domenica 2 luglio 2017

Purezza e contaminazioni

Ineccepibile. Renzi dice che «fuori dal Pd non c’è la vittoria del centrosinistra, ma solo la sconfitta» e questa è attualmente un’asserzione difficilmente confutabile. Quello che Renzi preferisce non dire è che dentro il PD di Renzi la sinistra è già stata distrutta, sia nella sostanza, sia nella forma. Nella sostanza promulgando leggi che Berlusconi avrebbe voluto fare senza esserne capace: Jobs act, buona scuola, bonus a pioggia, cancellazione parziale della progressività della tassazione come sulla prima casa. Nella forma continuando a proclamare di sinistra azioni che in realtà sono state limpidamente di destra.
Fuori dal PD si perde – dice – ma da una sconfitta si può anche trarre la forza per arrivare a una vittoria. Da una distruzione ben difficilmente si riesce a risorgere, almeno in tempi comparabili con una vita umana media.

Il fatto è che l’attuale segretario del PD usa i termini “destra” e “sinistra” non in una visione politica, bensì in una prospettiva di potere. Confutando il loro valore quando gli fa comodo gabellare come tecnicismo qualche decisione chiaramente schierata in maniera ideologica sul neoliberismo (il Jobs act ne è un esempio chiarissimo). Oppure resuscitando questi antichi termini se gli torna comodo perché conta di abbindolare qualcuno per assicurarsi il suo voto.

Alcuni dicono che la purezza, oltre che in genetica, è inaccettabile anche per chi vuole fare politica e che Renzi ha avuto successo proprio perché non ha rifiutato, ma, anzi, ha ricercato la contaminazione. Può essere, ma, come in genetica, anche in politica alla contaminazione è necessario porre un limite. Altrimenti la contaminazione diventa contagio, infezione, corruzione e, alla fine, morte. E per chi ancora crede che il concetto di destra e sinistra esistano e abbiano una loro sostanza e una loro validità questo rischio non è accettabile.

Se una colpa grave la sinistra ha avuto – e sicuramente ne ha avute più d’una – è stata quella di non reagire con decisione alle fascinazioni che sembravano essere soltanto mode estemporanee mentre, invece, erano ben congegnate manovre che miravano lontano e con piena consapevolezza.

Pensate alla crociata contro le ideologie che ha riempito la nostra società dagli anni Novanta in poi. Era una campagna che asseriva la necessità di distruggere le ideologie per rendere più facili i rapporti politici che erano troppo bloccati su posizioni filosoficamente molto solide, anche se i detrattori preferivano definirle preconcette. Il successo di quella crociata è stato strepitoso e quasi tutti, poi, sono stati molto felici di definirsi non ideologici, anti ideologici, post ideologici. Senza rendersi minimamente conto che un’ideologia era rimasta; sola e, visto che non aveva più avversari, imperante: quella del mercato. Che, tra l’altro, molti tentano di rendere più gradevole chiamandolo libero, mentre, invece, è dominato da pochi che fanno, a loro tornaconto, il bello e il cattivo tempo.

E il tramonto delle ideologie ha determinato anche la solitudine dell’agire politico perché erano diventati indistinti i punti di unione e di separatezza sui quali basarsi per decidere se accompagnarsi, o meno, con qualcuno. E così la politica, smarrita nella quotidianità e quasi priva di orizzonti culturali e sociali, ha finito per essere stritolata da una tenaglia che l’ha stretta e la stringe ancora tra la smania di ricchezza e la smania di potere.

Sarebbe drammatico lasciarsi affascinare ancora da quelle gradevoli storielle confezionate apposta per nascondere il veleno che c’è in loro. E per eliminare questo rischio, non c’è che una strada: insorgere immediatamente, a parole, non appena ci si rende conto che qualcosa in quello che ti raccontano non va.

Difficile capirlo? No: basta tenere ben fissi alcuni punti irrinunciabili: la giustizia e l’uguaglianza sociale, la necessità di ridurre le differenze e non di aumentarle, quello che Hannah Arendt e poi Stefano Rodotà avevano definito “il diritto di avere diritti”. E, poi, la nostra Costituzione, proprio quella che Renzi, affascinando con le sue storielle più d’uno, ha tentato, fortunatamente invano, di stravolgere.

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