Non fossimo
umani e, quindi, soggetti a continue delusioni, ma anche decisi a
rialzare la testa al più presto, ci sarebbe da disperarsi perché ancora
una volta è stata confermata una triste disillusione legata a una delle
più potenti e affascinanti illusioni: quella dell’eguaglianza. Perché
ancora una volta si è dovuto toccare con mano che, mentre parlando di
eguaglianza si pensa romanticamente a un livellamento al piano più alto
raggiunto da una parte dell’umanità, nella realtà troppo spesso si
finisce per sentir dire «Allora sono tutti uguali», quando qualcuno in
cui taluni avevano riposto una certa fiducia finisce per sprofondare ai
piani più bassi e più deprecati della società.
Mi riferisco – è evidente – al caso
della vicenda del Comune di Roma e dei grillini che avrebbero dovuto – a
loro dire – non soltanto farlo riemergere da putride paludi di
malaffare, ma anche e soprattutto far vedere com’è che si può
amministrare e governare bene e in maniera trasparente. Lo dico perché
un loro successo in questa seconda parte del loro programma avrebbe
potuto ridare fiducia nella politica a una consistente parte dei
cittadini che l’hanno persa da tempo. E questo sarebbe stato un bene non
soltanto per loro, ma per l’intera democrazia che non può non essere
fondata sulla partecipazione, se non vuole diventare oligarchia,
aristocrazia, tecnocrazia, o altre cose che con la democrazia c’entrano
ben poco.
Il fallimento etico di almeno una
parte del movimento è purtroppo indiscutibile. Non solo e non tanto nel
motore di tutto questo guazzabuglio di interessi pubblici e privati, di
intromissioni e pressioni economiche e politiche, di ambizioni e
cedimenti; un motore che evidentemente ha trovato carburante nel
comportamento della sindaca Raggi. L’evidenza dello sprofondamento
appare ancor più drammaticamente, invece, nel post–pateracchio, nelle
bugie e nelle mezze verità, nei silenzi e nelle scuse difficilmente
credibili perché praticamente non plausibili.
Pensate all’assessora Muraro che
diceva di non sapere di aver ricevuto un avviso di garanzia, pur
avendone dato notizia alla sindaca Raggi verso fine luglio. E pensate
ala stessa Raggi che prima diceva di non saperne niente e che poi, messa
alle strette dalla Commissione parlamentare Ecomafie, ha dovuto
ammettere di sapere, ma, utilizzando molti più numeri di articoli e
commi che parole comprensibili da tutti, ha cercato di sostenere che i
dati erano troppo vaghi per parlarne: pur se evidentemente erano
abbastanza circostanziati per indurla a segnalare la cosa al direttorio
dei 5 stelle.
E mentre Grillo, per una volta, non
sa cosa dire (o, se lo sa, preferisce non dirlo), cosa fa Di Maio,
l’uomo su cui il movimento punterebbe per salire a Palazzo Chigi? Prima
dice di non sapere nulla e poi, messo con le spalle al muro perché i
documenti con cui veniva avvertito esistono e sono stati resi pubblici,
se ne esce con un incredibile «Scusate, ho letto quella mail; ma ho
capito male». Lasciandoci il dubbio se è un bugiardo, o se è incapace di
capire che lui stesso stava domandando a Fabio Massimo Castaldo e a
Paola Taverna precisazioni sulla Muraro e sulla sua posizione di fronte
alla giustizia.
Il tutto fa tanta tristezza perché
molti – non noi – si erano illusi di avere trovato finalmente qualcosa
di nuovo, magari ancora affetto da inesperienza, ma ancora pulito. E
ora, se non autori di un atto di fede, con il ragionamento devono
ricredersi. Ma fa tristezza anche a chi non ha votato 5 Stelle e non si
era illuso perché è stato nuovamente riportato davanti alla triste
condizione di chi ha già visto tante di queste storie e le ha odiate a
tal punto da disperare di trovare una politica degna di tal nome e da
far allontanare dalle urne.
Ma superato il momento di
scoramento, pensateci un po’: la parola eguaglianza non va usata
soltanto per dire «Sono tutti uguali» con tono sconsolato. La parola
eguaglianza è stata usata anche spesso per illustrare sinteticamente
quei progressi sociali che ormai noi quasi non avvertiamo perché ci
siamo abituati a loro, ma che appaiono nettamente se lanciamo il nostro
sguardo indietro anche soltanto di qualche decennio. È una parola che
parla di difficoltà, fatiche e sacrifici anche estremi, eppure continua
ad avere tutto il suo fascino utopico che non può essere nemmeno
scalfito dai tanti millantatori che hanno animato il nostro passato, che
continuano ad popolare il nostro presente e che dovremmo far di tutto
perché non possano riempire anche il nostro futuro.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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