mercoledì 25 novembre 2020

Non un sorriso, ma un sogghigno

Un sogghigno e non un sorriso davanti a tanti negozi chiusi
Non so se ve ne siete accorti, ma è da un po’ di tempo che, oltre a essere invasi insopportabilmente da spot pubblicitari televisivi in cui Amazon chiede a tutti di comprare tutto e al più presto usando il suo canale commerciale, anche i normali motori di ricerca sono infestati da quella bocca stilizzata con freccia che vorrebbe rappresentare un sorriso, ma, invece, materializza il sogghigno di chi non soltanto fa di tutto per incrementare, oltre al proprio guadagno, pure il consumismo, ma anche si impegna a massacrare qualsiasi tipo di concorrenza e ad allargare quello che, anche se ancora non ufficialmente, si avvicina a diventare un vero monopolio, parola che in teoria, in un libero mercato, dovrebbe essere assimilabile a una bestemmia.

Già da tempo è all’ordine del giorno il fatto che Amazon e altre grandi società del web godono di benefici fiscali che noi, comuni mortali, neppure ci immaginiamo. Per capirci, Mediobanca ha reso pubblico il fatto che i colossi del web in Italia realizzano ricavi per 3,3 miliardi di euro, ma nel 2019 hanno pagato in tasse soltanto 70 milioni  di euro. A versare di più – si fa per dire – è stata Amazon con 10,9 milioni a fronte di un fatturato di 1 miliardo abbondante di euro. Le tasse, naturalmente, si calcolano sugli utili e non sui ricavi ma il dato sul fatturato fornisce in ogni caso una notevole indicazione dimensionale. Queste società, poi, non rendono noto come sono suddivisi i profitti nei diversi Paesi e comunque, attraverso operazioni tra filiali domiciliate in diversi Stati, riescono a spostare gli utili nei paesi dove il prelievo è bassissimo, o inesistente. Con queste tecniche definite di “ottimizzazione fiscale”, sottolinea Mediobanca, i big di internet sono riusciti a sottrarre al fisco italiano, tra il 2015 e il 2019, qualcosa come 46 miliardi di euro.

Già come si diceva è un po’ vomitevole vedere una decina abbondante di volte in una serata spot nei quali improbabili personaggi spingono a comprare subito – tramite Amazon, naturalmente – tantissime cose in maniera tale da avere tempo libero sotto le feste per fare attività altrettanto improbabili. Ma, come per ogni altra cosa, quando c’è la pubblicità si può cambiare canale, andare a mangiare o a bere qualcosa, o fare altre attività.

Ben più invadente è lo sbarco in forze sui motori di ricerca perché in quelli siamo noi a entrare volontariamente e non certamente per vedere le offerte di Amazon. Oggi, per esempio, se voi provate a inserire nella casella apposita di qualsiasi motore di ricerca le parole “Divina Commedia” ai primi posti della lista appaiono invariabilmente inviti firmati dal colosso del commercio informatico che promette, con involontario umorismo: «Divina Commedia: tutte le novità», o, più grettamente «Risparmia su Divina Commedia: spedizione gratis», o, ancora, «Divina Commedia. Gli altri libri del suo autore».

Ora è evidente che Amazon, approfittando anche delle difficoltà di spostamenti provocate dal coronavirus, si sta facendo largo a spintoni in una foresta in cui ancora non sono stati tracciati sentieri legislativi obbligati e che questo è stato fatto sia per ignoranza, sia per più o meno consapevole acquiescenza da parte dei politici che dovrebbero normare questa situazione e che, non facendolo, diventano i primi e più pericolosi nemici dei commercianti di vecchio stampo che, magari, però proprio per loro votano Ma altrettanto evidente è che Amazon può contare sulla complicità dei motori di ricerca che puntano soltanto ad avere accessi e che non si curano minimamente dei frutti che, alla lunga, tutto questo comporterà: la distruzione del libero mercato, la chiusura della maggior parte degli esercizi commerciali, la chiusura di migliaia e migliaia di siti che ormai non serviranno più perché dietro a loro non si saranno più imprese, né negozi.

E noi cosa possiamo fare? Troppo piccoli per fare qualcosa? Fosse così, probabilmente saremmo ancora all’epoca dei nobili per diritto di nascita e degli schiavi non soltanto di fatto, ma anche di nome. Il fatto è che tutte le rivoluzioni che hanno lasciato profonde tracce nella storia sono sempre nate da singoli individui che hanno trovato inaccettabili determinate situazioni e non soltanto si sono rifiutati di accettarle, ma hanno continuato a parlarne anche ad altra gente: così facendo gli individui sono diventati masse e le proteste sono diventate rivolte che sono l’innesco necessario per quasi tutte le rivoluzioni che cambiano le cose e ci riportano sulla strada dei miglioramenti sociali.

La ricetta, insomma, è fatta di sei ingredienti: boicottare, boicottare, boicottare e parlarne, parlarne, parlarne. Ne varrà sicuramente la pena.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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