Voglio cominciare questo “Eppure…”
scusandomi con coloro che mi leggono. Se, infatti, alcune persone, per
le quali nutro la massima stima, hanno interpretato l’ultima frase di “Ricordando Thoreau”,
la mia riflessione di lunedì 19, in maniera diversa da come la
intendevo io, questo significa che non ho saputo esprimermi, o, che,
quantomeno, ho scritto in maniera confusa.
Vi riporto quell’ultima frase: «E,
contemporaneamente a quei valori, ha tradito (il soggetto è Renzi,
citato alla fine della frase precedente) anche svariate centinaia di
migliaia di elettori che hanno dato ragione a Thoreau mettendo in
pratica la disobbedienza civile in un modo pacifico, ma clamoroso, anche
se i politici hanno fatto finta di non vederlo: rinunciando al diritto
di voto piuttosto che votare qualcosa in cui non si crede».
Ebbene, queste mie parole sono state
da alcuni intese come un mio annuncio di rinuncia al voto. Io, invece,
ben lontano da quell’idea, desideravo ricordare a tutti che, se molta
gente non va più a votare, questo dipende dal fatto che sono moltissimi i
politici che negli anni hanno tradito i principi e i valori che
avrebbero dovuto rappresentare e difendere e che, con loro hanno tradito
anche gli elettori la cui astensione resta – per me – sempre non
condivisibile, ma almeno comprensibile e degna di attenuanti.
E non è per me condivisibile perché
credo fermamente che chi non va a votare non stia rinunciando a un
diritto, ma evitando un dovere.
Non c’è diritto, infatti, che non
corrisponda a un dovere. Spesso ho ripetuto che il partigiano Enzo
Biagi, sui monti dell’Appennino emiliano, aveva compreso talmente bene
l’enorme valore del “diritto di resistenza” da farne tesoro tanto da
elaborarlo in “dovere di resistenza” in ogni giornata della sua vita
personale e professionale resistendo a qualunque pressione, a qualunque
tentativo di accomodamento, sia in pubblico, sia in privato. E che con
il diritto di resistenza Biagi si era conquistato anche altri diritti
fondamentali, come quello della libertà, della deontologia, della
dignità, che ci sanno indicare quale strada dovremmo seguire per
realizzare una società più umana e, quindi, più giusta. E ognuno di
questi diritti si era tanto radicato in lui da diventare anch’esso un
dovere.
Questo vale per ognuno di noi e vale
anche per il diritto al voto per ottenere il quale tantissime persone
hanno sacrificato la vita e ancora di più hanno sofferto. Poi,
ovviamente, soltanto raramente si riuscirà a votare con entusiasmo per
un partito, o per una persona, ma, almeno, si voterà contro coloro che
sono totalmente distanti dal proprio concetto di società.
Neppure questa volta riuscirò a
votare con totale entusiasmo per il simbolo sul quale traccerò la mia
croce, ma almeno con un po’ di speranza. Mentre sono certo che, così
facendo, voterò contro coloro che mi sono totalmente distanti. E ve li
elenco: coloro che hanno nostalgia dei fascismi; coloro che alimentano i
razzismi e le paure; coloro che, per personali egoismi economici e con
leggi fiscali apposite, pensano di arricchire ulteriormente i ricchi e
di impoverire ulteriormente i poveri; coloro che dicono che non c’è più
differenza tra destra e sinistra; coloro che ritengono secondaria la
necessità di competenze e di esperienza per guidare un intero Paese;
coloro che sono pronti a qualsiasi commistione pur di raggiungere, o di
mantenere il potere; coloro che sentono la nostra Costituzione come una
gabbia da infrangere per avere maggiori libertà per sé e per toglierle
agli altri; coloro che tradiscono la sinistra continuando però a volerne
usare il nome come specchietto per le allodole; coloro che hanno ideato
questa infame legge elettorale e coloro che hanno contribuito a farla
approvare; coloro che con tutta probabilità hanno creato schieramenti
che non supereranno il 3 per cento dei suffragi e che, quindi saranno la
causa del fatto che i voti di quelli che li hanno scelti finiranno
dispersi (se saranno meno dell’uno per cento), o andranno ai partiti più
forti delle cosiddette coalizioni; coloro che dicono che si dovrà
tornare a votare subito senza prima cambiare questo indegno Rosatellum
pensando che sarà il popolo ad arrendersi per sfinimento e non loro a
dover togliersi dal centro decisionale di una democrazia di cui non sono
degni.
Resta poco? D’accordo, ma qualcosa
resta: almeno il diritto di dire che con alcuni non siamo per niente
d’accordo e, facendo così, di porre le basi perché qualcosa finalmente
cambi. Anzi, se ci pensate un momento, sarete d’accordo con me: non si
tratta tanto di un diritto, quanto di un dovere.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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