Chi
fosse passato lunedì sera nel parco di Sant’Osvaldo per dirigersi a uno
degli avvenimenti del programma delle Feste d’estate avrebbe notato
tutta una serie di capi di vestiario stesi ad asciugare sulla rete che
circonda il campo sportivo. Li avrebbe guardati, ma forse non li avrebbe
visti perché ormai quello di non vedere, o meglio di non voler vedere,
sembra diventata un’abitudine molto diffusa.
Il fatto è che dietro quei
pantaloni e quelle magliette ci sono i corpi di 32 migranti che fino a
poco tempo fa affollavano il sagrato della chiesa della Madonna
Missionaria a Tricesimo e poi sono stati trasferiti proprio all’interno
del parco di Sant’Osvaldo dove, appunto, è in corso una rassegna di
eventi sociali e culturali. I 32 giovani uomini, che vivono in un
pullman e sono sorvegliati dalle forze dell’ordine, sono stati sfollati
da Tricesimo su richiesta del sindaco Giorgio Baiutti per non
intralciare le celebrazioni religiose in programma in quella chiesa.
Dormono sui sedili del pullman;
mangiano lì dentro, o nelle immediate vicinanze; fanno la fila davanti a
un paio di bagni chimici; si lavano con l’acqua che esce da un tubo di
gomma fornito dalla Caritas. Se sono fuori dal pullman non li vede
nessuno perché sono praticamente nascosti da un telo verde e dalle
fronde degli alberi. La vergogna – intendo la nostra vergogna che
abbiamo perduto ogni senso di rispetto per l’umanità altrui – ha
raggiunto nuovi vertici.
Gli amministratori leghisti sono
soddisfatti; il prefetto di Udine parla di «soluzione (sic) temporanea»
in attesa di qualunque altra cosa sia resa disponibile; l’Azienda
sanitaria, che è la proprietaria del parco fa il pesce in barile: spera
di riuscire a far vedere che non c’entra niente, mentre, invece, è
pienamente protagonista di questa situazione vergognosa.
Non si può dimenticare, infatti,
che da tempo il parco dell’ex ospedale psichiatrico è divenuto un’area
verde aperta alla città, nella quale ogni giorno ci sono servizi,
comunità, laboratori. Nell’area del Parco, infatti, ci sono il CSM di
Udine Sud, la REMS, la Comunità Nove, un laboratorio di falegnameria,
tre strutture residenziali, il chiosco gestito dalla Cooperazione
sociale, solo per elencare realtà che coinvolgono diversi soggetti nei
percorsi di cura.
Si tratta di una realtà presentata
con dovizia di particolari il 15 luglio, in occasione
dell’inaugurazione delle Feste d’estate, alle Autorità regionali,
comunali e aziendali, con un manifesto per il Parco che prevedeva un
progetto di impegno per un bene comune.
Nonostante le promesse di
collaborazione delle tante autorità presenti, le persone che lavorano
nel Dipartimento di salute mentale e quelle che operano nelle
cooperative di sostegno per il disagio mentale non sono state
minimamente informate di quello che sarebbe avvenuto.
E allora, tenendo ben presente la
realtà del parco, sorge spontanea anche la domanda sul perché l’Azienda
sanitaria, che teoricamente dovrebbe avere a cuore la salute e il
benessere di ogni essere umano – non chiede di trasformare questa
“soluzione temporanea” in un’ospitalità degna di tal nome in cui
l’alloggio – chiamiamolo così – non sia più un pullman, ma una delle
tante palazzine abbandonate del parco, messa a posto quel tanto che
basta per ospitare decorosamente i migranti e per non far aggravare la
loro salute.
Anche simbolicamente sarebbe
importante vedere che nell’area che porta in sé una terribile memoria di
privazione dei diritti dei ricoverati dei vecchi ospedali psichiatrici,
quelli prima della legge Basaglia, potrebbe essere temporaneamente
ospitata una nuova popolazione non più privata di quei diritti che la
nostra Costituzione prevede non soltanto per gli italiani, ma per tutti
gli esseri umani che abbiano bisogno.
Se si passa di là è eticamente
obbligatorio guardare oltre che vedere. E poi parlare e protestare se
non ci si sente disposti a rassegnarsi a essere inseriti in un’umanità
senza umanità.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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