martedì 8 settembre 2020

I perché di un no: 1 - Le bugie

Mancano pochi giorni all’apertura delle urne per il referendum che il 20 e 21 deciderà se resterà in vigore, o se sarà cancellata la legge costituzionale – mi è impossibile chiamarla riforma – voluta da Grillo e dalla Casaleggio associati che, andando a toccare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione, vorrebbe ridurre da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori, con un taglio lineare di oltre il 36% del Parlamento.

Personalmente voterò “No” non soltanto per scelta convinta, ma per la necessità di impedire che la nostra democrazia sia ulteriormente compromessa, questa volta non soltanto da furbate interpretative che apparente-mente sembrano rispettare la lettera della Costituzione, ma sicuramente fanno strame della sostanza, ma dal fatto che rischia di diventare legge qualcosa che diverge fortemente dalla quella giustizia che è insita nel concetto di democrazia.

Tenterò di illustrare al meglio le bugie, i pericoli, i fariseismi, le necessità, i nemici: cinque aspetti a mio parere fondamentali per decidere di andare a votare e per votare “No”.

Cominciamo con il fatto che la stessa nascita della proposta grillina che vuole cominciare ad affossare la democrazia rappresentativa si fonda su una serie di macroscopiche menzogne.
Per esempio, è evidente l’inconsistenza della motivazione del risparmio, visto che economicamente in una legislatura – dicono gli esperti – si risparmierebbero 285 milioni, pari a circa 57 milioni l’anno. E questo vuol dire che, visto che gli italiani sono circa 60 milioni, per mantenere in vita l’attuale situazione basterebbe che ognuno di noi rinunciasse a meno di un caffè all’anno: un sacrificio non troppo pesante per difendere la democrazia. Il fatto, poi, che Di Maio inizialmente parlasse di risparmi miliardari, dimenticando che circa i due terzi delle spese parlamentari sono fisse e ineliminabili, significa che mentiva sapendo di mentire, oppure che non conosce minimamente la creatura che vuole cambiare. In entrambi i casi l’appellativo di “onorevole” sembra fuori posto.

Altrettanto palese è il trucco di dire che soffriamo di un eccesso di rappresentanza. Se prendiamo come pietra di paragone gli altri Paesi europei, constatiamo che in Italia c’è un deputato circa ogni 100 mila abitanti: soltanto Francia, Germania e Olanda con 0,9, e Spagna con 0,8 hanno un rapporto più basso. Se questa sciagu-rata legge dovesse essere confermata, l’Italia scenderebbe a 0,7 e la nostra democrazia rappresentativa diventerebbe la meno rappresentativa d’Europa. E, infatti, è proprio la democrazia rappresentativa a essere da sempre nel mirino dei 5stelle e della destra.

Altra menzogna facilmente individuabile è quella che afferma che con la riduzione di 345 parlamentari il Parlamento sarebbe più efficiente. La Costituzione affida al Parlamento tre compiti principali: rappresentare i cittadini («Ogni membro dei Parlamento rappresenta la Nazione»), legiferare («La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere»), controllare l’operato del governo («Il governo deve avere la fiducia delle due Camere»). Orbene, in nessuna delle tre funzioni si capisce quale vantaggio potrebbe derivare dalla diminuzione di parlamentari. Anzi, mentre la rappresentanza sarà di certo minore, sembra probabile che anche la funzione di controllo possa uscirne notevolmente compromessa in quanto un gruppo di parlamentari ridotto sarà inevitabilmente meno pluralista e, quindi, più disponibile a obbedire alle indicazioni del capogruppo. Come funzioneranno poi le commissioni il cui numero rimarrà inalterato?

Ma forse la menzogna più evidente è racchiusa nell’affermazione che la diminuzione di parlamentari sarebbe un colpo decisivo contro “la casta”. Non occorre essere un politologo di chiara fama per comprendere che il medesimo potere diviso in parti minori finisce per irrobustire la parte più forte della cosiddetta casta che potrebbe gestire con maggiore comodità la – chiamiamola così – casta di mezzo, cioè coloro che non hanno molta voce in capitolo all’interno dei partiti, ma i cui voti sono indispensabili per far approvare le leggi e per dirigere i lavori parlamentari nelle direzioni più convenienti.

Del tutto bugiarda, insomma è la propaganda che postula un miglioramento dell’efficienza del Parlamento grazie a un taglio profondo e lineare che comporterebbe nuovi e più evidenti disequilibri in altre funzioni del Parlamento come nell’elezione del Presidente della Repubblica in cui, se la riforma passasse i rappresentanti regionali, che non subirebbero ridimensionamenti, acquisirebbero un peso decisamente abnorme rispetto a quello previsto dai padri costituenti.

Il problema del populismo è proprio questo: è facilissimo da praticare perché basta utilizzare slogan scritti con una certa furbizia, ma quando si comincia a guardare davvero le cose e a ragionare sulle proposte ci si ac-corge subito che sotto un sottilissimo strato di doratura c’è soltanto del velenosissimo piombo.

È anche per questo che parlerò sempre di legge e mai di riforma costituzionale, in quanto una riforma non può non prevedere una nuova architettura costituzionale che può essere apprezzabile, o detestabile, ma che non può limitarsi soltanto a dei tagli indiscriminati e senza progetto.

A domani per i pericoli a questa legge connessi.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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