sabato 10 settembre 2016

Quale Assemblea Costituente?

Nessun dubbio che alla carica di Presidente della Repubblica, per quanto emerito, si debba una consistente dose di rispetto; ma nessun dubbio, neppure, che all’ombra di questo rispetto non si possa lasciar passare sotto silenzio della frasi che, a essere rispettosi e benevoli, possono essere definite “di parte”.

In una lunga intervista a Repubblica l’ex capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha invitato ad abbassare i toni del confronto politico e a concentrare l’attenzione sul merito delle questioni che saranno oggetto del referendum costituzionale che ancora Renzi preferisce non decidere quando sarà celebrato.

Siamo perfettamente d’accordo sul fatto che finalmente si cominci a parlare del merito di una riforma che, secondo noi, demolisce la Costituzione e mette a serio rischio la democrazia del nostro Paese, e che si cessi di usare slogan risibili («Il Parlamento avrà più poteri di oggi», o «La legge elettorale non c’entra nulla con la riforma costituzionale»), oppure patenti falsità certificate come tali dalla Corte dei conti («L’abolizione del Senato comporterà risparmi per 500 milioni di euro»). Ma la consonanza si ferma qui.

Napolitano afferma: «Ricordiamoci lo spirito che condusse una larghissima maggioranza ad approvare la Carta nell’Assemblea Costituente nonostante su punti non da poco molti avessero forti riserve». Ebbene, non fidandomi troppo della mia memoria, sono andato a rivedermi vari testi su quel momento fondamentale della nostra storia e, pur tra migliaia di pagine, non sono riuscito a trovare la benché minima traccia di avvenimenti accaduti invece durante l’iter della riforma costituzionale di cui si discute oggi, come “supercanguri”, maxiemendamenti, voti di fiducia, sostituzioni nelle commissioni dei commissari che non erano d’accordo con la linea scelta dal segretario del PD e presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva imposto la riforma come condizione imprescindibile per la sua rielezione.

Vorrei sommessamente ricordare che il testo entrato in vigore il 1° gennaio 1948 è uscito da un’Assemblea Costituente e non da un governo che l’ha imposta – cancellando tutti i dissensi con espedienti parlamentari – al partito di maggioranza relativa e all’intero Parlamento.

Mi piacerebbe anche che si sottolineasse che l’Assemblea Costituente era stata eletta dai cittadini italiani, mentre l’attuale Parlamento è stato scelto con una legge anticostituzionale ed è rimasto in carica, su espressa pronuncia della Corte Costituzionale, soltanto per non lasciare un lasso di tempo di totale vacanza istituzionale e non certamente per cambiare la sostanza della nostra democrazia.

E non soltanto marginale è il fatto che la nostra Costituzione sia stata approvata in un aula pienissima, mentre la riforma Boschi–Renzi–Napolitano ha visto uscire dall’aula l’intera opposizione al momento del voto.
 

Il presidente emerito afferma che «la riforma non è né di Renzi, né di Napolitano», ma lo inviterei a rileggersi il discorso da lui fatto alle Camere durante la cerimonia del suo reinsediamento.

Vorrei concludere citando le indicazioni date da Piero Calamandrei durante i lavori preparatori dell’Assemblea Costituente, affinché la Carta fosse al sicuro dalle conseguenze politiche della tensione che saliva fra i grandi partiti popolari, ex alleati nei giorni della Liberazione: «Nella preparazione della Costituzione, il governo non deve avere alcuna ingerenza…». «Nel campo del potere costituente il governo non può avere alcuna iniziativa, neanche preparatoria». «Quando l’Assemblea discuterà pubblicamente la nuova Costituzione, i banchi del governo dovranno essere vuoti».

Ma davvero il presidente emerito ricorda lo spirito dell’Assemblea Costituente? Ma davvero pensa – quale possa essere il risultato del referendum – che questo Paese non uscirà comunque profondamente spaccato da questa prova di forza imposta da parte di coloro che fanno della fretta e non del bene del Paese il valore primario di una democrazia?

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