabbiatura, rabbia
repressa, ma davanti a quello che è stato fatto succedere alla Camera,
per far passare una legge elettorale che neppure il suo più accanito
sostenitore riesce a definire buona, il sentimento più acuto che si
avverte è quello della tristezza; anzi, dello sconforto.
Perché di avventurieri, pirati,
approfittatori, egoisti, arrampicatori sociali in politica ne abbiamo
visti tanti che hanno calpestato le necessità della polis per soddisfare
quelle proprie, o quelle del proprio gruppo, politico, o meno che
fosse. Ma mai, se si eccettuano alcuni tentativi, fortunatamente
falliti, si era tentato non di abbattere platealmente la democrazia
(fatto troppo clamoroso perché possa essere accettato da un popolo, pur
abbastanza intorpidito da anni di indotto disinteresse) ma di
stravolgerne il significato fino a rovesciarne il senso; fino a rendere
nocive le cose buone che aveva introdotto in un mondo da sempre
assuefatto agli autoritarismi di svariatissime fatte; fino a riuscire a
sbandierare il nome della democrazia, ma soltanto il nome perché,
invece, la sostanza si è tanto corrotta da diventare sempre più simile a
un dispotismo di vecchio stampo mascherato con alcuni inefficaci pseudo
abbellimenti di facciata.
E questa deriva – che è giusto non
chiamare fascismo, ma sempre ricordando che il fascismo non è l’unico
male che infetta il mondo – ha travolto valori, idee, organizzazioni,
persone, istituzioni.
Non mi riferisco certamente a Renzi
perché lui, peggio di come si era già comportato non avrebbe potuto
fare, ma pensate a Gentiloni, uomo che aveva dato speranze per la sua
moderazione e per il modo in cui ha affrontato alcuni temi sociali, ma
che alla fine si è rivelato quello che tanti temevano: soltanto un “uomo
dello schermo” la cui funzione, ben lungi dai romanticismi danteschi, è
stata soltanto quella di nascondere Renzi che, in realtà, è sempre
stato colui che ha diretto il governo: in forma nascosta fin quando è
stato possibile, in maniera assolutamente palese quando l’arroganza è
diventata necessaria per portare avanti una richiesta di fiducia
governativa su una materia per la quale il Presidente del Consiglio
apparente aveva spergiurato che mai sarebbe intervenuto.
Ripensate a quelli, come Bersani,
che se ne sono usciti dal Pd, ma lo hanno fatto troppo tardi, quando
ormai non avevano potuto più incidere su nulla, neppure su un
indebolimento di quel Renzi per le cui iniziative avevano continuato a
votare per amore della “ditta”. E che poi per troppo lungo tempo se ne
sono stati tranquilli aspettando quelli che, come molti seguaci di
Pisapia, nel PD non ci sono mai stati, ma che non vedrebbero l’ora di
entrarci, in tutto o in parte, per occupare qualche poltrona.
Provate ad appuntare di nuovo la
vostra attenzione sulla parola “governabilità”, in realtà una parolaccia
che è nata per difendere qualsiasi nefandezza compiuta ai danni della
rappresentanza. E il succo della democrazia è la rappresentanza, non la
governabilità che in una dittatura è comunque assicurata, anche se di
rappresentanza non c’è la minima traccia. E qualunque decisioni sposti
l’equilibrio democratico di una nazione allontanandolo dalla
rappresentanza per avvicinarsi alla governabilità dovrebbe far
sobbalzare per il sospetto, se non direttamente per il raccapriccio.
Pensate che ci sia ancora
rappresentanza? Come, visto che i voti vengono manipolati con soglie di
sbarramento, per di più diverse se si riferiscono ai partiti, o alle
coalizioni? Visto che si vorrebbero ancora i premi di maggioranza? Visto
che ci sono liste e capilista bloccati e candidature multiple? Se
almeno i due terzi dei prossimi parlamentari non dovrebbero essere
scelti dal popolo, ma dai maggiorenti dei vari partiti?
Ricordate come nel referendum del 4
dicembre abbia vinto quella parte della nazione che voleva tenere ben
separati il potere legislativo da quello esecutivo e riguardate a come
oggi il Parlamento – o per il momento la Camera – sia stato ancora una
volta umiliato con una serie di voti di fiducia imposti su un’orrenda
legge elettorale che, oltre a tutto, vuole cambiare le regole del gioco a
pochi mesi dalle nuove consultazioni.
Per una volta, per una volta almeno,
l’unica via d’uscita onesta da questo ginepraio di orrende e
incostituzionali leggi elettorali in cui ci hanno cacciato tutti coloro
che per anni hanno tentato di approfittare in maniera truffaldina della
loro apparente situazione di vantaggio, sarebbe quella di tornate al
proporzionale puro per riavere per una volta, per una volta almeno,
seduti nel Parlamento degli eletti che rappresentino davvero il quadro
politico del popolo italiano. E che possano mettere mano seriamente, e in tempi non sospetti, a una legge elettorale seria.
All’inizio parlavo di sconforto, ma
lo sconforto deve necessariamente essere soltanto un momento di
passaggio che riporta all’indignazione e all’imperativo categorico di
impegnarsi per cancellare la maggior parte delle tante brutture con le
quali ci hanno costretti a convivere coloro che, pur senza poterli
scegliere, abbiamo eletto.
E ora cosa fare? Sicuramente non
disertare le urne, ma battersi, invece, per sostenere coloro che
crediamo si impegneranno davvero nel cercare di restituirci la
democrazia, tenendo ben presente che è sempre meglio una democrazia vera
di una virtuale. Sia perché delle macchine, o meglio degli uomini che
guidano le macchine, è meglio non fidarsi troppo, sia perché chi la
pratica ancora non ha capito che democrazia non è vincere, ma saper
rendere reali i bisogni e i sogni della gente, anche e soprattutto
ricordandosi di non essere infallibili e di avere bisogno di arrivare a
compromessi sapendo pure dire «Ho sbagliato» e tornando indietro per
correggere gli errori.
Sembra casuale, ma forse non lo è:
venerdì 20, alle 17.30, al circolo Nuovi Orizzonti, in via Brescia 1, ai
Rizzi di Udine, l’Associazione Sul fronte delle idee ha organizzato un
incontro per discutere sul tema «La visione che rinforza l'arbitrio del
più forte ha favorito immense disuguaglianze, ingiustizie e violenze...:
il vincitore prende tutto», una frase tratta dall’enciclica “Laudato
si’” di Papa Francesco. Sembra una citazione profetica, ma, ammesso e
non concesso che il Pontefice si riferisse soltanto all’Italia, la
previsione sarebbe stata abbastanza facile; quasi scontata.
Sembra che ancora una volta saremo
costretti a disturbare Dante dicendo «Ahi, serva Italia». Ma, se ci si
impegna, c’è ancora qualche possibilità che questa frase torni
nell’armadio dei brutti ricordi.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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