mercoledì 9 settembre 2020

Un’umanità senza umanità

Chi fosse passato lunedì sera nel parco di Sant’Osvaldo per dirigersi a uno degli avvenimenti del programma delle Feste d’estate avrebbe notato tutta una serie di capi di vestiario stesi ad asciugare sulla rete che circonda il campo sportivo. Li avrebbe guardati, ma forse non li avrebbe visti perché ormai quello di non vedere, o meglio di non voler vedere, sembra diventata un’abitudine molto diffusa.
 
Il fatto è che dietro quei pantaloni e quelle magliette ci sono i corpi di 32 migranti che fino a poco tempo fa affollavano il sagrato della chiesa della Madonna Missionaria a Tricesimo e poi sono stati trasferiti proprio all’interno del parco di Sant’Osvaldo dove, appunto, è in corso una rassegna di eventi sociali e culturali. I 32 giovani uomini, che vivono in un pullman e sono sorvegliati dalle forze dell’ordine, sono stati sfollati da Tricesimo su richiesta del sindaco Giorgio Baiutti per non intralciare le celebrazioni religiose in programma in quella chiesa.

Dormono sui sedili del pullman; mangiano lì dentro, o nelle immediate vicinanze; fanno la fila davanti a un paio di bagni chimici; si lavano con l’acqua che esce da un tubo di gomma fornito dalla Caritas. Se sono fuori dal pullman non li vede nessuno perché sono praticamente nascosti da un telo verde e dalle fronde degli alberi. La vergogna – intendo la nostra vergogna che abbiamo perduto ogni senso di rispetto per l’umanità altrui – ha raggiunto nuovi vertici.

Gli amministratori leghisti sono soddisfatti; il prefetto di Udine parla di «soluzione (sic) temporanea» in attesa di qualunque altra cosa sia resa disponibile; l’Azienda sanitaria, che è la proprietaria del parco fa il pesce in barile: spera di riuscire a far vedere che non c’entra niente, mentre, invece, è pienamente protagonista di questa situazione vergognosa.
Non si può dimenticare, infatti, che da tempo il parco dell’ex ospedale psichiatrico è divenuto un’area verde aperta alla città, nella quale ogni giorno ci sono servizi, comunità, laboratori. Nell’area del Parco, infatti, ci sono il CSM di Udine Sud, la REMS, la Comunità Nove, un laboratorio di falegnameria, tre strutture residenziali, il chiosco gestito dalla Cooperazione sociale, solo per elencare realtà che coinvolgono diversi soggetti nei percorsi di cura.

Si tratta di una realtà presentata con dovizia di particolari il 15 luglio, in occasione dell’inaugurazione delle Feste d’estate, alle Autorità regionali, comunali e aziendali, con un manifesto per il Parco che prevedeva un progetto di impegno per un bene comune.
Nonostante le promesse di collaborazione delle tante autorità presenti, le persone che lavorano nel Dipartimento di salute mentale e quelle che operano nelle cooperative di sostegno per il disagio mentale non sono state minimamente informate di quello che sarebbe avvenuto.

E allora, tenendo ben presente la realtà del parco, sorge spontanea anche la domanda sul perché l’Azienda sanitaria, che teoricamente dovrebbe avere a cuore la salute e il benessere di ogni essere umano – non chiede di trasformare questa “soluzione temporanea” in un’ospitalità degna di tal nome in cui l’alloggio – chiamiamolo così – non sia più un pullman, ma una delle tante palazzine abbandonate del parco, messa a posto quel tanto che basta per ospitare decorosamente i migranti e per non far aggravare la loro salute.

Anche simbolicamente sarebbe importante vedere che nell’area che porta in sé una terribile memoria di privazione dei diritti dei ricoverati dei vecchi ospedali psichiatrici, quelli prima della legge Basaglia, potrebbe essere temporaneamente ospitata una nuova popolazione non più privata di quei diritti che la nostra Costituzione prevede non soltanto per gli italiani, ma per tutti gli esseri umani che abbiano bisogno.

Se si passa di là è eticamente obbligatorio guardare oltre che vedere. E poi parlare e protestare se non ci si sente disposti a rassegnarsi a essere inseriti in un’umanità senza umanità.

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