Qualcuno mi ha
chiesto come mai in piena campagna elettorale sia rimasto per una decina
di giorni senza scrivere nulla di politico nel mio blog. Me lo ero già
domandato anch’io e mi ero accorto che la risposta è semplice: perché è
vero che manca meno di un mese alle elezioni, ma è altrettanto certo che
la campagna elettorale non è mai cominciata; e forse non comincerà mai.
Siamo, invece, in piena campagna pubblicitaria; ma questa è tutt’altra
cosa.
E d’altro canto, se è vero, com’è
vero, che i partiti politici sono scomparsi per lasciare spazio a
comitati elettorali, non si capisce proprio perché si dovrebbe parlare
di politica portando via prezioso tempo e spazio alle réclame che
puntano comunque alla conquista di un seggio, magari non seguendo la
strada difficile di convincere gli altri di essere il migliore per
occuparlo, ma seguendo quella più facile che consiste nel denigrare gli
avversari.
Una campagna elettorale promette
azioni tese alla realizzazione di obbiettivi ideali; una campagna
pubblicitaria illude di regalare un mondo perfetto, ma senza minimamente
essere capace di realizzarlo. E, infatti, anche se tutti parlano dei
cosiddetti “programmi”, ci si rende conto che le enunciazioni in
positivo non potrebbero essere più fumose e vaghe, oltre che pronunciate
sottovoce, mentre quelle in negativo, che trasudano astio, se non odio,
sono urlate e perentorie, anche se lontane da una realtà immaginabile
al di fuori degli incubi che animano le menti di tanti impauriti.
Partiamo dalla destra i cui partiti,
pur con diverse sfumature di truculenza, impostano tutta la loro
propaganda sulla solleticazione della paura del diverso, come se per
definizione il concetto di diverso fosse identico al concetto di
cattivo; un diverso che non è individuato soltanto dal colore della
pelle, ma anche dalla religione, dalla lingua, dagli orientamenti
sessuali, da una certa propensione alla mitezza invece che all’arroganza
che tra i giovani può diventare motivo di discriminazione violenta.
L’ideale proposto è quello di un Paese in cui tutti siano perfettamente
omologati e che la violenza sia assolutamente bandita per i diversi, ma
assolutamente legittima, o quantomeno scusabile, per i detentori della
purezza di quella parola che sembra essere tornata tristemente di moda:
la “razza”. E coloro che sono disagiati, impoveriti, senza speranze? Che
vedano, per favore, di non disturbare.
Diverso l’atteggiamento dei Cinque
stelle che, con ogni evidenza, non impostano una campagna basata su
obbiettivi ideali da raggiungere semplicemente perché non ne hanno.
Datisi completamente al mondo informatico, ne sono diventati schiavi a
tal punto che è su di loro che i sondaggi sortiscono il massimo effetto,
visto che i loro orientamenti politici sono deliberatamente vaghi e
vaganti proprio per poterli cambiare velocemente non appena il presunto
orientamento rivelato dai sondaggisti indica una direzione nella quale
sembra più facile raccattare voti. Su tutto, come sempre svetta il
rispettabilissimo obbiettivo dell’onestà, ma al di là del fatto che
l’accertamento dell’onestà altrui appare sostanzialmente diverso
dall’accertamento dell’onestà propria, ci si dimentica che l’onestà
dovrebbe essere il requisito minimo per tutti, pure per i non candidati,
mentre da chi si appresta a governare un Paese ci si attenderebbe anche
la competenza.
Il PD, a maggior ragione dopo la
scelta delle liste elettorali, è ormai soltanto il partito di Renzi,
tanto che mi riesce difficile chiamarlo ancora PD, per il timore di
offendere l’idea con la quale quel partito era nato. E a Renzi interessa
soltanto mantenere il proprio potere, piccolo o grande che sia,
indifferentemente se all’interno di uno schieramento di maggioranza o di
opposizione. Continua a cercare voti con regalie individuali di decine
di euro che non si avvicinano neppure vagamente alla risoluzione di
problemi strutturali, ma forse addirittura le allontanano. E tenta di non perderne addirittura tracheggiando sull'antifascismo. E la
propaganda si basa sull’elencazione, spesso fantasiosa, se non perfino mitica, delle “magnifiche sorti e progressive” concretizzate
negli anni del governo da lui direttamente guidato e di quello
successivo, da lui eterodiretto. Di autocritica neppure l’ombra, come se
le disuguaglianze non fossero aumentate a dismisura, come se curarsi
non fosse diventato più costoso e, quindi, difficile, come se un posto
di lavoro precario che impegna qualche ora a settimana fosse identico a
un impiego a tempo pieno e indeterminato, come se fosse accettabile una
scuola che ormai non dispensa più cultura a nessun livello, ma soltanto
libretti di istruzione per vari lavori.
E veniamo alla sinistra che appare
quella più silenziosa e rispettosa della necessità di silenzio altrui,
mentre dovrebbe essere quella che parla di più, non di illusioni, ma di
ideali. Parte dalla bella idea di unire le varie anime della sinistra,
ma purtroppo i ritardi accumulati da coloro che ben prima avrebbero
dovuto uscire dal partito di Renzi ha portato a lavorare per l’unità
proprio mentre le elezioni inducono alla separatezza nella teorica
difesa delle proprie peculiarità. Nasce con il commendevole ideale di
riportare a votare tutti coloro che a sinistra si sono tanto stufati dei
tradimenti perpetrati nei loro confronti da non andare più a votare, ma
con questi astensionisti praticamente non parlano perché, dopo aver
annunciato mille volte di voler dialogare con movimenti, associazioni e
quella società civile, che prima o dopo di essere “civile” finirà per
stufarsi, parlano con questa massa indistinta di astensionisti già
assodati, o di futuri astensionisti soltanto in poche occasioni, e
sicuramente mai quando davvero si tratta di decidere qualcosa perché
come sui vecchi tram e come in tutti i partiti, il manovratore non va
disturbato.
Manca meno di un mese al voto e
difficilmente si potrebbe rimediare ai disastri finora compiuti, ma
almeno tentar di far capire che ci si è sbagliati e che comunque si è
capito che la strada giusta è un’altra, dovrebbe essere doveroso.
Cari partiti politici, anche se in
parte preferite farvi chiamare in maniera diversa e anche se in realtà
non siete più tali, se il 5 marzo, a scrutinio compiuto, guardaste ai
numeri dei votanti e non alle percentuali, vi accorgereste che avrete
perso tutti. E a moltissimi, anche e soprattutto a quelli che per
arrabbiarsi ci mettono moltissimo, questa cosa potrebbe anche non
importare se non fosse che con voi perde anche l’intera democrazia.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento