martedì 24 novembre 2020

Una crisi ci cambia comunque

Una società laica è, per definizione, quella in cui non si attribuisce un peso in maniera preponderante a un’opinione che arriva da una religione, o da un suo rappresentante, rispetto alle altre. Non è certamente quella in cui le opinioni di origine ecclesiastica sono scartate fin dall’inizio, a prescindere. E allora non è sorprendente, ma preoccupante, lo scarso spazio dato da alcuni organi di informazione ai contenuti del videomessaggio che sabato Papa Francesco ha inviato ai giovani del mondo per il futuro dell’economia. E ancora più normale, ma ancor più allarmante, purtroppo, appare il fatto che tutto sia stato velocemente lasciato cadere.

Eppure si tratta di un’analisi non soltanto importante, ma fondamentale per i destini della nostra società – e quindi dei suoi componenti – che ancora una volta, però, sono troppo concentrati sugli aspetti del presente per soffermarsi sulle necessità future.

Ricordo solo pochi passaggi del Pontefice: «Passata la crisi sanitaria che stiamo attraversando, la peggiore reazione sarebbe di cadere ancora di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di au-toprotezione egoistica. Non dimen¬ticatevi, da una crisi mai si esce ugua¬li: usciamo meglio, o peggio. Faccia¬mo crescere ciò che è buono, coglia¬mo l’opportunità e mettiamoci tutti al servizio del bene comune». Francesco, poi, ha lanciato il “Patto di Assisi” per un nuovo modello di svi¬luppo che rifiuti la “logica dello scar¬to” e impari dagli errori della crisi del 2008 ma anche da questa pandemia mondiale. «Non siamo condannati – ha detto – a modelli economici che concentrino il loro in¬teresse immediato sui profitti come unità di misura e sulla ricerca di poli¬tiche pubbliche simili che ignorano il proprio costo umano, sociale e am¬bientale».

In definitiva, è un invito a cambiare profondamente le basi su cui si modella il funzionamento – se così lo si può chiamare – della società in cui siamo cresciuti e in cui viviamo, nella quale siamo talmente abituati a essere inseriti che ogni cambiamento appare difficile, se non impossibile, perché finirebbe per coinvolgere tutto, comprese quelle leggi sociali su cui sono modellati ogni comportamento individuale e collettivo.

Il problema è che, come si è già appurato in svariate occasioni, che la legalità non sempre corrisponde alla giustizia, e che una società nella quale le regole più certe sono quelle della disuguaglianza e dell’approfondirsi delle differenze tra i poveri e i ricchi, tra garantiti e non garantiti, tra coloro che vivono in una democrazia reale e quelli che sopravvivono in una democrazia apparente o in una satrapia, tra liberi e schiavi, rischia sempre più concretamente di diventare un incubatore di rivolte e di violenze.

L’unico frutto di una sollecitazione a pensare e ad agire conseguentemente da parte di Francesco sarà ancora una volta la reazione degli integralisti cattolici e delle persone di destra che accuseranno il Papa di essere di sinistra, se non addirittura comunista, mentre la reazione di coloro che credono davvero che senza giustizia sociale si stia andando di corsa verso il disastro sarà assorbita per la quasi totalità nell’impegno a difendere il Pontefice da accuse stupide e assurde.

Intanto, nessuno prenderà davvero in considerazione la sostanza delle parole di Papa Francesco: che la rincorsa al profitto immediato è la maggior causa dei mali che ci stanno affliggendo ben da prima dell’arrivo del Covid e che se non ci renderemo conto che da tutte le difficoltà o si esce insieme, o non si esce proprio, i problemi che ci troveremo davanti saranno ancora più drammatici di quelli che già oggi fanno accapponare la pelle.

Una volta era la politica a occuparsi di rendere concrete le vie d’uscita dalle situazioni più drammatiche e pericolose, oggi, al di là di chi è assorbito dalla lotta al coronavirus, è impegnata soprattutto a fare propaganda e a cercare voti per le prossime elezioni, in qualunque data esse siano previste. Questo non è il frutto di una vera democrazia, ma soltanto di propagande che curano l’immagine e non la sostanza, che puntano a solleticare gli appetiti di varie categorie e non la ricerca del bene comune. È triste che a parlare così sia soltanto il Papa. Ancora più triste è che le sue parole, generalmente, non inducano a pensarci sopra seriamente.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/


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