Mancano
pochi giorni all’apertura delle urne per il referendum che il 20 e 21
deciderà se resterà in vigore, o se sarà cancellata la legge
costituzionale – mi è impossibile chiamarla riforma – voluta da Grillo e
dalla Casaleggio associati che, andando a toccare gli articoli 56, 57 e
59 della Costituzione, vorrebbe ridurre da 630 a 400 i deputati e da
315 a 200 i senatori, con un taglio lineare di oltre il 36% del
Parlamento.
Personalmente voterò “No” non
soltanto per scelta convinta, ma per la necessità di impedire che la
nostra democrazia sia ulteriormente compromessa, questa volta non
soltanto da furbate interpretative che apparente-mente sembrano
rispettare la lettera della Costituzione, ma sicuramente fanno strame
della sostanza, ma dal fatto che rischia di diventare legge qualcosa che
diverge fortemente dalla quella giustizia che è insita nel concetto di
democrazia.
Tenterò di illustrare al meglio le
bugie, i pericoli, i fariseismi, le necessità, i nemici: cinque aspetti
a mio parere fondamentali per decidere di andare a votare e per votare
“No”.
Cominciamo con il fatto che la
stessa nascita della proposta grillina che vuole cominciare ad affossare
la democrazia rappresentativa si fonda su una serie di macroscopiche
menzogne.
Per esempio, è evidente
l’inconsistenza della motivazione del risparmio, visto che
economicamente in una legislatura – dicono gli esperti – si
risparmierebbero 285 milioni, pari a circa 57 milioni l’anno. E questo
vuol dire che, visto che gli italiani sono circa 60 milioni, per
mantenere in vita l’attuale situazione basterebbe che ognuno di noi
rinunciasse a meno di un caffè all’anno: un sacrificio non troppo
pesante per difendere la democrazia. Il fatto, poi, che Di Maio
inizialmente parlasse di risparmi miliardari, dimenticando che circa i
due terzi delle spese parlamentari sono fisse e ineliminabili, significa
che mentiva sapendo di mentire, oppure che non conosce minimamente la
creatura che vuole cambiare. In entrambi i casi l’appellativo di
“onorevole” sembra fuori posto.
Altrettanto palese è il trucco di
dire che soffriamo di un eccesso di rappresentanza. Se prendiamo come
pietra di paragone gli altri Paesi europei, constatiamo che in Italia
c’è un deputato circa ogni 100 mila abitanti: soltanto Francia, Germania
e Olanda con 0,9, e Spagna con 0,8 hanno un rapporto più basso. Se
questa sciagu-rata legge dovesse essere confermata, l’Italia scenderebbe
a 0,7 e la nostra democrazia rappresentativa diventerebbe la meno
rappresentativa d’Europa. E, infatti, è proprio la democrazia
rappresentativa a essere da sempre nel mirino dei 5stelle e della
destra.
Altra menzogna facilmente
individuabile è quella che afferma che con la riduzione di 345
parlamentari il Parlamento sarebbe più efficiente. La Costituzione
affida al Parlamento tre compiti principali: rappresentare i cittadini
(«Ogni membro dei Parlamento rappresenta la Nazione»), legiferare («La
funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere»),
controllare l’operato del governo («Il governo deve avere la fiducia
delle due Camere»). Orbene, in nessuna delle tre funzioni si capisce
quale vantaggio potrebbe derivare dalla diminuzione di parlamentari.
Anzi, mentre la rappresentanza sarà di certo minore, sembra probabile
che anche la funzione di controllo possa uscirne notevolmente
compromessa in quanto un gruppo di parlamentari ridotto sarà
inevitabilmente meno pluralista e, quindi, più disponibile a obbedire
alle indicazioni del capogruppo. Come funzioneranno poi le commissioni
il cui numero rimarrà inalterato?
Ma forse la menzogna più evidente è
racchiusa nell’affermazione che la diminuzione di parlamentari sarebbe
un colpo decisivo contro “la casta”. Non occorre essere un politologo di
chiara fama per comprendere che il medesimo potere diviso in parti
minori finisce per irrobustire la parte più forte della cosiddetta casta
che potrebbe gestire con maggiore comodità la – chiamiamola così –
casta di mezzo, cioè coloro che non hanno molta voce in capitolo
all’interno dei partiti, ma i cui voti sono indispensabili per far
approvare le leggi e per dirigere i lavori parlamentari nelle direzioni
più convenienti.
Del tutto bugiarda, insomma è la
propaganda che postula un miglioramento dell’efficienza del Parlamento
grazie a un taglio profondo e lineare che comporterebbe nuovi e più
evidenti disequilibri in altre funzioni del Parlamento come
nell’elezione del Presidente della Repubblica in cui, se la riforma
passasse i rappresentanti regionali, che non subirebbero
ridimensionamenti, acquisirebbero un peso decisamente abnorme rispetto a
quello previsto dai padri costituenti.
Il problema del populismo è
proprio questo: è facilissimo da praticare perché basta utilizzare
slogan scritti con una certa furbizia, ma quando si comincia a guardare
davvero le cose e a ragionare sulle proposte ci si ac-corge subito che
sotto un sottilissimo strato di doratura c’è soltanto del velenosissimo
piombo.
È anche per questo che parlerò
sempre di legge e mai di riforma costituzionale, in quanto una riforma
non può non prevedere una nuova architettura costituzionale che può
essere apprezzabile, o detestabile, ma che non può limitarsi soltanto a
dei tagli indiscriminati e senza progetto.
A domani per i pericoli a questa legge connessi.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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