Il verbo governare è molto antico visto che risale, nella sua forma originaria latina “gubernare”,
al IV secolo avanti Cristo e ha un significato chiaramente marinaro:
significa reggere il timone. In italiano viene accolto da Dante già alla
fine del XIII secolo nel suo “Convivio” e poi nella “Commedia”
quando ne estende il significato alla politica e fa capire bene che
reggere il timone non basta, altrimenti l’Italia diventa come una «nave
sanza nocchiero in gran tempesta» e si finisce per affondare.
Oggi
appare sempre più evidente che le coincidenze tra il significato
marinaro e quello politico sono più d’una. Un comandante di nave,
infatti, soprattutto quando si trattava di andare a vela, dirigendo
galeoni, poderosi velieri da guerra che arrivavano anche a 5 mila
tonnellate di stazza, doveva sì percorrere la rotta che si era prefisso,
ma era obbligato anche a stare ben attento a quello che gli imponevano
le correnti, i venti e le maree. Altrimenti andava ad arenarsi nelle
secche, a infrangersi sulle scogliere, o ad affondare durante fortunali
che non sapeva come affrontare.
Ancora
oggi, in politica, un leader governativo ha il diritto di seguire la
rotta che ha tracciato, ma non può non confrontarsi con le correnti, che
possono essere il simbolo delle opposizioni, abbastanza costanti nel
loro indirizzo; con i venti, simili all’opinione pubblica, volubile e
variabile, ma capace, di tanto in tanto, di tramutarsi da piacevole
brezza in terrificante fortunale; e con le maree, decisamente
prevedibili pur se possenti, e paragonabili a quella specie di movimento
pendolare che sposta periodicamente il peso del sentire generale della
maggioranza da destra a sinistra, o viceversa, quasi come inevitabile
reazione al precedente spostarsi dell'opinione pubblica dall'altra
parte.
Se anche in politica, come sul mare, non ci si rende conto della complessità e della difficoltà di “gubernare”,
se non si tiene conto di tutto questo, allora non si governa, ma si
comanda, e in questo caso gli elementi, naturali o sociali che siano,
finiscono sempre per rivelarsi più forti di qualsiasi, pur nerboruto,
timoniere e così si rischia di arenarsi, di infrangere il proprio
vascello su una scogliera, come quella dei populismi, o, semplicemente,
di affondare.
Matteo
Renzi ha già provato a comandare più che governare, evitando ogni
confronto con chi non la pensa esattamente come lui e forzando i
meccanismi parlamentari in maniera tale da tentare di bloccare correnti,
venti e maree. Il risultato – drammatico per lui – lo si è visto il 4
dicembre quando è miseramente affondato con il suo progetto di
stravolgere la Costituzione. Ma è evidente che non è uomo capace di
imparare; né dalla storia, né dai propri errori.
Ora
sono
altre due le navigazioni che indicano che nulla ha imparato. E non si dica che non è lui a tracciare la rotta e a reggere il
timone, bensì Gentiloni, perché è un evidente falso, visto che la
sopravvivenza del governo dipende dal Pd e dal suo segretario.
La
prima riguarda la vicenda dei voucher che, cacciati dalla porta
soltanto per evitare un referendum già fissato dopo una raccolta di
oltre tre milioni di firme, ora tenta di far rientrare dalla finestra
cambiando loro il nome, ma non la sostanza; anche se la faccia tosta del
capogruppo Rosato si sta impegnando al massimo per far credere che di
cose diverse si tratta.
La
seconda è legata alla legge elettorale con continui tentativi di
fissare premi maggioritari assortiti, richiamandosi a quella
“governabilità” che, in realtà, è soltanto la sicurezza di poter fare
per cinque anni quello che si vuole con il timone, senza preoccuparsi di
correnti, venti e maree. Della democrazia, insomma.
Si
potrebbe essere tentati di lasciare che la nave di Renzi vada pure a
sfasciarsi, ma non dobbiamo mai dimenticare che quella nave è nostra, e
non sua, e che il naufragio coinvolgerebbe tutti noi. Occorre riprendere
velocemente il comando della nave, in primis per evitare il naufragio.
Di aggiustamenti comuni di direzione – tenendo conto che il porto a cui
si mira è quello della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia e
della solidarietà – si potrà parlare più tardi, quando il mare si sarà
placato e ci sarà finalmente un vero nocchiero, capace di destreggiarsi
tra rotte, correnti, venti e maree.
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